Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Prefazione abbandonato il Partito e di essere stato interventùta; i cattolici gli erano contrari perché rifiutava ogni sovvenzione statale alle scuole confessionali e sosteneva la sepa~azione della Chiesa dallo Stato, i nazionalisti lo odiavano perché rinunciatario." Con lui ri'masero soltanto i vecchi' amici', insieme ai quali aveva sostenuto tante battaglie: Bissolati e De Viti De Marco. La conclusione di' queste consi'derazi'oniera che il suo vero compùo era quello dello scrittore politico e dello studioso di storia; e tuttavia non diede le dimissioni, e rimase fino allo scioglimento della Camera nella primavera del 1921. 12 La disi'llusi'one fu molto grande: era il fallimento di tutta un'attività intensissi'ma perseguita per tanti anni: disillusi·one non soltanto per le vicende postbellt'che italiane, ma anche per quelle europee. Infatti se le cose andavano male in Italia, non c'era alcuna speranza di avere aiuti da parte degli' altri paesi europei·. "Comunque sia, resta sempre il fatto che l'Europa è governata da una dozzi"na di canaglie, e che non c'è modo di sbarazzarsi di' questi mascalzoni, data l'assoluta i'nguan'bile stupi'dità dei popoli di tutti' • • 1113 i paesi. Disillusione che qualche volta lo indusse perfino a dubitare dell'azi'one svolta, e che in ogni· modo gli procurò un grande dolore. Il 25 gennaio 1923, nelle Memorie e soliloqui scrive: "Avendo dedi'cato la mi·a attività politica al problema del Mezzogiorno, mi sono trovato senza base nel Mezzogiorno, che è troppo ignorante, i'nerte, troppo pezzente i'ntellettuale e morale per vedere i suoi diritti e per sostenere chi sostiene i suoi· diritti ... Nel decennio 1904-1914io non riesct'ia raccogliere intorno a me nessun gruppo abbastanza numeroso di piccoli borghesi... Dopo la guerra sembrò che i combattenti venissero con me ... Ed ora sono andati a finire al fasàsmo: anche qui la massa dei contadini è buona, i condotti'eri sono piccoli borghesi meridionali, quali lt' ho descritti io per la prima volta meritandomi i loro odii. " 14 Sono giudizi durissimi, ma che dimostrano lo stato d'animo del S. in quel tempo, e la conseguente "determi"nazione disperata" di "abbandonare la politi"camilt'tante." "Ogni giorno che passa mi· convinco della necessità di chiudermi sempre piu in me stesso, rifuggendo da ogni partecipazione a qualunque forma di azione politica collettiva. Forse passerà questo periodo di obliqui'tà intellettuale e morale. Ma ci' vorTanno, temo, parecchi anni prima che la coscienza abbia liqui"dataquesta obliquità. 1115 Ossia "conclusione personale per me: silenzio assoluto in polùica. Non c'è posto per me nella politica italt'ana 1116 ; "ho soppresso la politica attiva dal mio spirito, 1111 quindi non mi rimane "che chiudermi nel mio cantuccio e fare l't'nsegnante pre– parando meglio che posso nel mi·o ambiente alunni meglio adatti al loro 12 Le notizie sull'attività politica di S. dal 1919 al 1921 sono tratte da ENZO TAGLIACOZZO, Gaetafo Salvemini nel Cinquantenario liberale, Firenze, La Nuova Italia, 1959, pp. 207 sgg. / Memorie e soliloqui, cit., p. 116. 1 ! Memorie e soliloqui, cit., p. 94. Op. cit., p. 144. 16 Op. cit., p, 6. 17 Op. cit., p. 149. BibliotecaGino Bianco XIII

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