Parlamento, governo ed elezioni meridionali nell'Italia giolittiana E la Ragione commentava, infiorando il commento con quasi mezza colonna di contumelie: Salvemini, non deve fare molte chiacchiere. Se afferma cose vere, se alcuni repubblicani commisero atto· indecoroso, poiché quelle cose e quegli atti si riferiscono interamente al prestigio della democrazia e alla dignità di un partito, egli che assume la posa di rivendicatore della morale, faccia i nomi, e aspetti che il buon Dio gliela mandi buona. Ma che il Salvemini si diletti a minacciare, con dei se e con dei ma di voler mettere le carte in tavola - con lo stesso tono che usano i ricattatori, alla ultima vigilia del loro disegno - bisogna convenire un po' tutti che la è azione ridicola, anzi pietosa. Faccia i nomi dunque. La querela verrà, ne siamo certi, da quelli nel riguardo dei quali si riduce la bramosia che il Salvemini ha dello scandalo. Se quel querelante sarà proprio l'abbietto uomo, indicato dal Salvemini, il partito repubblicano conosce il dover suo e lo compirà senza riguardi. Ne sia sicuro il prof. Salvemini. Il quale, se agirà diversamente, darà prova novella d'indiscutibile malafede . .Con 1: gente di malafede nessuna polemica noi sapremmo usare mai. Lasciai che le contumelie continuassero ancora per qualche giorno, m attesa che qualche altro insetto cadesse nella buca. E il 10 novembre 1910 stampai nel Giornale d'Italia la lettera, che segue: On. sig. direttore, alla accusa ripetutamente mossami da repubblicani, di avere io tradito la democrazia e gli elettori del collegio di Albano Laziale, ritirandomi dal ballottaggio del 24 aprile 1910, io, dopo avere a lungo taciuto, ho opposto l'affermazione che fui costretto a quel passo dalle " sudicerie abbiette" che si preparavano dai repubblicani di Marino sul mio nome. Il sindaco di Marino, sig. Marco Bellucci, in seguito a questa mia accusa, ha pubblicato sulla Ragione e sul Giornale d'Italia del 4 novembre una lettera, in cui sono invitato a specificare fatti e nomi, e sono proclamato vile se non accetto la sfida. Ebbene, comincio dal fare per ora un solo nome: quello del sig. Marco Bellucci, sindaco repubblicano di Marino. Affermo, cioè: 1. Il signor Marco Bellucci, negli ultimi giorni della settimana del ballottaggio 24 aprile 1910, affidò in Marino ad uno scrutatore, perché fossero riempite col mio nome, vidimate dallo scrutatore medesimo e tenute pronte pel momento opportuno, le schede necessarie per un'intera sezione. Queste schede furono ritirate, a nome dello stesso Bellucci, dopo che divennero inutili pel mio ritiro dal ballottaggio. 2. Il sabato, vigilia del ballottaggio, furono portate da Marino ad Albano alcune centinaia di schede, perché fossero riempite anch'esse col mio nome e rimandate a Marino per essere adoperate il giorno dopo. Ritiratomi io dal ballottaggio, il prelodato sig. Marco Bellucci andò ad Albano a ritirare le schede. 3. In questi ultimi giorni il sullodato sig. Marco Bellucci è stato ad Albano ad assicurarsi che le schede non esistessero piu. Attendo ora la querela del signor Bellucci, affinché il magistrato giudichi sull'accusa di tradimento a me fatta e sull'accusa di pastetta che io faccio, per ora, ad un solo repubblicano. A questa lettera successe un silenzio di tomba. Solo nel numero del 19 novembre la Ragione scnveva: 210 BibliotecaGinoBianco
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