"Come siamo andati in Libia" e altri scritti dal 1900 al 1915 grandita e· divenuta invincibile al nord e all'est, e la Germania insediatasi al Marocco, grazie all'aiuto dell'Italia. ~on osservano, nella loro_ febbre coloniale di chilometri quadrati, che l'Italia, stretta da tutte le parti nella catena austro-germanica, diventerebbe piu grande sulle carte geografiche, ·ma impotente nella realtà. E quanto a conquiste coloniali, ci sarebbe, a spese della Turchia, saccheggio per tutti, in caso di vittoria della Triplice Intesa. Ma parleremmo contro la nostra coscienza, se non riaffermassimo oggi, ancora una volta, la nostra fermissima convinzione che, in questo periodo del suo sviluppo nazionale, l'Italia non solo non ha bisogno di colonie di diretto dominio, ma dal possesso di siffatte colonie sarebbe danneggiata e distratta da quelli che sono i compiti veri della sua vita nazionale: la riorganiz- . zazione interna e la cura della emigrazione. L'Italia è un paese povero di capitali e scarso di capacità organizzatrici. La nostra borghesia non è riescita in molte regioni del nostro paese né a creare una vita economica moderna, né ad impiantare un ordinamento amministrativo decente. E dove il progresso economico si è manifestato intenso, esso è dovuto in parte alla immigrazione del capitale e delle capacità tecniche straniere, in parte ai privilegi protezionisti le cui spese sono fatte dalle classi e dalle regioni piu misere. · In queste condizioni, _acquistando colonie di diretto dominio, il nostro paese commette lo stesso errore di un padre di famiglia che possieda una discreta estensione di terre mal coltiva.te e sia fornito di capitali assai limitati, e invece di impiegare i capitali per migliorare a poco a poco la proprietà ed aumentarne il reddito, li impieghi a comprare altre terre di piu scars~ produttività, rimanendo cosi privo finanche delle anticipazioni necessarie per fare le coltivazioni e pagare le tasse. Tutto ciò che noi abbiamo speso finora per l'Eritrea e per la Libia, non ha servito ad altro che ad estenuare l'economia, di per sé debole, della madre patria, e a rendere sempre piu difficile e piu lenta l'organizzazione in Italia dei servizi necessari alla vita della nazione; mentre la mancanza di capitali privati e le perverse abitudini della nostra burocrazia rendevano, anche nelle colonie, difficile quello sviluppo economico che non sarebbe forse loro mancato, se fossero state amministrate da nazioni piu ricche e piu capaci della nostra. Né si dica che una nazione deve saper provvedere anche al piu lontano avvenire, sacrificandosi oggi per assicurare le colonie alle generazioni venture, che ne avranno probabilmente bisogno. È assurdo fare la politica estera a centinaia d'anni di distanza. Quel che sarà l'equilibrio delle forze economiche e politiche in Europa fra trent'anni, nessuno di noi può prevedere. Quelli che oggi sono forti, domani forse saranno deboli. La Francia. che una volta aveva occupato il Congo senza ostacoli, ha dovuto cederlo senza guerra alla Germania nel 1911, e probabilmente se lo riprenderà ora. La politica coloniale è un ballo continuo, in cui c'è sempre modo di entrare, a condizione di avere gambe buone e di saper ballare. I forti arrivano sempre in tempo; i 468 BibliotecaGino Bianco
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