Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

Fra la grande Serbia ed una piu grande Austria Piemonte del 1859. Noi non possiamo desiderare la sconfitta del principio nazionale nella penisola balcanica, dopo averne glorificato il trionfo nella penisola italiana. Noi abbiamo una coscienza sola: e centro di questa coscienza è il vecchio, ma eterno, principio morale: fa agli altri quel che vuoi sia fatto a te. Noi sentiamo il dovere di andare incontro alla guerra con cuore fermo e sereno, quando ogni altra via sia chiusa per combattere l'ingiustizia altrui e per tutelare il diritto nostro; ma co.nsideriamo _la guerra come una detestabile calamità, che non arreca neanche al vincitore piu vantaggi di quanti ne avrebbe prodotti un onesto giudizio arbitrale, e vi aggiunge le ferocie di una lotta inumana. E appunto per questo vorremmo che sempre i responsabili della guerra fossero disfatti. E in questo caso, checché vadano insinuando i nostri ufficiosi austro-tedeschi, la responsabilità dell'aggressione malvagia è tutta dell'Austria e della Germania. Finalment~, noi sentiamo che questa lotta avrà effetti di enorme importanza su le condizioni politiche, in cui le organizzazioni della classe lavoratrice riprenderanno, a guerra finita, ovunque la loro opera di trasformazione sociale. La vittoria della Germania su la Francia sarebbe considerata come la prova della incapacità della democrazia a vivere libera accanto ai regimi politici autoritari, e scatenerebbe su tutta l'Europa i danni e le vergogne di una lunga reazione antidemocratica. Noi vorremmo che il principio democratico uscisse vittorioso da quest/ardua prova: rompesse nell'impero tedesco quel nodo di forze conservatrici, contro cui si sono manifestati finora sempre inefficaci gli sforzi del partito socialista; demolisse in Austria l'impalcatura clerico-feudale dello Stato, accelerando la trasformazione del dualismo sopraffattore tiedesco-magiaro su una federazione pacifica di nazionalità autonome; chiudesse nella penisola balcanica l'èra delle lotte nazionali e aprisse quella dei progressi soci~li sul terreno sgombro da tutti gli ostacoli creati da un tragico passato; si consolidasse definitivamente nei paesi dell'Europa occidentale e meridionale. Né la partecipazione della Russia assolutista al trionfo della civiltà europea democratica rappresenterebbe una minaccia per il mondo ideale e sociale, che ci è caro: perché non mai come in questo momento si potrà ripetere per lo zarismo il vecchio motto virgiliano: sic vos non vobis. Dunque niente neutralità "assoluta"; ma neutralità armata, e in caso di necessità, anche intervento armato ... se sarà possibile. Se sarà possibile. Cioè se un precipitoso trionfo generale austro-tedesco non precipiterà noi, come tutta la restante Europa occidentale e meridionale, sotto il giogo del militarismo teutonico; e se le nostre forze militari consentono un intervento efficace, sconquassate come sono da quella impresa libica, che ha indebolito l'Italia nel momento stesso in cui dava la spinta ad una crisi, di fronte a cui l'Italia avrebbe avuto bisogno di trovar fresche e nella massima efficienza tutte quante le sue attività. Ma se la guerra· durerà alcune settimane, alla fine di questo tremendo sforzo gli stessi vincitori, quali che essi sieno, salvo circostanze imprevedibili, si troveranno cos1 fiaccati, che anche le me349 24. B blioteca Gino Bianco

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