"Come siamo andati in Libia" e alt,:i scritti dal 1900 al 1915 Non occorre molto comprendonio per intuire che discorsi assai analoghi a quelli dei suddetti scrittori debba fare in questi giorni a Roma il barone Macchio, nuovo ambasciatore austriaco, appoggiato dalla diplomazia tedesca. E noi auguriamo ardentemente che il nostro Governo non ceda a siffatte tentaz10m. Anche ammessa la possibilità materiale di realizzare il saccheggio offer• toci dai pirati dell'imperialismo tedesco contro le forze navali anglo-francesi, bisogna che gl'italiani, i quali si sentano tentati da quella opulenta offerta di territori da inghiottire, giudichino se l'Italia abbia uno stomaco sufficiente per digerirli. Se l'Austria e la Germania riesciranno vincitori di questa prova, sarà bene che tutti quei paesi se li tengano per sé e ci pensino esse ad am• ministrarli. Ma anche ammessa per noi la utilità di quelle conquiste, esse non potrebbero avvenire se non con la distruzione o almeno con un prostramento completo dell'Inghilterra e della Francia. Ora, quando venissero meno questi due potentissimi contrappesi alla prepotenza austro-germanica, chi salverebbe l'Italia dal vassallaggio dei vincitori? Le carezze, con cui l'Italia è oggi solleticata da ogni parte, si spiegano con un fatto solo: col fatto che le forze dei contendenti si equilibrano. La guerra è scoppiata appunto perché non esisteva piu in Europa una maggio• ranza invincibile, contro cui si levasse una minoranza formidabile, capace di resistere al prepotere della maggioranza. Tanto per terra, quanto per mare le forze della Triplice Alleanza e quelle della Triplice Intesa tendevano a pareggiarsi: e cos1dopo un decennio di folli aumenti militari da una parte e dall'altra, la guerra è venuta a rompere una situazione, che era divenuta economicamente insostenibile tanto per gli uni quanto per gli altri. L'Italia ha potuto, proprio al momento critico, per sua fortuna, tirarsi da parte, mettersi alla finestra a farsi vagheggiare da tutti i passanti, o - se si preferisce la brutale metafora di Bismarck - ritornare a fare la putaine qui marche le trottoir. E l'interesse nostro evidente consiste appunto nell'ottenere che la guerra non si chiuda con la egemonia incontra• stabile né dell'una né dell'altra parte. Il giorno in cui Francia e Inghilterra divenissero del tutto incapaci di fronteggiare le pressioni austro-germaniche, anche l'Italia con tutta la sua Africa settentrionale, e con le annesse Corsica e Savoia e Nizza, sarebbe ridotta ad uno stato di incrollabile sudditanza. Della gabbia d'oro, che ci offre il conte di Andrassy, il nostro paese finché il senso comune non vi sarà del tutto scomparso - non può saper che farsene. Se fosse proprio destino dell'Europa essere schiacciata sotto il calcagno del militarismo germanico, e a noi fosse tolta ogni possibilità di contribuire alla lotta generale, contro siffatta iattura, la sola politica ragionevole per noi sarebbe di piegare il capo in silenzio, subire in compagnia degli altri vinti l'onta comune, e preparare l'avvenire riparando gli errori del passato in un lungo paziente lavoro di restaurazione morale e intellettuale. I popoli 364 BibliotecaGino Bianco
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