Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte terza I nazionalisti erano guariti dagli entusiasmi di fine luglio, di fronte all'avarizia dei governi alleati nella questione dei compensi, e dopo la battaglia della Marna. Erano d'accordo coi socialisti neutralisti che la guerra fosse una lotta di imperialismi. Appunto per questo l'Italia imperiale non doveva rimanere assente dalla lotta, anzi doveva approfittarne per ampliare la sua potenza nel mondo. I governi degli imperi centrali avevano dimo– strato di voler riservare all'Italia una parte troppo esigua nei frutti della vittoria: con essi non era possibile un accordo a condizioni convenienti. La dichiarazione di neutralità aveva fulminato la Triplice Alleanza. Con essa l'Italia era divenuta nemica degli imperi centrali. D'altra parte, la Triplice Intesa, per vincere aveva bisogno dell'intervento italiano. L'Italia, col suo concorso, poteva determinare rapidamente, e senza grandi sacrifici propri, la sconfitta degli imperi centrali. Nell'ora della crisi finale si sarebbe trovata con le forze ancora intatte fra due partiti, esausti dal precedente logorfo. E avrebbe potuto nelle trattative di pace imporre la propria volontà agli uni e agli altri, assicurandosi larghi acquisti territoriali a spese degli uni e degli altri. Gli antichi pacifisti divenuti interventisti, erano socialisti scismatici, sindacalisti, anarchici, repubblicani, radicali. Erano d'accordo coi nazio– nalisti nel ritenere che la neutralità aveva scavato l'abisso fra l'Italia e gli imperi centrali. Occorreva premunirsi contro le rappresaglie degli antichi alleati, intercettando ad essi la vittoria. A questo scopo, l'Italia doveva inter– venire a fianco della Triplice Intesa. Sarebbe stata, non guerra imperialista di potenza, ma guerra nazionale d'indipendenza. Non era lecito rimanere pacifisti, quando tutto il mondo era in guerra e minacciava i neutrali. Ma si poteva e si doveva rimanere pacifisti nei fini che si dovevano proporre alla guerra. Poiché la crisi era stata scatenata dalla volontà altrui, occorreva intervenire in essa per volgerla a strumento di pace. I socialisti e i democra– tici non dovevano lasciar padroni della guerra e della pace i nazionalisti dei paesi belligeranti. La vittoria degli imperi centrali sarebbe stata la vittoria degli imperialisti tedeschi e la fine della indipendenza non solo per l'Italia ma per tutte le nazioni, che circondavano il blocco austro-germanico: perciò occorreva impedire la vittoria tedesca. Ma anche nei paesi dell'Intesa occor– reva opporsi, nel giorno della vittoria, al prepotere dei gruppi imperialisti. L'Italia democratica, sorta dal diritto nazionale, doveva intervenire nella guerra con un programma di giustizia nazionale per tutti i popoli. Seguendo questa linea di azione, avrebbe rafforzato nei popoli della Triplice Intesa le correnti democratiche, e avrebbe contribuito poderosamente a preparare, dopo la vittoria, una pace, che non contenesse germi di nuove guerre. In tutti i gruppi, in cui si classificavano le tendenze degli uomini politici italiani, maggiori, minori e minimi, circolava egualmente l'idea che il problema dell'irredentismo andasse affrontato e risoluto in questa occa– s10ne. Per i socialisti e i democratici interventisti, il problema dei territori 422 BibliotecaGino Bianco

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