Perché siamo andati in Libia piute, se non con enormi sperperi di capitale, a tutto detrimento dell'Italia, e specialmente delle regio!)-ie delle classi piu disagiate dell'Italia. Questo volurpe, raccogliendo e coordinando le prove della colossale mistificazione, di cui è stato vittima il nostro paese, servirà - speriamo - a intensificare nei lettori la riluttanza a consentire per la Libia spese, di cui non risulti dimostrata la effettiva necessità con argomenti e con affermazioni assai piu serie di quelle, che nel 1911 servirono a creare l'illusione della "terra promessa." 3) Lo storico, il quale in avvenire vorrà ricostruir.e questo torbido periodo della nostra vita nazionale, dovrà giudicare che la colturà italiana nel primo decennio del secolo XX doveva essere caduta assai in basso, se fu possibile ai grandi giornali quotidiani e ai giornalisti, che pur andavano per la maggiore, far credere all'intero paese tutte le grossolane sciocchezze, con cui la impresa libica è stata giustificata e provocata. - Non esistevano, dunque, in Italia studiosi seri e coscienziosi? Che cosa facevano gl'insegnanti universitari di geografia, di storia, di letterature classiche, di diritto internazionale, di cose orientali? Credettero anch'essi alle frottole dei giornali? E se non ci credettero, perché lasciarono che il paese fosse ingannato? Oppure considerarono la faccenda come del tutto indifferente per la loro olimpica serenità? - La risposta a queste domande non potrà essere molto lusinghiera per la nostra generazione. Ma a render meno incondizionata la condanna, noi speriamo possa servire questo volume, da cui risulterà che non tutti in Italia nel 1911 e nel 1912 perdettero la testa dietro alle mistificazioni dei giornali, e che non mancarono neanche alla nostra generazione uomini capaci di mettersi contro la corrente generale, e di lasciarsene travolgere piuttosto che secondaria. II Ho intitolato questo libro "Come siamo andati in Libia," non "Perché siamo andati in Libia." Ma il libro indirettamente spiega il perché. Avrebbe, infatti, il popolo italiano consentito con tanto slancio all'impresa, e l'impresa sarebbe stata possibile, se il nostro popolo non fosse stato ingannato sulla ricchezza della preda e sulla facilità della conquista? E gli stessi uomini di stato, che dieci anni prima avevano impegnata diplomaticamente l'Italia in quest'impresa, avrebbero fatto questo passo, qualora avessero meglio calcolati gli effetti prossimi o lontani della loro iniziativa, e i vantaggi e i danni che il paese poteva aspettarsene? L'on. Giolitti, poco dopo avere iniziata la guerra, la spiegava nel famoso discorso di Torino come la conseguenza di una "fatalità storica." La spiegazione non spiegava nulla. Ma ebbe fortuna, perché... è la sola spiegazione possibile. Si. C'è stata realmente una "fatalità storica," che ci ha condotti, che ci doveva condurre alla conquista della Libia ... 327 I BibliotecaGino Bianco
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