Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte quinta aperto gli occhi ai piu ciechi: "Piu in là non potevamo andare nelle pre– visioni e nelle aspirazioni; né vi avevamo interesse" (L'Intervento p. 199). Salandra lascia cadere queste ultime parole senza svilupparne il significato. "A buon intendi~or poche parole." A noi nulla vieta di fare quel che Salandra non fa. Se avesse abbandonato la Dalmazia agli slavi e se nella Venezia Giulia avesse arrestato il nuovo confine italiano ai monti della Vena, Son– nino avrebbe ridotto al minimo la superficie di attrito fra italiani e slavi. In fondo non piu che 250.000 sloveni e 50.000 croati sarebbero stati aggregati all'Italia nella Venezia Giulia, mentre una trentina di migliaia di italiani avrebbero fatto parte in Dalmazia del nuovo Stato Jugoslavo. Nel settembre del 1914 Pasic si era dichiarato pronto a riconoscere al– l'Italia il possesso di Trieste, di Pola e dell'Istria. Sarebbe bastato accordar– si sul confine della Venezia Giulia e sulla garanzia di equo trattamento che dovevano essere accordate nella Venezia Giulia alla Minoranza nazio– nale slava e nella Dalmazia ai gruppi italiani. Quest'accordo non avreb– be rappresentato una sopraffazione per nessuno, anche se Sonnino avesse in aggiunta imposto a Pasic il disarmo militare della Dalmazia e la cessione di alcune isole foranee come garanzia di quel disarmo. Questa su per giu la soluzione che finf col prevalere dopo molti anni di sterili contrasti. Con San Giuliano un accordo sarebbe stato possibile dato che egli pensava a negoziare direttamente con la Serbia, ed esitava ad impegnarsi nella Dal– mazia continent:ale e solo si domandava che cosa sarebbe stato il caso di domandare nelle isole. Sonnino, avendo collocato la Dalmazia e quasi tutto il suo isolario al cuore delle "aspirazioni nazionali," delle "garenzie strategiche," e dei monopoli commerciali, doveva scartare a priori ogni idea di negoziati col governo di Belgrado perché su quella base nessun negoziato poteva riuscire. Per questa ragione non consultò mai la legazio– ne italiana a Belgrado sugli effetti che la sua politica dalmata avrebbe prodotto in Serbia: lui li conosceva da. sé. Tutte le insistenze di Bisso– lati perché si mettesse a contatto con uomini come Supilo e Trumbic, riuscirono vane. Non avrebbero avuto nulla da dirsi salvo che dichiararsi ne– mici. Gli agenti degli armatori triestini e i nazionalisti italiani assicuravano Sonnino che Supilo e Trumbic erano spie del governo austriaco, e lui ci credeva. Dal programma dalmatico di Sonnino derivavano in linea retta le sue idee nell'assetto piu desiderabile dei territori austro-ungarici. Nella sua opinione la guerra navale in un mare è fatta dalle condizioni fisiche e geo– grafiche delle sponde e non dalle forze navali appoggiate a un numero sufficiente di basi sulle sponde di quel mare. Ciò posto, era evidente che le sponde orientali dell'Adriatico avrebbero mantenuto l'Italia in di– sperata condizione d'inferiorità militare, non solo se tutte le basi da Pola a Vallona fossero rimaste fuori dal controllo italiano, ma. anche se alcu– ne di esse - per esempio Pola nell'alto Adriatico, alcune isole dalmate 540 BibliotecaGino Bianco

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