Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Russia Germania Francia Austria-Ungheria Gran Bretagna Parte terza 78 milioni 41 » 36 » 35 » 32 » Difficilmente, quindi, nel 1871 l'Italia poteva essere considerata come una grande Potenza. Piuttosto teneva un posto intermedio fra le grandi e le piccole Potenze: era la piu piccola fra le grandi, e la piu grande fra. le piccole. Il paese non possedeva né ferro, né carbone: cioè mancava delle piu impòrtanti materie prime, su cui si basava la forza economica e milit~re delle grandi Potenze, dopo la rivoluzione industriale del secolo XIX. Le vie ferrate - altro fondamentale strumento di trasformazione e di progresso - erano in Italia in ritardo di trent'anni, a confronto dell'Europa centrale e occidentale; la struttura montuosa del paese e la necessità di importare dal– l'estero il ferro e il carbone, rendevano la costruzione e la manutenzione di esse piu malagevole e piu dispendiosa. La terra era improduttiva nelle zone di montagna, che coprono un quarto del paese; era condannata al latifondo dalla siccità, dalla malaria, dalla scarsità di capitali in plaghe vastissime del Mezzogiorno. Le finanze, le scuole, le forze di terra e df mare avevano bisogno di essere riordinate, o addirittura create. La unificazione doganale, tributaria, amministrativa, se aveva preparate condizioni di sicuro ma lento progresso economico nelle regioni settentrionali, aveva determinato una immediata, profonda, penosissima crisi nelle regioni meridionali. Le imposte feroci, con cui il paese,· scarso di capitali, doveva coprire le spese della nuova impalca– tura civile e militare, creavano larghe ondate di malcontento in tutte le classi. E malgrado il martirio dei contribuenti, il bilancio era sempre in disavanzo. Un titolo del debito pubblico, del valore nominale di 100 lire, si poteva acquistare per lire 53,32 nel 1867; saliva faticosamente a 75,79 nel 1877. 7 Contro l'unità nazionale, costituitasi sulla rovina di tutte le antiche dinastie - meno una: quella dei Savoia - protestavano i fedeli ancora numerosi dei sovrani spodestati, sconoscevano la legittimità della dinastia regnante, aspettavano il ritorno degli antichi signori. Le difficoltà massime sorgçvano dall'attitudine intransigentemente ostile del Vaticano e delle masse cattoliche. Pio IX non lasciava sfuggire nessuna occasione per rivendicare la città di Roma e tutti gli altri territori, che per undici secoli avevano formato lo Stato pontificio nell'Italia centrale. Vietava ai cattolici di partecipare, sia come eletti, sia come elettori, alle elezioni per la Camera dei deputati. Aspettava che il regime nazionale si sfasciasse sotto la pressione dei 1 CARCANO, Finanze e Tesoro, in "Cinquant'anni di vita italiana," II, p. 20. 144 BibliotecaGino Bianco

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