Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte terza viati da queste ipotesi, essi scatenarono nel 1914 la guerra mondiale. Date queste illusioni, l'aiuto dell'Italia non appariva indispensabile né al governo di Vienna, né a quello di Berlino. Lungi dal giudicarlo indispensabile, il governo di Vienna lo g~udicava come ingombrante e noioso. Intervenendo nella gu_erra,a fianco degli imperi centrali, il go_vernoitaliano avrebbe voluto in compenso partecipare al botti– no, invocando l'art. VII della Triplice, e nel fare le porzioni, avrebbe do– mandato che una parte degli acquisti dell'Italia cadesse a spese dell'Austria. Il governo di Vienna non ammetteva discussioni su questo terreno: il go– verno italiano doveva andare a cercarsi i compensi dovunque, meno che verso la frontiera austriaca e nell'Adriatico. Per il governo di Vienna, l'ideale era che l'Italia rimanesse neutrale, e lasciasse le mani libere all'Austria nella penisola balcanica. Rimanendo neutrale, non avrebbe potuto avere molte pre– tese nel nuovo assetto della pace. Se avesse alzato troppo la voce, sarebbe sta– to agevole metterlo a posto, in una Europa, in cui la Germania e l'Austria avessero già riportato vittoria sulla Russia e sulla Francia. Il governo tedesco era piu desideroso che l'Italia partecipasse alla guer– ra, sia per facilitare la sconfitta della Francia, sia per associare l'Italia alla Germania, dopo la guerra nel garantire lo statu quo. Ma l'aiuto dell'Italia non appariva neanche a Berlino indispensabile per la vittoria. E non essen– do indispensabile, non meritava di essere pagato troppo caro. Soprattutto, non meritava che il governo di Berlino compromettesse per i begli occhi del– l'Italia la propria intimità, ben piu necessaria, col governo di Vienna. Cosf, anche il governo tedesco era portato a contentarsi della neutralità italiana. Vi sono uomini politici - scriveva il principe di Biilow nella Germania imperiale alla vigilia della guerra mondiale - i quali non vogliono concedere un reale valore al– l'Italia nella Triplice Alleanza. Queste considerazioni hanno la loro origine nel dubbio che, in caso di complicazione di politica internazionale, l'Italia non sia in caso e non abbia la volontà di procedere con noi e con l'Austria. Anche se questi dubbi fossero giustificati, essi non costituirebbero una prova definitiva contro il valore dell'Italia nella Triplice. Anche se l'Italia non può spingersi in tutte le situazioni fino alle estreme conse– guenze con noi e coll'Austria, e noi e l'Austria non possiamo entrare• in tutte le compli– cazioni della politica mondiale italiana, è vero però che l'alleanza impedisce ad una delle tre Potenze di passare cogli avversari delle altre. È ciò che pensava il principe di Bismarck allorquando disse che gli sarebbe bastato di avere accanto un caporale italiano colla bandiera italiana e con un tamburino, colla fronte rivolta ad occidente, cioè verso la Francia, e non verso oriente, vale a dire verso l'Austria. Tutto il resto dipenderà dal modo come si presenterà in Europa un'eventuale questione di conflitto, dall'energia con la quale noi la sosterremo militarmente, e dal nostro successo militare e diplomatico nel mandarla ad effetto. Di San Giuliano, offriva, dunque, agli imperi centrali, un aiuto, di cui questi non sentivano un'assoluta necessità, e domandava un pagamento, che gli altri trovavano troppo elevato. Per rendersi piu desiderabile, egli avrebbe do– vuto continuare la politica dell'equilibrio tra l'alleanza e le intese. Tittoni aveva fatto questa politica; e appoggiandosi alla Triplice Intesa, aveva ob- 378 BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=