Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte quinta senti alleati. Sazonoff non aveva dunque torto quando sospettava che il governo italiano entrando nell'Intesa avrebbe cercato di agirvi come ele- - mento disintegratore. Mà lavoravano per lui in Italia gli amici di Sonnino. Proprio in quei giorni l'Idea Nazionale e il Giornale d'Italia fedelissimi a Sonnino, escludevano la ipotesi che l'Italia dopo la guerra accettasse un accordo generale e permanente con le Potenze dell'Intesa anche se a que– st'accordo avesse partecipato l'Inghilterra. Imperiali si meravigliava che idee di questo genere apparissero sui giornali italiani mentre lui doveva negoziare a Londra l'adesione dell'Italia all'Intesa. Mentre il rapporto dell'ambasciatore russo a Londra sul memoriale Son– nino era in istrada per Pietrogrado, l'ambasciatore italiano a Pietrogrado, Carlotti, aveva un'importante discussione col barone Schilling, alto fun– zionario al Ministero degli esteri. Carlotti si era incontrato col rifugiato croato, Supilo. Non accettava tutte le opinioni di Supilo, ma ammetteva ch_ealcuni argomenti di Supilo contro la idea di attribuire all'Italia certi territori croati e dalmati sembravano a lui, Carlotti, degni di considerazione. Soprattutto lo aveva colpito l'idea di offrire una compatta diga serbo– croata alla pressione germanica che cercava uno sbocco verso l'Adriatìco e che minacciava italiani e slavi del sud insieme. Fino a questo punto Carlotti, che era uomo di intelligenza aperta e sveglia, aveva parlato per se stesso. A questo punto, con una incoerenza punto dissimulata, cominciò a parlare per conto di Sonnino. Finora egli aveva creduto che la Russia non mirasse a riunire in una sola compagine politica i croati e i serbi. Ma gli sembrava che l'idea di quella unione in Russia cominciasse a ma– turare. Orbene "la creazione di un grande e forte Stato sud-slavo sulle sponde dell'Adriatico sarebbe difficilmente tollerata dall'Italia... non sola– i_nente perché un tale Stato sarebbe rivale dell'Italia, ma anche per– ché esso potrebbe facilmente diventare nell'Adriatico l'avanguardia di una Potenza ancora piu forte, cioè della Russia." Schilling che era guadagnato all'idea dell'unità jugoslava, evitò di enumerare gli argomenti in favore del– l'unione serbo-croata, e cosf confermare Carlotti nelle sue preoccupazioni, e si limitò a dirgli che la Russia non avendo alcun interesse diretto in sif– fatte questioni, avrebbe appoggiato la soluzione che i popoli interessati avrebbero desiderata. Insisté invece a dimostrare che le esagerate aspirazio– ni italiane sulla Dalmazia potevano riuscire pericolose per l'Italia. Occu– pando territori slavi, essa vi troverebbe una popolazione ostile e si met– terebbe in lotta con gli Stati slavi vicini. Il governo italiano si opponeva all'unione serbo-croata. Ma tentando di conquistare una parte dei territori croati essa si metteva in conflitto coi croati, mentre occupando una vasta parte della costa dalmata, si metteva in conflitto coi serbi. Questa politi– ca non poteva avere che un solo resultato: spingere serbi e croati a dimen– ticare le loro divergenze e ad associarsi in un solo terreno: la lotta comune contro l'Italia. Carl<:>tti non riusd a sostenere la discussione su questi pun– ti, perché in fondo riconosceva che il suo interlocutore aveva ragione e Son- 574 BibliotecaGino Bianco

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