Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia
Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio Xl Il 20 settembre 1922 otto senatori aderenti al partito popolare pub– blicarono una lettera a don Sturzo, nella quale deploravano che "il partito popolare, sorto per fomen·tare l'armonia delle classi [...], non ha sempre sapu– to e potuto sottrarsi a talune divergenze interne ed a talune deviazioni esteriori": I sottoscritti L. .J sanno non vera l'accusa da taluni rivolta al gruppo parlament-are popolare di aver cercato alleanze od intese con partiti, incompatibili coi princip1 per noi fondamentali. [...] Tuttavia non è inutile ribadire il convincimento che certi connubi ripugnanti ai princip1 piu sacri e piu necessari della vita sociale, non debbono essçre ammessi, e molto meno cercati. 20 Uno degli otto .firmatari, il conte Santucci, era presidente del Banco di Roma; un altro, il conte Soderini, era ex-presidente del Banco di Roma; un altro, il conte Grosoli, era consigliere d'amministrazione del Banco di Roma: tutti e tre avrebbero avuto dei conti da rendere alla giustizia se il Banco di Roma fosse fallito. Due altri, Montresor e Crispolti, erano noti come uomini di .fiducia di Pio XI e del cardinal Gasparri. Gli otto senatori non osavano dire esplicitamente che la sola alleanza compatibile coi "princip1 piu sacri e piu necessari della vita sociale," era quella col partito fascista. Si limitavano a respingere l'alleanza coi socialisti. Il resto veniva da sé. Due settimane non erano passate, e il 2 ottobre 1922 entrò ufficial– mente in campagna il cardinal Gasparri in persona. In una circolare ai vescovi italiani, egli protestò "energicamente" ancora una volta contro le "insinuazioni, assolutamente false e calunniose," che il partito popolare fosse "una emanazione della Santa Sede o l'esponente dei cattolici nel Parlamento e nel Paese"; la Santa Sede intendeva rimaner "fedele al principio di non la– sciarsi trascinare nel giuoco delle competizioni politiche": "essa era rimasta sempre e intendeva rimanere totalmente estranea al Partito Popolare come ad ogni altro partito politico." Beninteso che essa si riservava "di assumere verso di esso, come verso altri partiti, un atteggiamento di riprovazione e di biasimo, ove fosse venuto a mettersi in contrasto coi princip1 della reli– gione e della morale cristiana"; la Santa Sede non negava ai vescovi e ai sacerdoti il diritto di avere in quanto privati cittadini le loro preferenze politiche, ma prescriveva loro che "in quanto Vescovi e Parroci essi dovran– no tenersi in tutto alieni dalle lotte dei partiti, al disopra di ogni competi– zione meramente politica"; certo non era facile distinguere il privato cittadino dal vescovo o dal parroco; nei casi dubbi, era obbligo astenersi. 21 Che il partito popolare non fosse un'emanazione della Santa Sede., il partito popolare lo ripeteva in tutti i toni e in tutte le occasioni. Il car– dinal Gasparri quindi, non diceva che la pura verità. Ma la forma che egli dava a questa verità e la violenza con cui rifiutava le "insinuazioni assolutamente false e calunniose," erano rivelatrici: egli trattava il partito 264 20 "Corriere d'Italia " Roma, 20 settembre 1922. 21 "Giornale d'Itali~," Roma, 20 ottobre 1922. BibliotecaGino Bianco
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