Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

" Come siamo andati in Libia" e altri scritti dal 1900 al 1915 per ragioni economiche sociali, a cui per altro si può e si deve dare rimedio con la giustizia sociale. Ma questa lotta è stata sistematicamente sollecitata, esasperata, precipitata dalfa burocrazia austriaca in un cieco furore antitaliano, col triste programma di sradicare da tutta la Venezia Giulia qualunque vestige della nostra storia e della nostra civiltà. Chi scrive queste pagine non è stato mai irredentista. Ha avuto, anzi, parecchie vivaci polemiche con gli irredentisti, ai quali ha spesso rimproverato di subordinare il destino di 35 milioni di regnicoli alle aspirazioni di neanche un milione d'irredenti; di essere troppo disposti ad aiutare l'Austria nelle sue ambizioni balcaniche, purché cedesse il Trentino e l'Istria, o magari il solo Trentino all'Italia; di voler mettere a fuoco tutto il mondo al solo fine di cuocere il piccolo uovo delle loro rivendicazioni nazionali. Provocare una guerra coli'Austria a causa degl'italiani irredenti, è sembrato sempre a chi scrive queste pagine o una pazzia o un delitto; perché o la guer.ra si sarebbe estesa a tutta Europa, e chi se ne fosse assunta la responsabilità avrebbe commesso un immenso delitto; o l'Italia sarebbe stata abbandonata da tutti in una lotta impari con l'Austria, e avrebbe pagato a caro prezzo le conseguenze di un vero e proprio accesso di follia. Ma il delitto oramai è stato commesso da altri. L'accesso di follia è venuto da altri. E l'Austria, stroncata già a mezzo dalla Russia, impegnata colla Serbia, assalita probabilmente domani anche dalla Rumenia, non può opporre oggi a noi quelle forze che la rendevano ieri formidabile. Se noi l'assalis.,imo oggi non commetteremmo un atto di follia. Avremmo, anzi, grandi probabilità di successo. In tutti i casi, immobilizzando contro di noi una notevole parte dell'esercito austriaco, contribuiremmo notevolmente alla vittoria finale della Triplice Intesa. O noi ripariamo oggi all'errore del 1866 e compiamo l'opera di unificazione e di consolidamento nazionale troncata miseramente allora, o non potremo risolvere questo problema mai piu. Noi dobbiamo volere che l'attuale crisi europea non si chiuda senza che l'Italia si annetta il Trentino e la Venezia Giulia. Ma badiamo bene: la soluzione di questo problema nostro locale non va cercata indipendentemente dal problema generale dell'equilibrio delle forze in Europa, e della nostra sicurezza e indipendenza nazionale in quell'equilibrio. Si è detto, alcune settimane or sono, che il principe di Biilow veniva in Italia ad offrirci il Trentino, come pagamento non si sa se della neutralità assoluta o di un intervento contro la Triplice Intesa. È necessario che il Governo italiano rifiuti l'offertà, e che l'intera nazione obblighi il Governo a rifiutare. Dovremmo rifiutare, anche se insieme al Trentino ci fosse offerta l'Istria e qualcos'altro ancora. Il problema, centrale e preminente, che l'Italia deve oggi risolvere, non è quello di acquistare qualche nuova provincia o qualche nuova colonia. 466 BibliotecaGino Bianco

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