Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

·• Come siamo andati in Libia " e altri scritti dal 1900 al 1915 III Tutto questo, però, se spiega "perché siamo andati in Libia," o meglio " perché, o prima o poi, era destino che ci andassimo," non spiega perché ci siamo andati in quel momento e non prima e non dopo. A questo proposito, si è parlato di una minaccia di immediata occupa· zione militare della Libia, o di parte della Libia, per opera della Germania, o dell'Inghilterra, o della Francia, o di chi sa chi - minaccia a sventare la quale il Governo italiano avrebbe da un momento all'altro decisa l'impresa. Ma la notizia è stata piu volte smentita, né - per chi esamini per poco i rapporti internazionali nell'estate del 1911 - presenta alcun elemento di credibilità. 2 Ma smentito e ritenuto incredibile il fatto materiale in sé, restano sempre le circo_stanzeche prima o poi la Libia doveva essere occupata da qualcuno, e che in Italia era un dogma quasi universalmente accettato che la occupazione per opera altrui sarebbe stata un disastro per noi, e che pertanto la Libia doveva essere occupata, o prima o poi, da noi. In siffatte condizioni dello spirito pubblico, la questione della Libia era divenuta una specie di inciampo continuo nella politica estera italiana. Finché questo problema fosse stato sospeso in quanto questione internazionale, la Libia avrebbe servito sempre nelle mani delle altre potenze come un motivo o un pretesto per crearci difficoltà, per farci pagare il loro consenso alla ipoteca da noi accesa, per ricattarci. La Libia minacciava, soprattutto, di pesare in maniera assai dannosa per noi nelle trattative per il rinnovamento della Triplice Alleanza o per una eventuale adesione nostra alla Triplice Intesa. Bisognava chiudere questo capitolo della nostra politica estera: chiuderlo con la conquista, che sembrava del resto facilissima,3 - dal momento che eravamo cos1 ignari dei nostri reali interessi da non volerlo chiudere con una rinuncia, che, beninteso, fosse frutto non di fiacchezza ma di ferma e consapevole volontà. E la conquista, già che doveva avvenire, era bene che avvenisse prima della scadenza della Triplice Alleanza (1913). Il momento buono, già che lo sproposito si doveva fare, sarebbe stato l'autunno del 1908, allorché scoppiata in Turchia la rivoluzione contro Abdul2 Specialmente sull'assurdo di attribuire alla Germania - che è stata la maggiore indiziata - un progetto di occupazione militare immediata nel settembre del 1911, si vedano le osservazioni decisive di Cesare Spellanzon nel " Secolo " del 21 febbraio 1914. 3 " Nessun ministro e nessun uomo politico serio credeva che la guerra libica si sarebbe tanto prolungata, sarebbe costata tanto, fosse seguita dalla guerra balcanica ": cosi ha scritto l'on. Luzzatti sul " Corriere .della Sera " del 21 dicembre 1913. E nel "Corriere della Sera" del 15 febbraio 1914 scriveva: "Il ministero del 1910 (cioè quello dell'on. Luzzatti) prevedeva la possibilità della guerra libica? Prevedendola voleva munirsi di questo eccezionale mezzo (art. 16 della legge 17 luglio 1910), per quanto la necessità di una guerra, o meglio di una dimostrazione navale, potevano farsi palesi all'improvviso e a Camera chiusa? Si tratta di gravissime domande, alle quali a tempo opportuno si risponderà." Ma un anno prima l'on. Luzzatti aveva già risposto sul H Corriere della Sera," attribuendo a sé il merito di aver preparato quel " mezzo eccezionale," proprio in vista della non lontana impresa libica. Nella quale, dunque, si aspettava di riportar facile successo con una semplice " dimçstrazione navale "! 328 BibliotecaGino Bianco

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