Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 mento di direzione proprio un momento, "in cui si manifestava in Austria una nuova corrente di calda simpatia verso il regno alleato": "in quegli ultimi giorni, la marcia reale e finanche l'inno di Garibaldi erano stati salu– tati con amichevole entusiasmo e con acclamazioni"; il governo austriaco avrebbe potuto utilizzare questo nuovo stato d'animo in favore degli italiani dell'Austria: "proprio in quei giorni era stata deliberata in Consiglio dei ministri la fondazione di una istituzione per gli studenti italiani nell'Univer– sità di Vienna, la quale sarebbe stata un grande avviamento verso una fa– coltà italiana"; ecco che "proprio ora veniva dall'Italia il rifiuto di eseguire i doveri di alleata." Berchtold non trovava da offrire neanche la università italiana a Trieste; neanche una facoltà italiana a Vienna: offriva solamente una istituzione, che sarebbe stata un avviamento verso una facoltà italiana; e vi aggiungeva la marcia reale e finanche l'inno di Garibaldi! Sentimenti cosf amichevoli consigliarono Berchtold, il 5 agosto, a fare al governo tedesco una proposta assai conveniente per l'Italia. A guerra finita, sarebbe stato assai utile che la Rotta austriaca si trovasse intatta. Bisognava perciò che il governo italiano utilizzasse la neutralità per ottenere che la Rotta franco-inglese non entrasse nell'Adriatico finché la Rotta austriaca non ne uscisse. La Rotta austriaca non era ancora in perfetto allestimento. Occor– reva guadagnar tempo, e l'opera del governo italiano doveva servire a que– sto scopo. Alcuni giorni dopo, 1'11 agosto, spiegò all'ambasciatore tedesco che "se l'Italia dovesse pensare ad agire contro di noi, sarebbe assai impor– tante avere la Rotta in piena efficienza." L'accordo fra Berlino e Vienna per contentarsi, da ora in poi, della sola neutralità italiana, deve essere avvenuto verso il 10 agosto. In una conversaz10ne del 12 agosto, Berchtold può mettersi oramai sul nuovo terreno. La dichiarazione di neutralità - dice ad Avarna - aveva creato del malumore a Vienna, nel primo momento. Ma in seguito abbiamo potuto apprezzare le cause che hanno obbligato l'Italia a prendere questa attitudine, e oggi noi vediamo l'azione dell'Italia sotto un'altra luce. In queste condizioni, noi ci contenteremo della neutralità italiana, convinti che essa sarà mantenuta con lealtà. Non è intenzione del governo austriaco spostare il pre– sente equilibrio nei Balcani e nell'Adriatico; ma non mancheremo di cercare lealmente un accordo preventivo con l'alleato italiano, qualora un'azione di questo genere diventi ne– cessaria. Per rendere meno difficili i rapporti col governo italiano, Berchtold richiamò da Roma (11 settembre) l'ambasciatore Merey, i cui modi insolenti e brutali non erano piu di stagione. E mandò a Roma il barone Macchio col programma di sostituire al tono arrogante il tono cordiale. Se San Giuliano avesse continuato a voler "eliminare la diffidenza fra i due paesi," "intenden– dosi sui mezzi concreti per conciliare gl'interessi delle due parti," Macchio doveva dichiarare di essere "autorizzato ad entrare in qualunque conversa– zione potesse contribuire a dissipare gli eventuali malintesi, o a rafforzare i legami dell'alleanza." Messosi per questa via, doveva "evitare che si rom- 413 Biblioteca·Gino Bianco

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