Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte quinta . che "presente il pericolo di futuri gravi conflitti con gli slavi del, sud" e giudicava necessario iniziare conversazioni col governo serbo per arrivare ad un accordo. Sulle basi di questo compromesso non aveva ancora raggiunto idee definitive, prima di morire. Certo il nuovo confine italiano doveva arrivare "come minimo fino al Quarnaro." Ma esitava ad estendere le rivendicazioni italiane verso il C:Ontinentedalmata, ed il 25 settembre 1914 domandò agli ambasciatori italiani a Parigi ed a Pietroburgo che dessero il loro parere "se e quali isole della Dalmazia si dovessero ri– chiedere." Sonnino non .concep1 mai l'idea di un accordo diretto col governo serbo, sia che ritenesse non necessario il consenso di una piccola potenza come la Serbia, sia che sentisse essere assolutamente impossibile sul suo· programma un accordo diretto col governo serbo. Egli era convinto di pro– porre "una equa transazione," che "pur dava qualche soddisfa~ione alle giustificate richieste altrui." Perciò si prendeva per sé quasi tutta la Dal– mazia salvo quell'estremo pezzettino meridionale che stava fra il fiume ·Narenta e il Mon~enegro. Poteva una transazione essere piu equa di cos1? Poteva una piu generosa soddisfazione essere data alle giustificate richie– ste altrui? Sonnino adottò in pieno il programma dei nazionalisti, o meglio il programma che gli Stati Maggiori della Guerra e della Mari-9a avevano pre– so a prestito dai nazionalisti e dagli agenti degli armatori triestini. Gli uffi– ciali di Stato Maggiore non potevano essere meno "patriottici" di quei "borghesi" che scrivevano sui giornali. L'ideale del militare che si rispetta è stato sempre quello di allargare i confini del proprio paese fino ai limiti del possibile e dell'impossibile. La linea degli scrittori istriani lasciava {uori dalla Venezia Giulia circa 200.000 slavi, che invece il confine di Sonnino aggregava· all'Italia. Nel confine sonniniano gli slavi salivano da 300 a 500 mila in confronto di non piu che 350 mila italiani raggruppati verso l'ovest della regione. Sarebbe stato già malagevole per i 350 mila italiani della Venezia Giulia amministrare 300 mila slavi, imbevuti di vivace spirito nazionale. Era da prevedere che all'irredentismo italiano si sarebbe sostituito un non meno ostinato irredentismo slavo. Ma quell'irredentismo sarebbe diventato an~he piu ostinato quando gli slavi fossero stati in maggioranza sugli italiani. I consiglieri intimi delle alte autorità militari e civili italiane sug– gerendo il confine del Monte Nevoso anziché il confine del Monte Maggio– re, non provvidero agli interessi della nazione italiana, che non sentiva il bisogno di · aggravare le difficoltà dell'irredentismo slavo. Essi tennero presenti gli interessi degli armatori triestini. Infatti, il confine Monte Ne– voso-Volosca avrebbe fatto passare sotto il controllo italiano insieme con 200 mila slavi in piu dello stretto necessario, la linea ferroviaria che con– duce dal porto di Fiume a Ljubliana. e a Vienna, congiungendosi a San Pietro del Carso colla ferrovia Fiume-Ljubliana-Vienna. Quando la frontie- 528 BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=