Un esame di coscienza 1 Su qualche punto dottrinale di quest'articolo ,·orremmo fare delle riserve: ci sembra che il Balbino confonda, male a proposito, la teoria generale del materialismo storico con certe particolari teorie che si sono mescolate ad essa nel pensjero di Marx e di Engels, e con certe scempiaggini che sono state inventate da quei marxisti, con cui Marx ci teneva a non andare d'accordo: e la scempiaggine piu piramidale di tutte è quella che non vede fra le classi altri rapporti possibili, se non la lotta, e nega ogni possibile coincidenza d\nteressi e d'azione. Ma di questo parleremo e discuteremo con agio in seguito: ché il • tempo non ce ne mancherà né la necessità. Per ora vorremmo unire all'augurio del Balbino anche il nostro: che un nuovo partito liberale conservatore sorga in Italia dalle ceneri delle vecchie clientele sfruttatrici della tradizione del Risorgimento. Ma questo tentativo deve venire dal partito conservatore, non dalle file della democrazia. Occorrerebbe che l'opera di critica, da noi iniziata contro le degenerazioni democratiche del radicalismo e del riformismo e contro le pietrificazioni del socialismo ufficiale, fosse compiuta anche contro tutti i gruppi con~ervatoriliberali da altri gruppi di scismatici e di eretici del conservatorismo. E non è da escludere che un giorno i dissidenti della destra e i dissidenti della sinistra si uniscano in "connubio" contro tutte le somaraggini e tutte le camorre di destra e di sinistra. Ma il tempo di un "connubio " simile è ancora lontano. Non è lecito sostituire il desiderio alla volontà. Né possiamo noi - democratici e socialisti dissidenti - compiere, oltre all'opera specifica nostra, un'opera che spetta naturalmente ad altri e a compiere la quale ci mancherebbe la fede necessaria. Eppoi, ricordiamoci che questo è un lavoro a lunga scadenza. E in questo momento un problema angoscioso incombe sul paese, quello della sua politica 1 Nel n° 1 dell'anno IV de "L'Unità," 1 gennaio 1915, pp. 603-4, Balbino Giuliano pubblicò un lungo articolo in cui, riecheggiando le critiche di tre anni del settimanale, faceva una diagnosi negativa della classe dirigente italiana che aveva fatto decenni di politica falsa, che aveva voluto far fare al paese la figura di grande potenza, nel periodo in cui doveva ancora " farsi le ossa "; che aveva ignorato i grossi problemi della nazione, che aveva fatto grandi spese militari senza creare uno strumento veramente efficiente, che aveva perseguito una politica espansionista rodendo " gli ossi lasciati dagli altri," col risultato di " mettersi delle palle al piede." Nemmeno il socialismo aveva colmato le lacune della classe dirigente e quindi concludeva che "la sola speranza è che sorga un nuovo partito, veramente liberale, che vinca il conservatorismo gretto e particolaristico che oggi usurpa il nome del liberalismo, che sappia vedere ed affrontare i grandi problemi concreti dell'unità nazionale, riesca ad innalzare la coscienza italiana, la sua cultura, e la sua moralità all'altezza della sua tradizione." Al problema del momento, della neutralità e dell'intervento, accennava appena per affermare: " In un'ora grave come questa è carità di patria discutere poco sul presente, è un dovere la fiducia in chi ha le responsabilità del governo," e " invece di dare consigli ed incitamenti, ricercare gli errori che ci hanno condotto anche solo a dubitare se, proprio in un'ora culminante della storia mondiale, sia una necessità per l'Italia chiudersi nella umiltà de!le estreme rinunce." Ai dubbi di Giuliano, Salvemini fece seguire la sua postilla. [N.d.C.] 432 BibliotecaGino Bianco
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