Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

" Come siamo andati in Libia" e altri scritti dal 1900 al 1915 . inglese contro la Germania, e lo sforzo _balca~ico c~n~ro l'~ustria._ E. bisogn~ essere preparati anche a qualche rovesc10, e in tutti i casi a sacrifici lunghi e grandi. . . . . . . Queste previsioni è bene che siano tenute presenti da tutti gh 1taham. E male provvedono alla preparazione dello spirito pubblico coloro· che cianciano di vittorie rapide e facili... Ma la certezza dei pericoli e dei sacrifici, a cui andremo incontro, potrebbe essere consigliatrice di neutralità nel caso solo che la vittoria del blocco austro-germanico fosse cosI assolutamente sicura, o la completa incapacità militare dell'Italia fosse cosI assolutamente assodata che l'intervento italiano nella guerra si dovesse considerare proprio come una folle sfida contro un destino inevitabile. Ora la assoluta invincibilità del blocco austro-germanico sembra altrettanto indimostrabile quanto l'invincibilità contraria. E quanto alla assoluta e completa incapacità militare dell'Italia, essa basterebbe senza dubbio da sé sola a consigliarci, non che la neutralità, l'abbandono di qualunque pretesa di libertà ed indipendenza nazionale, l'acquiescienza a qualunque prepotenza che altri possa tentare contro di noi. Se fossimo convinti di questa assoluta impotenza, non diremmo neanche, come dicono i socialisti, che essi aspettano a difendersi che altri li assalgano: ci rifiuteremmo anche alla difesa: ché la propria vita individuale ciascuno di noi può sacrificarla anche inutilmente, ma la vita dei propri simili nessuno ha il diritto di arrischiarla se non abbia almeno la speranza di una utilità: e quale utilità ci sarebbe ad opporre una impotenza assoluta ad un assalto, che data quella impotenza non potrebbe riuscire che trionfatore? Ma un'affermazione di impotenza assoluta noi non sappiamo chi. potrebbe ragionevolmente farla. Per quanto le forze nostre non siano né strabocchevoli, né invincibili, per quanto si abbia il dovere di prevedere che in qualche momento ed in qualche punto esse possano andare incontro a qualche insuccesso piu o meno grave, a nessuno è lecito escludere con apodittica sicurezza che un intervento dell'Italia non possa contribuire, anche attraverso qualche insuccesso militare italiano, alla vittoria finale di quella coalizione, di cuì l'Italia farebbe parte. Una guerra, in cui l'esercito italiano riportasse qualche vittoria, anche assai brillante, ma gli alleati dell'Italia andassero a rotoli, vellicherebbe il nostro amor proprio militare, ma ci condurrebbe alla rovina. Una guerra, in cui l'Italia, sia pure perdendo per il momento qualche provincia o qualche battaglia, tenesse impegnato un milione di austro-tedeschi, e facilitasse cost la vittoria finale della Triplice Intesa sugli altri scacchieri delle operazioni militari, meriterebbe senza dubbio di esser fatta. L'Italia non sarebbe una forza isolata: sarebbe elemento di un vasto e complesso sistema militare e diplomatico, nel quale gli insuccessi parziali di un settore potrebbero essere condizione necessaria alla vittoria finale del sistema. Ora il calcolo sicuro di queste possibilità sfugge a noi come ai neutralisti. 484 BibliotecaGino Bianco

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