" Come siamo andati in Libia " e altri scritti dal 1900 al 1915 delle vecèhie questioni internazionali, dando luogo ad un equilibrio piu stabile dell'antico, in cui le forze della pace possano riprendere in migliori condizioni di efficacia quel lavoro di consociazione dei popoli che oggi sembra dissipato per sempre, ma di cui ben presto si ripresenterà a tutti gli spiriti la fatale necessità. Bisogna che questa guerra uccida la guerra. E affinché ciò sia possibile, è necessario che la vittoria appartenga a] gruppo internazionale piu numeroso, meno omogeneo, piu difficile a conciliare dopo la vittoria in un'opera di sopraffazione contro i vinti. Quanto maggiore sarà il numero delle nazioni vittoriose, tanto piu saranno limitati gli appetiti di ciascuna. Una vittoria austro-germanica non risolverebbe nessuno dei problemi, che affaticarono la vecchia Europa; ma tutti li inasprirebbe con le _ nuove prepotenze dei vincitori. Una grande lega di nazioni, a cui partecipino l'Inghilterra, la Francia, la Russia, l'Italia, e tutte o quasi tutte le nazioni minori, sarà un grande esperimento pratico della federazione dei popoli: a] principio delle alleanze offensive e difensive, si sostituirà irresistibilmente la pratica giornaliera della società giuridica fra le nazioni. Il diritto internazionale, che gli adoratori della "politica delle mani sporche " e della brutalità bismarckiana decantano morto e sepolto, comincerebbe proprio oggi a vivere di vita reale nello sforzo concorde dei popoli liberi contro le minacce dell'imperialismo austro-germanico. Per noi italiani, poi, è desiderabile che la presente crisi non si chiuda senza che sia stabilmente risoluto il problema degl'italiani dell'Austria e quello dei nostri rapporti con le popolazioni slave che s'affacciano ali'Adriatico. Se questi problemi rimanessero sospesi, o fossero assestati male, il movimento democratico italiano si ritroverebbe fra i piedi la pregiudiziale dell'irredentismo e le preoccupazioni dell'equilibrio adriatico. Già che il giorno è venuto, è desiderabile che tutti i nodi sieno tagliati, affinché il nostro paese possa liberamente dedicarsi da ora in poi al compito immane della sua restaurazione interna - il solo e il vero compito della nostra vita nazionale. Ora anche questi problemi d'interesse nostro speciale noi non possiamo risolverli se non nel caso di una vittoria finale della Triplice Intesa. Noi non presumiamo troppo della potenza del nostro paese. L'Italia non rappresenta assolutamente nel mondo che una forza assai modesta e tutt'altro che solidamente organizzata. Noi non siamo, e non saremo chi sa fino a quando, quella " grande potenza," che i nazionalisti vanno farneticando. Noi vorremmo essere sicuri di essere almeno la prima delle piccole potenze rinunziando alla posizione pericolosa di essere l'ultima delle grandi. Noi siamo (Italia settentrionale) un Belgio, piu grande ma meno ricco e meno civile del Belgio vero, a cui è appiccicata (Italia meridionale) una Serbia, piu grande, ma meno bellicosa della Serbia che sta al di là dell'Adriatico. Ma relativamente valiamo qualcosa anche noi. Il nostro intervento marittimo può aggiungere forze utilissime alla superiorità navale della Inghilterra, e aiutarla nella distruzione della potenza navale germanica. Il nostro intervento 360 BibliotecaGino Bianco
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