" Come siamo andati in Libia" e altri scritti dal 1900 al 1915 plice Intesa. Tre anni fa sostenni su questo giornale tale politica, perché era la sola che assicurasse la pace contro le tendenze aggressive della Germania e dell'Austria. Oggi, scoppiata la guerra, sostengo la stessa politica, perché è la sola che possa affrettare la fine di un macello bestiale, e assicurare al• l'Europa un nuovo equilibrio stabilmente pacifico, sulla base delle nazionalità ricostituite a spese di casa d'Austria. Finché durava la pace, ho sempre affermato il dovere di lavorare pel mantenimento della pace. Oggi che un accesso di bestialità altrui ha scatenata una guerra mondiale, in cui si decidono i destini anche dell'Italia, oggi è naturale che noi ci si domandi che e.osa <lob• biamo fare: e se il resultato della ricerca è che dobbiamo intervenire nella crisi, anche con la guerra se è necessario, questo non vuol dire che ci sia alcun cambiamento di programma: il programma è sempre quello; i mezzi per realizzarlo, essendo mutate tutte le condizioni esterne, devono essere . mutati. e dovrebbe vincere in noi il sentimento di amarezza per l'inevitabile e logico abbandono di ogni azione per l'elevamento delle classi umili, e del piu umile nostro Mezzogiorno. 2) Non si tratta di abbandonare né l'elevamento delle classi umili né quello del Mezzogiorno: si tratta semplicemente di fare uno sforzo, sia pure penoso e dispendioso, una volta per sempre, allo scopo di assicurarci la possibilità di riprendere da ora in poi in migliori condi'zioni il nostro lavoro. Se questa crisi conducesse ad una generale notevole diminuzione degli armamenti - e per l'Italia potrebbe avere questa conseguenza, se è vero quanto ho scritto nell'articolo Italia, Austria e Serbia (Unità, 18 dic. 1914) - questa diminuzione faciliterà l'opera di riorganizzazione interna. E l'Italia deve in• tervenire nella crisi, e occorrendo anche con la guerra, per ottenere una soluzione finale di tal genere. L'impresa libica, secondo i nazionalisti, avrebbe assicurato all'Italia migliori condizioni di progresso interno: era una mistificazione, e perciò la combattemmo. Ma questa non è una mistificazione. Anche l'amico Sanna, allorché si oppose coraggiosamente all'impresa libica, dichiarò che se si fosse trattato del Trentino sarebbe stato un altro paio di maniche. Oggi si tratta di piu assai che del Trentino: si tratta della libertà dell'Italia e delle altre piccole nazioni, contro l'egemonia mondiale austrogermamca. Ma ho trovato bensi con la solita lucidità impostato il problema nei suoi veri termini della difesa della nostra libertà d'azione a/,l'interno e a/,l'esterno, senza fronzoli pseudo-democratici, né irredentisti, né tantomcno nazionalisti; non ho trovato tuttavia la dimostrazione dell'uti:lità, per quello scopo, del nostro intervento, diplomatico o armato, a favore della Triplice Intesa. Tu prospetti esattamente le prevedibili risultanze di una completa vittoria, per mare e per terra, del blocco austro-tedesco: riduzione dell'Italia, come di tutti gli altri paesi non tedeschi, a stato vassallo, senza libertà d'iniziativa esterna, con molto ridotta e sorvegliata autonomia di vita interna. Ma quando vieni a dimostrare che tale peri434 BibliotecaGino Bianco
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