Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

" Come siamo andati in Libia" e altri scritti dal 1900 al 1915 diante il concorso del capitale anglo-francese e del lavoro italiano - in questo caso la collaborazione di classe si combinerebbe con una collaborazione internazionale per lo sviluppo della ricchezza di tutte le classi e di tutte le nazioni interessate - una intesa di questo genere rappresenterebbe un grande vantaggio tanto per le due nazioni capitalistiche quanto per la nazione proletaria. E l'intesa dovrebbe avere per base da una parte il riconoscimento del diritto degl'italiani ad avere le loro scuole e le loro organizzazioni nazionali e a non essere snazionalizzati; dall'altra la rinunzia dell'Italia ad ogni sottinteso di espansioni militari e politiche - le quali, lo ripetiamo, non ci darebbero che spese e creerebbero sterili ostacoli alla messa in valore del Mediterraneo. A.ssicurato cosi un lungo periodo di lavoro, in vicinanza della madre patria, ai nostri emigranti, dovremmo: 1) cercare che la nostra fosse emigrazione di uomini consapevoli di far parte di una nazione civile, e non di misere bestie da lavoro: quindi scuole, scuole, scuole, in Italia e nelle colonie, a facilitar l'istituzione delle quali non aiuterebbero certo le spese di conquiste coloniali; 2) organizzare un largo e serio servizio di assistenza nel bacino del Mediterraneo: i migliori segretari delle Camere di lavoro della madre patria dovrebbero essere reclutati come agenti consolari per l'organizzazione economica degli emigranti. Quali sarebbero fra trent'anni le conseguenze di questa azione, nessuno può prevedere. Forse potrebbero essere politiche, oltre che economiche. Provvederà un'altra generazione d'italiani a soddisfare i bisogni nascenti del nuovo stato di fatto. A noi deve bastare lasciarle un'Italia meno povera, piu sicura, meglio organizzata. E un'altra considerazione attinente al problema coloniale deve farci desiderare la vittoria dell'Inghilterra: la sicurezza che l'Inghilterra introdurrà in tutti i nuovi acquisti coloniali il regime della porta aperta, a differenza di quanto ci si può aspettare dalla Germania. Cioè nelle colonie inglesi le nostre merci, via via che la nostra attività produttiva si svilupperà, po~rebbero sempre penetrare. Nelle colonie tedesche chi potrebbe illudersi di penetrare all'infuori dei commercianti germanici? Il nostro Governo dovrebbe esigere, come uno dei compensi all'entrata dell'Italia nella Triplice Intesa, un trattato di lavoro italo-anglo-francese per il Nord-Africa e l'Ovest-Asia, e l'assicurazione che tutte le nuove eventuali colonie inglesi e francesi saranno soggette al regime della porta aperta. VIII. I legami della Triplice I nostri triplicisti utilizzano due ordini di argomenti per affermare la necessità che l'Italia resti fedele alle antiche alleate e le aiuti, mag~ri colla semplice neutralità, a dominare la Triplice Intesa: argomenti di interesse e argomenti di moralità. 470 BibliotecaGino Bianco

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