Libri ricevuti striaci, che meno sembrano imbevuti di motivi economici, il sostrato è appunto per nove decimi nient'altro che economico: quelle lotte di razza, nella piu parte dei casi, non sono che lotte di classe che parlano lingue diverse; e anche qui le classi inferiori, che parlano lingua diversa dalle superiori, via via che si elevano e si organizzano, esprimono dal loro seno una classe dirigente, che prende il posto dell'antica. I nazionalismi dell'Austria - dice magnificamente il Gayda, allorché si abbandona senza preconcetti alla suggestione dei fatti osservati con un talento di prim'ordine - sono prima di tutto l'espressione politica di movimenti democratici economici sociali (p. 53); vi è una base materialistica anche nel nazionalismo (p. 125). Preziosi sono gli ultimi tre capitoli sul movimento socialista austriaco: la materia vi è trattata troppo fugacemente, mentre avrebbe meritato da sé sola un volume di analisi interessantissime. L'internazionalismo semplicista del socialismo tradizionale, che ha dimostrato in questi giorni un completo fallimento in tutta Europa, era già fallito in Austria nelle relazioni fra socialisti tcechi e socialisti tedeschi, come era fallito in Germania tra tedeschi e polacchi. Il Gayda spiega acutament~ le cause di questo fallimento. Ma da quell'osservatore serio e profondo, che egli è, non cede alla tentazione di fabbricare delle scemenze nazionaliste sulla inanità del socialismo internazionale. L'errore del socialismo internazionale austriaco, come del socialismo internazionale europeo, è stato quello di voler negare la serietà delle questioni nazionali: perciò si trova sorpreso e impotente allorché siffatte questioni balzano a un tratto in prima linea. Ma la crisi - scrive il Gayda - è di un momento, non è eterna. Il socialismo austriaco (e noi possiamo dire europeo) non è condannato a tramontare impotente. Accetterà la l~gge superiore del principio naziornde, e muterà il suo spirito e .la sua organizzazione, sulla base di una sdlidarietà collettiva, che rispetti interamente le autonomie nazionali e rinserri tutte le gigantesche forze operaie, come in quegli antichi eserciti di re confederati, che combattevano insieme, con un piano solo, sotto uno stesso duce, un nemico comune, ma serbavano ognuno la propria bandiera e morivano solo per lei. Ogni nazione dev'essere riconosciuta: essa fa parte d'un esercito collettivo e deve perciò accordare al ritmo di esso il ritmo della sua vita, contribuire ai suoi bisogni, ubbidire alla sua legge; ma deve poter vivere autonoma, serbare una piena libertà di governo e di movimento nei suoi affari nazionali, essere, in una parola, nazionalmente padrona nella sua terra. È il gran principio della confederazione degli stati nazionali autonomi. Esso verrà prima fra le organizzazioni operaie austriache, poi stenderà, in un gran volo d'aquila, il suo dominio e piegherà alle nuove necessità la rigida legge antica dell'Impero (pp. ~5-6). Auguriamo che la sconfitta militare acceleri questo processo di ricostruzione. Non altrettanto ben riescito - sebbene sia sempre il piu serio libro che abbia l'Italia sul problema degli italiani d'Austria - è il volume su L'lta/,ia d'oltre confine. Il Gayda, a nostro parere, esagera un poco l'efficacia dell'aiuto governativo nel sostenere gli slavi contro gli italiani, e non mette abbastanza 369 · BibliotecaGino Bianco
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