Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

L'enciclica "Il fermo proposito" annunciò il nuovo piano d'azione. In questo documento, Pio X, dopo aver condannato ancora una volta la democrazia cristiana,1° annunciò che "ra– ' gioni gravissime" lo dissuadevano dallo scostarsi da quella norma, secondo ··1a quale "rimane[va] in genere vietata in Italia la partecipazione dei catto– lici al potere legislativo," ma subito aggiunse: Senonché altre ragioni parimenti gravissime, tratte dal supremo bene della Società, che ad ogni costo deve salvarsi, possono richiedere che nei particolari si dispensi dalla legge, specialmente quando Voi, Venerabili Fratelli, ne riconosciate la stretta necessità pel bene delle anime e dei supremi interessi delle Vostre Chiese, e ne facciate dimanda. 11 In parole povere, il non expedit era mantenuto come regola generale; ma poteva essere sospeso caso per caso dai vescovi nelle singole diocesi, dopo che questi fossero stati autorizzati a ciò dalla Santa Sede. Nel 1906 tutte le organizzazioni cattoliche italiane, circa 12.000, fu– rono raggruppate in 4 Ùnioni nazionali: 1) l'Unione popolare, che avrebbe provveduto· alla propaganda; 2) l'Unione economico-sociale, che avrebbe controllato banche, cooperative, sindacati, ecc.; 3) l'Unione elettorale, che avrebbe diretto l'azione degli elettori e degli eletti cattolici; 4) la Gioven– tu cattolica italiana, a cui sarebbero state affiliate tutte le organizzazioni giovanili. Qualche anno piu tardi, a queste prime quattro se ne aggiunsero altre due: 5) l'Unione delle donne cattoliche italiane; e 6) la Federazione uni– versitaria cattolica italiana. I presidenti nazionali della Gioventu cattolica e della Federazione universitaria erano eletti dai soci; quelli delle altre or– ganizzazioni dal papa. Una "Giunta centrale dell'azione cattolica," sedente in Roma, composta dai presidenti delle organizzazioni nazionali, doveva coordinare il lavoro di tutte. In ogni diocesi, una Giunta diocesana, co– stituita a somiglianza della Giunta centrale, aveva, entro i confini della diocesi, le stesse attribuzioni della Giunta centrale. A tutte le riunioni di qualunque organizzazione doveva intervenire un assistente ecclesiastico, de– signato dal papa per le riunioni nazionali, dal vescovo per le diocesane e dal parroco per le parrocchiali. L'assistente ecclesiastico trasmetteva alle riunio– ni il pensiero delle autorità ecclesiastiche e riferiva a queste sull'andamen– to delle associazioni, in modo che le autorità potessero intervenire non ap– pena si manifestassero dei sintomi di disubbidienza o altri disordini. I democratici cristiani non resistettero a questi colpi. Si trovarono condannati dalla Chiesa perché ribelli, mentre erano combattuti dai nazionali 10 Nel ms. de La prima disfatta della democrazia cristiana: "In questo documento il ter– mine 'azione cattolica' prende ufficialmente e definitivamente il posto del termine 'cristianesimo sociale,' 'cattolicismo sociale,' 'democrazia cristiana.' E di tutte le possibili iniziative dell'Azione cattolica si dice che 'devono in ogni menoma cosa essere subordinate all'autorità della Chiesa e quindi anche all'autorità dei Vescovi.' 'Sconsigliati' furono quei 'pochi' che 'vollero accingersi ad una missione che non ebbero da Noi [ ... ], e si fecero a promuoverla, non solo senza il debito ossequio all'autorità, ma perfino apertamente contro il volere di lei,' 'moto pernicioso che già si andava formando' e che il papa ha dovuto condannare. Specialmente i sacerdoti non debbono prender parte ad attività di carattere sociale, se non d'accordo col loro vescovo." [N.d.C.] l'l Le encicliche sociali dei papi, cit., p. 190. [N.d.C.] 167 BibliotecaGino Bianco

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