Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte quinta te, come baluardo contro la marea slava." L'Austria, fortificandosi median– te la ·umiliazione della Serbia, soddisfaceva un bisogno dell'Italia. Ma non aveva dunque obbligo di dare compensi: acquistava piuttosto il diritto di essere ringraziata e magari compensata. Ad ogni conto, prevedendo che questo genere di argomentazioni non era tale da condurre all'accordo, ordinò a Merey di dichiarare a San Giu– liano che "sarebbe stato desiderabile smettere ogni discussione," visto che l'uno non riusciva a fare accettare la propria interpretazione all'altro; meglio che continuare nelle discussioni giuridiche, sarebbe stato discutere i grandi interessi dell'Austria-Ungheria e dell'Italia, come amiche ed alleate; il go– verno di Vienna avrebbe considerato come un sintomo grave il fatto che la discussione dell'articolo VII producesse irritazione in una delle due parti e "mettesse in pericolo l'esistenza del trattato." In altre parole, se il governo italiano non stava buono e si dimostrava irritato, il governo austriaco avrebbe messo in discussione la "esistenza dell'intero trattato." Non San Giuliano protestava perché il trattato era stato violato; ma Berchtold si teneva pronto a denunciarlo. Per questo genere di cavilli e di minacce l'ambasciatore austria– co a Roma, Merey, era l'uomo che ci voleva. Giolitti, che come presidente del Consiglio ebbe spesso da fare con lui prima del 1914, lo descrive còme "uno strano personaggio che si permetteva spesso l'uso di modi e di linguaggi non troppo diplomatici. Di quella sua inclinazione, che poteva anche corrispon– dere ad istruzioni trasmessegli da Vienna, egli aveva abusato durante la guerra di Tripoli, facendo nascere in me e San Giuliano la velleità di met– terlo alla porta. Io in risposta alle sue burbanze avevo adottato il sistema di mostrargli chiaramente che non lo prendevo sul serio." Era persona - è sempre Giolitti che parla - senza idee proprie, ed asservita intera– mente alla camarilla aulica e militare: la sua condotta diplomatica di perpetue lagnanze e minacce, senza che arrivasse mai a conclusione, e la monotonia con cui insisteva in interpretazioni arbitrarie ed infondate dei nostri impegni senza mai tentare di affrontare le argomentazioni contrarie, danno l'impressione di un uomo che non aveva né libertà né capacità d'azione, e che invece di ragionare colla propria testa per rendersi conto della r.ealtà delle cose, eseguisse semplicemente una parte che gli era stata affidata. Gli uomini poco intelligenti sperano sempre quello che desiderano, e gli storici non riusciranno mai a decidere chi dei due era piu sciocco, Berchtold o Merey. Entrambi erano convinti che l'Italia, dopo la guerra di Tripoli, ne aveva abbastanza di guerre, e non poteva pensare ad un intervento attivo in nessuna direzione. D'altra parte l'Austria non aveva bisogno della coopera– zione dell'Italia. Essi si illudevano che l'Inghilterra sarebbe rimasta neutrale: ancora il 1 ° agosto Merey continuava a sognare la neutralità dell'Inghilterra. San Giuliano, a loro parere, faceva del bluff, e cercava di coprirsi di fronte all'opinione pubblica italiana: "l'Italia esprimeva indignazione a parole, ma non sarebbe passata ai fatti." Il governo austriaco doveva lasciare che il governo e la stampa italiana strillassero a loro agio, e andare per la propria strada: BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=