Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte quinta L'attuale avanzata militare dell'Austria-Ungheria in Serbia - telegrafò Sonnino a Vienna il 9 dicembre - costituisce un fatto, che non può a meno di formare oggetto di esame da parte dei governi italiano ed austro-ungarico sulla base delle stipulazioni intervenute nell'articolo VII della Triplice Alleanza. Dall'articolo stesso deriva al governo austro-ungarico, anche per occupazioni temporanee, l'obbligo del previo accordo con l'I– talia e l'obbligo dei compensi. Il governo imperiale avrebbe, pertanto, dovuto interpellarci e mettersi con noi d'accordo prima di far passare al suo esercito la frontiera serba [...] D'altra parte, la sola invasione della Serbia, ancorché dovesse poi risultare soltanto tem– poranea, è già bastata a cambiare seriamente l'equilibrio della Penisola Balcanica ed a darci diritto a compensi. Deve pur essere notato che la stipulazione del predetto articolo VII dà all'Italia il diritto a compensi, anche per vantaggi di carattere non territoriale, che il governo austro-ungarico avesse a conseguire nella regione dei Balcani. Il governo ita– liano ritiene che sia necessario di procedere senza alcun ritardo ad uno scambio di idee e quindi ad un concreto negoziato col governo imperiale e reale circa una situazione com– plessa che tocca da vicino vitalissimi interessi politici ed economici dell'Italia. Il dicembre del 1914 ed i primi quattro mesi del 1915 furono un periodo critico per gli Imperi centrali sul fronte russo. Se l'Italia avesse dichiarato la guerra all'Austria in quel momento, il suo intervento avreb– be potuto provocare un disastro irreparabile. I tedeschi erano atterriti da questo pensiero. Il Capo di Stato Maggiore tedesco, Falkenhayn, succedu– to a Moltke, insisteva perché Vienna venisse ad un accomodamento con Roma: "L'Italia è minacciosa," disse verso la fine di febbraio il generale austriaco Stiirgkh; "voi non siete in condizione di sopportare né mili– tarmente né economicamente la guerra con questa Grande Potenza. I diplo– matici, con le loro tergiversazioni, guastano tutto." Il principe di Biilow, arrivato a Roma il 17 dicembre come ambasciatore germanico straordina– rio, poi cercava di fare opera di conciliazione. A Vienna l'ambasciatore te– desco Tschirschky lavorava nello stesso senso. Ma la discussione si arrestava sempre allo stesso punto morto: quel– lo dei compensi. Francesco Giuséppe era irremovibile. A mezzo gennaio, Berchtold che sembrava non essere abbastanza in– transigente verso il govèrno italiano, abbandonò il posto al barone Burian. Anche costui sembrava essere stato fabbricato apposta per illustrare l'ada– gio francese: "sot comme un diplomatique autrichien." Anche lui con- . ' " " "Il · 1 " d' C d "' d tmuo a conversare. punto essenzia e, 1ceva onra , e gua agnar tempo." Come espediente per guadagnar tempo, le trattative serviva– no perfettamente. "Le trattative con l'Italia," ha spiegato il generale Stiirgkh, "ottennero almeno questo: che la decisione dell'Italia fu ritardata, e non cadde in un periodo in cui ai confini sud~orientali noi eravamo su per giu inermi. Si pensi soltanto ad una energica offensiva italiana nel Go– riziano, nell'aprile e nella prima metà di maggio." La schermaglia durò cinque mesi: dal 9 dicembre del '14 al 4 mag– gio del '15. Inutile seguirla giorno per giorno. Basterà fissarne i momenti fondamentali. Il 12 febbraio, Sonnino passò dalle discussioni alle minaccie: 522 BibliotecaGino Bianco

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