Le memorie di un candidato Come deliberai di ritirarmi Mentre partivo per Roma, il commissario di pubblica sicurezza, Di Tarsia, venne a dichiararmi che aveva ordine dal prefetto per il giorno dopo di occupare con la forza pubblica le'Dsezioni. Il prefetto ha cercato di poi di smentire questo fatto grav1ss1mo, il quale dimostra che mentre egli si dava l'aria di funzionare da mediatore fra il Valenzani e me, era già d'accordo con il Valenzani stesso per concedergli di sua autorità l'occupazione illegale delle sezioni, qualora io avessi rifiutato d'impegnare a ciò i presidenti a me favorevoli. Ma il fatto è attestato, se la mia parola non basta, dall'ing. Sabatini e da Romolo Ridolfi, che immediatamente inyitai a farsi riconfermare la minaccia dal Di Tarsia (testimonianza Sabatini e Ridolfi). Immediatamente deliberai di non andare piu dal prefetto: e in questo senso telegrafai al prefetto stesso e all'avv. Valenzani. 46 E partii per Roma. Sulla via di Roma ero in uno stato di grande angustia. Di concordato, dunque, non era piu il caso di parlare. Oppormi all'invasione illegale delle sezioni per opera dei soldati, mentre sapevo che parecchi miei seguaci si preparavano a fare imbrogli di tutti i colori, in coscienza non potevo. Compromettere con me molti altri galantuomini, et:citandoli a insorgere violentemente contro i brogli dei valenzanisti, mentre i miei avrebbero fatto né piu né meno di questi, sarebbe stata una cattiva azione. Rimanere· nella lotta, lasciando fare i miei seguaci, salvo a dimettermi il giorno dopo della proclamazione, era contro i patti da me esplicitamente stabiliti in origine: né ritardando la deliberazione, avrei potuto spiegare questo ritardo col dire che ignoravo tutto, mentre in realtà ne sapevo anche troppo. E se anche, facendo forza alla mia coscienza, avessi voluto, a cose finite, fare la co~media della stupefazione indignata, ci avrebbero pensato i repubblicani a metter fuori le prove, per dimostrare che io ero informato di quel che essi avevano macchinato, e a dire magari che il solo e vero responsabile delle pastette ero proprio io. D'altra parte prevedevo la tempesta di accuse e di calunnie feroci, che il mio ritiro avrebbe scatenato. Sentivo soprattutto il dolore sincero e immeritato della massa dei miei elettori, che si era affezi9nata a me, che voleva la lotta, che sperava la vittoria, che non era responsabile della malvagità di alcuni suoi capi, che io avrei duramente colpita ritirandomi nel momento piu ardente della battaglia, confondendo insieme colpevoli ed innocenti. Mentre mi dibattevo fra me e me in un'angoscia penosissima, m'occupavo delle pratiche elettorali, non avendo ancora esclusa del tutto la ipotesi di dover rimanere fino alla fine nella battaglia. Erano con me l'avv. Valente e il prof. Moro. 46 Al telegramma, in cui il prefetto tentava smentire l'incarico dato al commissario Di Tarsia risposi: " La smentita che Ella tenta dimostra la gravità degli ordini da Lei dati, mentre pendevano trattative di accordo. Auguro al mio paese tempi, in cui i prefetti comprendano meglio che non abbia fatto Lei i dòveri di delicatezza del loro uffizio. " 201 BibliotecaGino Bianco
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