Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

"Come siamo andati in Libia" e altri scritti dal 1900 al 1915 mezzo termine che non fosse la sovranità intera e incondizionata dell'Italia sulla Libia, affermava che questa sovranità si basava oramai giuridicamente non solo sul fatto della conquista avvenuta, ma anche sul consenso non dubbio al nuovo regime delle popolazioni indigene, sottratte all'oppressione ottomana? Non fu, dunque l'Idea nazionale, che ancora nel numero del 2 novembre, dopo i fatti di Sciara-Sciat, scriveva: Noi non crediamo affatto che il tradimento degli arabi sia il segno di una sollevazione generale degli arabi contro di noi? Crede forse il dottor Balanzone, che tutte le vecchie copie dell'Idea nazio~ nale sieno sparite da questo mondo? A far dimenticare le responsabilità, che risultano da tutti i giornali del1'anno scorso per lui e per i suoi amici, il sig. De Frenzi ricorda che prima di Sciara-Sciat egli denunciò sul Giornale d'Italia "i gravissimi pericoli a cui ci esponeva la nostra passiva cecità verso la popolazione indigena." E difatti nel Giornale d'ltal.ia del Z6 ottobre, fu pubblicata una corrispondenza da Tripoli del 19 ottobre, in cui il sig. De Frenzi accennando assai discretamente alle idee degli "impazienti," i quali non prestavano fede agli atti di sottomissione degli arabi e sospettavano qualche tranello, dichiarava anche: " Gl'impazienti hanno torto." Ma anche ammesso che il grido di allarme contro i "gravissimi pericoli" fosse in questa corrispondenza cos1alto come il sig. De Frenzi ·vuol ora far credere, in che cosa diminuirebbe esso la responsabilità di coloro che per tutta l'estate passata blaterarono di passeggiata militare? Quella corrispondenza vuol dir solo che, allorché il colpo della spedizione era oramai lanciato e irrevocabile, ùn nazionalista solo allora cominciò ad accennare assai discreta.mente alla opportunità di non fidarsi. O questa sacrosanta verità il sig. De Frenzi la conosceva fino dall'estate, allorché i suoi amici e il suo giornale facevano credere alla facilità dell'impresa, grazie all'amicizia araba, e in questo caso, non opponendosi alla bugia generale, il sig. De Frenzi si è reso complice consapevole e volontario, per quanto passivo, dell'inganno. O il pericolò egli lo vide solamente allorché fu a Tripoli, dopo che la guerra era cominciata, e allora con quale diritto pretende sciogliersi egli personalmente dalla responsabilità collettiva dei suoi contubernali e del suo giornale? Una bugia Gli scrittori dell'Idea affermano che l'Unità ha pubblicato "lettere di soldati antimilitaristi," e per questo reato denunciano il sottoscritto come "so250 Biblioteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==