Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

·' Come siamo andati in Libia" e altri scritti dal 1900 al 1915 Finché farà comodo all'Austria. Essa non ha mai difeso sul serio il buon diritto albanese: ieri era pronta a mercanteggiarlo contro il Lovcen, domani non si farà troppi scrupoli, se preveda di poter distaccare per mezzo di essa il cocciuto separatismo della piccola d.inastia montenegrina dalla grande Serbia. Né la Russia patrona del Montenegro, né la Francia che lottò con la Russia fino all'ultimo momento per dar Scutari al Montenegro, né la Germania indifferente, né l'Inghilt<:rra lontana avran ragione di rifiutarsi alla proposta austnaca. C'è l''ltalia, è vero. Ma la pùJ che grande Italia (dopo Tripoli quali aggettivi rimangono al nostro povero vocabolario?) resterà devotamente a pescare i ranocchi dei pantani di Valona che furono il prezzo della sua tacitazione. Essi le impediranno definitivamente d'interloquire nella cosa balcanica: alienata per sempre dagli animi degli albanesi, invisa al mondo indipendente di Balcania, dovrà assistere colle mani alla cintola nella piu buddistica indifferenza a tutta la durata di una guerra, dalla quale potrà uscire o una Trieste serba od una Serbia austriaca. I vostri sono sogni - ci si dirà. E tali vorremmo che fossero. Ma affinché i sogni non divenissero realtà, bisognerebbe farla finita con certi machiavellismi, che ormai non ingannano nessuno, e che a conti chiusi, si rivelano terribilmente imparentati coll'arte dei pifferai di buona memoria. Alle commedie di amichevole odio o di ostile amicizia, che si rappresentano fra Austria ed Italia in Albania, sarebbe tempo che una seria voce della democrazia in Parlamento (se una democrazia, che non sia ruffiana, c'è ancora fra noi) ponesse un fermo, imponendo al ministro degli Esteri di parlar chiai-o. Fra la grande Serbia ed una pi,u grande Austria 1 Per determinare la linea di condotta, che meglio può convenire all'Italia nell'attuale crisi internazionale, esiste un solo strumento d'indagine, per quanto sia di uso estremamente delicato e pericoloso: supporre risoluta la crisi in un senso piuttosto che in un altro, e calcolare le probabili conseguenze rispetto a noi della soluzione supposta. 1 Pubblicato in "L'Unità," a. III, n° 32, 7 agosto 1914, pp. 561-562, e riprodotto nel vol. 11 L'Unità" e "La Voce," cit., pp. 420-426. [N.d.C.] 344 BibliotecaGino Bianco

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