LE RICERCHE NELLA CAMPAGNA ROMANA • Uccidete me, ma l'Idea che è in, mc non l'ucciderete mai •. Così Giacomo Matteotti disse ai suoi carnefici. Una frase che può sembrare troppo lunga e un pochino retorica per un moribondo. Eppure è stata detta e a riferirla sono stati gli unici testimoni : i suoi assassini. La sera del 10 giugno, la banda Dumini rientrò a Roma e si recò da Marinelli, il segretario amministrativo del partito fascista, nonché l'uomo che aveva dato l'incarico di • procedere • - probabilmente perché ricevuti ordini • superiori • - nei confronti di Matteotti. Sempre nella serata, consegnarono il Passaporto di parlamentare socialista, al segretario personale di Mussolini. Qualche giorno dopo, Velia Matteotti si recò da Mussolini implorando la restituzione • vivo o morto • del marito. Mussolini ipocritamente rispose : • Lo farei volentieri Signora, ma le do la mia parola che io non so nulla •. Circolarono intanto le prime notizie del rapimento di Matteotti. Mussolini assicurò la Camera che il governo avrebbe fatto luce sull'avvenimento. L'on. Gonzales, socialista, denunciò alla Camera e al Paese il fatto atroce e senza precedenti. Il 12 Giugno, sull'esercizio provvisorio del Bilancio, Mussolini pose alla Camera il voto di fiducia e il conteggio dei voti dette un risultato incredibile : 225 voti a favore e 21 contrari. Votarono per il governo persino quei gruppi che, qualche giorno più tardi, seguiranno le opposizioni sull'Aventino. Nel Paese, appena si diffusero le voci sulla scomparsa di Matteotti, l'opinione pubblica venne scossa e sicuramente negò la fiducia ad un governo che sospettava colpevole di assassinio. Sono i gio_rni in cui molti distintivi fascisti si trovavano facilmente per terra. Biblioteca Gino Bianco
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