PARTITSOO. CIALISITA LIANO SEZIONE DELLl'INTERNAZIONALE SOCIALISTA FEDERAZIODNI EROMA DEI MINISTRI Smmura di missione :mnivcrsari nm:ionali cd C\'Cllli spc)l1ivi nazionali e im~rnazìonali AGOSTO 1924 - SOLDATI E DONNE DEL POPOLO HANNO ALZATO UN RUSTICO CIPPO, RICOPRENDOLO DI FIORI, SUL PUNTO DEL BOSCO DELLA QUARTARELLADOVE FURONO TROVATI, IL 16 AGOSTO 1924, SEPOLTI A FIOR DI TERRA, I RESTI MARTORIATI DI GIACOMO MATTEOTTI. . ' . . . ' · 49-°ANNIVERSARIO DELL~ASSASSINIO DI GIACOMO ATTEOTTI
• Siamo i primi a rendere al popolo lavoratore, e a volere salvaguardato da esso, il retaggio di questi martiri della lotta socialista. Siamo noi a dire che questo sacro patrimonio non può essere in possesso di un partito, ma che in comune appartiene alle organizzazioni di lotta degli sfruttati, e degli oppressi, che erigono pietra su pietra, con la costruzione di ogni giorno, il futuro della umanità libera•. RODOLFO MORANDI - 1954 Opuscolo redatto da Giuseppe Manfrin ed edito a cura delle Federazioni di ROMA e di ROVIGOdel PSI - Via del Corso, 262 Biblioteca Gino Bianco
RIAFFERMIAMO NEL NOME DI GIACOMO MATTEOTTI IL NOSTRO I/V/PEGNO ART/FASO/STA ( « Io non intendo più oltre assistere a simile mortorio. Cerco la vita. Voglio la lotta contro il fascismo. Per vincerla bisogna inacerbirla. Ci vuole gente di buona volontà e non degli scettici. Fin da ora certamente ti dico che io non resto un minuto di più in un posto, dove non ottengo niente, perché nessuno risponde».) G. Matteotti Questa pubblicazione vuole costituire, un contributo .al ricordo di Giacomo Matteotti nel 49° anniversario del 'suo martirio. La morte e la vita di Giacomo Matteotti sono patrimonio di tutto lo schieramento democratico e popolare. Ricordarlo dunque per noi socialisti è l'occasione non solo per rimuovere il suo impegno ideale e politico, ma anche e sopratutto per arricchire e adeguare ai compiti attuali, la nostra iniziativa politica, la nostra strategia di consolidamento e di espansione degli istituti democratici. Non si tratta di un'affermazione rituale e burocratica, bensi della consapevolezza che mai come oggi - in questo trentennio .dell'Italia Repub· bl.icana - forze democratiche sono chiamate a confrontarsi. e a battere un disegno reazionario che presenta molte analogie con quella che culmino nel barbaro assassinio di • quel 10 giugno del 1924. 49 anni fa la strategia fascista delle tensione e del caos segnò uno dei momenti più crudeli e spietati. Oggi noi assistiamo a un disegno dal senso politico sostanzialmente analogo: scardinare la legalità repubblicana, l'ordine democratico per procedere ad una svolta autoritaria della vita italiana. Ieri, cioè 49 anni fà, si strumentalizzò il malcontento def reduci dal fron~ te, dei combattenti della grande guerra per approfondire il distacco tra istituzioni e popolo, per contrapporre il secondo alle p_rime. La monarchia favorì queste manovre schierandosi sostanzialmente a fianco del fasci• smo. Oggi si tenta di strumentalizzare il malcontento, si • manovra • l'inflazione nel tentativo di sospingere a destra i centri intermedi. Contemporaneamente si è sviluppata in Italia un'oscura trama di violenza. (Dalla strage di P. Fontana a quella di via Fateber:e fratelli (attraverso una serie di episodi inquietanti) emerge con chiarezza il disegno di seminaBiblioteca Gino Bianco
re nel Paese caos e disordine nel tentativo di strumentalizzare malcontenti. disegni in chiave autoritaria. E' questo sostanzialmente il volto del neo fascismo, queste le· strade attraverso le quali si tenta di arretrare gli equilibri democratici. In .questo quadro la lotta antifascista viene a identificarsi necessariamente non solo con quella per la salvaguardia del quadro democratico, ma con quella per la lotta per l'espansione della democrazia. Sarebbe infatti un errore ·grave se i·I movimento operaio e democratico cadesse in quella rassegnata e ottimistica inerzia che cinquant'anni fà costituì una delle ragioni della conquista del potere. da. parte del fascismo. · Giacomo Matteotti, la sua morte e. la sua vita, costituisce invece un .pun, to di riferimento essenziale.,per chiunque sia convinto che la democra, zia non si difende da sola ma deve essere salvaguardata ed esaltata con una precisa iniziativa di quelle forze politiche che, per la· loro origine e per gli interessi sociali che rappresentano, sono le sole interessate alla lineare e coerente espansione della democrazia, · e al funzionamento progressivo delle istituzioni repubblicane. Con questo impegno i socialisti ricordano Giacomo Matteotti a 49 anni dal·la.sua uccisione. Questa. ricorrenza· per i socialisti non costituisce occasione di retorica, ma. riafferma l'impegno ad un'iniziativa antifascista adeguata ai problemi pol'itici attuali. PIERLUIGI SEVERI Biblioteca Gino Bianco
Giacomo Matteotti nacque a Fratta Polesine (Rovigo) il 22 maggio 1885 da una agiata famiglia originarla dal Trentino. Sotto l'influenza e l'esempio dei due fratelli maggiori, Matteo e Si·lvio, il suo accostamento al socialismo avverrà a soli 14 anni. Completò brillantemente gli studi, prima al Liceo • Celio • di Rovigo e poi presso l'Ateneo Bolognese, dove si laureò In giurisprudenza. La sua tesi di laurea • La recidiva - Saggio di revisione critica con dati statisticl • venne pubblicata nel 191O. Dopo la laurea, seguitò gli studi compiendo viaggi in Francia, Germania, Belgio, Inghilterra per studiare la legislazione penale e gli istituti di pena, Aveva ormai una salda· cultura sia giuridica che statistica e una profonda conoscenza anche pratica dei problemi finanziari, ammlnistratl'Ji e cont11blll. La sua adesione al PSI avvenne nel 1904. Nel partito, Giacomo Matteotti assunse subito una posizione precisa come organizzatore dei lavoratori agricoli del Polesine. I grossi problemi che si trovò di fronte e da risolvere, furono : l'organizzazione delle Leghe di resistenza; l'.fmpontbile di mano d'opera; gl·i uffici di collocamento. L'impegno di Matteotti su questi problemi si ritrova negli aP.Passlonati articoli ch'egli scrisBiblioteca Gino Bianco GIACOMOATTEO FRATTA POLESINE 22 MAGGIO 1885 ROMA10 GIUGNO m, se per il settimanale dei socialisti di Rovigo • La lotta •. . Dal 191O fece parte del ConsigHo Provinciale di Rovigo del quale sarà per un breve periodo di tempo, anche il Presidente e, nel 1912, venne eletto Sindaco del Comune di Villamarzana, Assessore in quello di Fratta Polesine e consigliere in un'altra decina di Comuni, grazie alla Legge elettorale a voto plurimo, nelle elezioni amministrative, legato al censo. Quando Matteotti diventò parlamentare, presentò una' proposta di legge per l'abolizione del diritto elettorale per censo. Matteotti si dedicò assiduamente, prodigandosi con .tenacia, energia e competenza, nelle organizzazioni di classe e in quelle pubbliche (Lega di resistenza, Comune, scuola, cooperativa, università popolare, ufficio di collocamento), cioè in quegli istituti Intermedi dell'organizzazione politica e sociale nel quaH si poteva formare la nuova società socialista. Nél 1916, al Congresso dei Comuni socialisti, presenti uomini esperti come Caldara, Sindaco di Milano. e Zanardl, Sindaco di Bologna, l'amministratore Polesano, neanche compreso nella rosa dei relatori, ne diventò Il protagonista e venne eletto se·gretarlo della Lega.dei Comuni socialisti. DI fronte alla prima guerra mondiale, il suo atteggiamento fu di rigidissima opposiZlone.
ROMA 1921 - UN CAMION DI SQUADRISTI FASCISTI Prese posizione contro il cosiddetto interventismo democratico e contro le posizioni confuse di • né aderire né sabotare • sia dei riformisti che dei massimalisti. Polemizzera persino con Turati, convinto che per sostenere la lotta contro la guerra, occorresse essere pront-i anche per un'azione rivoluzionaria. Il 5 maggio 1914, Matteotti pronunciò in Consiglio Provinciale di Rovigo, un discorso contro la guerra e venne denunciato e condannato per disfattismo. Sarà assolto poi •in Cassazione, avendo imposto ai suoi avvocati di sostenere la tesi dell'immunità dell'oratore in sede di Consiglio provinciale, senza cosl rinnegare e neppure attenuare nulla delle sue affermazioni. Chiamato alle armi, il Comando Militare chiese il suo allontanamento dalla Regione che era compresa nella zona delle operazioni belliche. Non venne ammesso, per i suoi preBibliotecaGino Bianco cedenti, al corso allièvi ufficiali e, infine, venne relegato, per tut~o 11periodo delle ostilità, in una sorta di internamllnto in Sicilia. Congedato nel marzo del 1919, tornò nel Polesine. Cominciarono le aspre lotte sociali : Matteotti si trovò sempre in prima fila. la stipulazione di un nuovo contratto agrario nel 1920, confermò e perfezionò due conquiste fondamentali dei lavoratori : il riconoscimento delle leghe e la imponibilità di mano d'opera. Matteotti continuò, fra il 1919 e il '20, quell'opera minuziosa e puntigliosa di educazione all'autogoverno che aveva iniziata prima della guerra. A dargli ispirazione e spazio per una politica negli Enti locali fu la conquista da parte del PSI di tutti i 63 comuni della provincia di Rovigo e la conquista di 38 seggi su 40 nei Consiglio Provinciale.
Sui problemi comunali e sulla finanza locale, pubblicò, in quegli anni, diversi saggi apparsi su • Critica Sociale •, I'• Avanti! •, • La Giustizia •, • ·La lotta •, di Rovigo, il • Comune Democratico •, la • Nuova Antologia •, nonché opuscoli divulgativi ed educativi come • Alla conquista del Comune •. Nel 1920 Istituì l'ufficio di consulenza legale e di ispezione amministrativa per I 63 comuni del Polesine, fu appassionato ai problemi della pubblica istruzione, per cui la fondazione di biblioteche popolari e scolastiche e il riordinamento delle scuole primarie nei comuni rurali del Polesine, fu opera sua. Nel novembre del 1919 venne eletto deputato nel Collegio di Rovigo°Ferrara. Nel 1921, non partecipò al Congresso di Livorno, perché impegnato a Ferrara a reggere la Camera del lavoro, dopo che questa Città era stata invasa da bande fasciste. Nacque il fascismo e la caratteristica di questa reazione di classe è nota : non vi fu op- - posizione degli organi di Stato; i prefetti scioglievano le amministrazioni su ordine del fascisti; la polizia arrestava i bastonati e i parenti delle vittime; l'Esercito prestava aiuto, armi e mezzi alle bande agrario-fasciste. In Parlamento più volte denunciò la collusione fra governo e fascisti, documentando, com'era sua abitudine, ogni accusa. Quando alla Camera Matteotti interveniva, I fascisti si scatenavano in ignobili gazzarre e più d'una volta il Presidente dell'Assemblea fu costretto a togliere la seduta o a togliere la parola a Matteotti. Matteotti venne rieletto nel 1921 nel Collegio di Padova-Rovigo e, nel 1924, in due Circoscrizioni : Veneto e Lazio-Umbria. Intensa fu la sua attività parlamentare. Passava ore e ore nella biblioteca della Camera per documentarsi, attingere dati che occorrevano per lottare, con la parola e con la penna, cercando sempre di fondarsi sulle cose e sulla realtà. Oddino Morgari ci ha lasciato di Matteotti un profilo di un parlamentare instancabile : • ..... Conpulsava e sforbiciava libri, giornali, pubblicazioni ufficiali per ricavare - scrisse il Morgari - il materiale da far servire alla lotta; scriveva lettere, articoli, correggeva bozze di stampa; diramava circolari; accorreva nascostamente nei luoghi dove più imperversava il fascismo; alla Camera parlava in riunioni, in commissioni e nell'aula, mentre occorrendo, con un pentola di col-la in mano, girava per Roma per affiggere dei manifesti elettorali antifascisti con pericolo di vita •. Verso la fine del 1923 Matteotti, In un suo libretto : • Un anno di dominazione fascista •, Bibl c eu a1u~i oc 1~M~o piuttosto ampio della politica del fascismo in tutti i campi della vita nazionale. Non poche delle documentazioni sui guasti, le illegalità, le contraddizioni del regime, provenivano da fonti fasciste. Ma in questo suo lavoro, Matteotti dimostrò che ogni operazione finanziaria o repressiva è sempre rivolta contro gli interessi o le organizzazioni proletarie, mentre favorisce sempre e soltanto certi gruppi industriali e agrari. Con le armi delle cifre e dei fatti, Matteotti demolisce tutta la demagogia del fascismo. Dal 1921 egli divenne la bestia nera degli agrari del Polesine, tant'è che subisce una aggressione e rapimento. Sarà costretto, per continuare a dirigere il movimento, a lasciare il Polesine e a costituire una specie di organizzazione clandestina aPadova e Venezia. Faceva ritorno nel Polesine soltanto di nascosto o spesso travestito. Da quel momento li problema del fascismo diventò per lui il problema principale. Matteotti era instancabile. Organizzava convegni di partito nonostante i divieti, sfuggiva ad aggressioni, cambiava sempre residenza, era inseguito e minacciato dai fascisti. Riuscì persino ad· espatriare clandestinamente nell'aprile del 1924, per aver contatti con esponenti della Internazionale Operaia a Parigi, per far tradurre • Un anno di dominazione fasci·sta • a Londra, per portare il saluto del proletariato italiano al Congresso del Partito Socialista Belga a Bruxelles. Da questa tribuna egli denunciò all'Europa e al Mondo, la barbarie che si era abbattuta in Italia; le violenze contro le organizzazioni operaie. Denunciò la profonda natura reazionaria di classe del fascismo e la posslbi-lltà - proprio per questa sua natura - di una l'~•ensione internazionale. Avvertì infine, con intuizione profetica, il pericolo che incombeva sull'Italia e l'Euroi,a intera, per cui difendere la libertà nel proprio paese, significava difendere la libertà di tutti. Quando nel 1922 avvenne una nuova scissione socialista, Matteotti si trovò alla testa del nuovo partito social•ista unitario, di cui venne eletto segretario. Nel PSU si trovarono uomini di grande prestigio come Turati, Treves, Modigliani, Prampolinl, Buozzi, ma Giacomo Matteotti ne era il cervel·lo politico e organizzativo. Nel gennaio del 1924 a Torino, rispondendo a chi gli chiedeva se non temesse ·spedizioni punitive sulla sua persona, rispose che se avesse dovuto subire ancora una volta delle violenze, sarebbe stato o per mano dei sicari degli agrari del Polesine o della banda
kOM,1 192< - SQUADRISTI FASCISTI IN PIAZL~ COLONNA DOPO L'ASSALTO ALLA R•OAt,ONl Oc • IL MONDO,. romana della Presidenza. Fu quest'ultima, infatti, a finirlo. Il suo ultimo discorso alla Camera, pronunciato il 30 maggio 1924, fu una dura requisitoria contro le sanguinose violenze che avevano caratterizzato le elezioni preparate dal governo. Una reale minaccia incombeva. Il 6 giugno 1924, Mussolini rivolto alle sinistre minacciò : • Voi dovreste ricevere una carica di piombo sulla schiena ..... noi siamo ancora in in tempo e ve lo proveremo più presto di quello che non pensiate •. Il 3 giugno il • Popolo d'Italia • scrisse : • Mussolini ha trovato fin troppo longanime la condotta della maggioranza, perché l'on. Matteotti ha tenuto un discorso mostruosamente provocatorio che avrebbe meritato qualche cosa di più tangibile che l'epiteto di • nasnada • lanoiato dall'on. Giunta •. Le elezioni politiche del 1924 si erano svolte sotto il segno della violenza : giornali delle opposizioni devastati; irruzione all'ufficio confederale a Tor,ino e bastonatura dei sindacalisti fra i quali Buozzi; Picci nini; candidato massimalista di Reggio Emilia, assassinato. Mussolini poté ànnunciare al Gran Consiglio che • La prima parte del nostro piano strategico è pienamente riuscito : le opposizioni sono frantumate •. Nel suo discorso del 30 maggio, Matteotti - continuamente interrotto da grida, proteste, rumori e invettive - denunciò implacabilBibiiotecaGino Bianco mente una lunga serie di violenze, l'immoralità della Legge elettorale Acerbo, sostenendo che il popolo •italiano era stato impedito di esprimere la propria volontà e, concluse, proponendo che fosse sospesa ogni decisione sulla convalida dei deputati del listone. Tale proposta scatenò l'ira ed il furore dei fascisti. Mussolini in persona imprecò contro il temerario oratore, chiedendo che glielo togliessero di mezzo. Dieci giorni dopo il 10 giugno 1924, Giacomo Matteotti venne rapito ed ucciso. Le responsabilità di Mussolini per questo delitto sono storicamente fuori discussione. Piero Gobetti osservò che l'assassino di Matteotti doveva far parte di un piano raffinato che veniva certo dall'alto. Il gregario furioso, il fascista esaltato avrebbe potuto - scrisse Gobetti - colpire Turati, Maffi, Lazzari; ma ci voleva un'intelligenza fredda e calcolatrice per scoprire l'avversario vero in Matteott-i, l'oppositore più ·intelligente e più irriducibile. Da allora il nome di Giacomo Matteotti assurse a simbolo, nacque cosi l'etica dell'antifascismo che si identificò con la religione della libertà. Carlo Rosselli scrisse che il sacrHicio di Giacomo Matteotti • ha indicato all'antifascismo quali debbono essere le sue preoccupazioni costanti e supreme : il carattere; l'antiretorica; l'azione •. G. M.
_ ... ____ .
LA RICOSTRUZIONE DEL RAPIMENTO SEGNO APPARSO IN UNA PUBBLIDI GIACOMO MATTEOTTI IN UN DICAZIONE DEL LUGLIO 1924. Era un caldo martedì a Roma il 10 Giugno 1924. Alle ore 16,30 Giacomo Matteotti, deputato socialista, usciva dalla sua abitazione di via G. Pisanelli n. 40, per recarsi alla Camera dei Deputati e alla sede della Direzione del partito in Piazza di Spagna. Appena giunto nei pressi di Villa Almagià, all'angolo con via A. Scialoja, fu aggredito da un gruppo di quattro persone, stordito e caricato su un'auto nera che partì subito velocissima. Matteotti aveva annunciato che sarebbe intervenuto alla Camera i'I 12 giugno, per rivelare i collegamenti .finanziari del fascismo e alcune • iniziative private •, in questo campo, di taluni suoi esponenti. Dopo il discorso del 30 Maggio, che era stata una dura requisitoria contro il fascismo, Matteotti disse che forse era tempo di prepararne l'orazione funebre. L'annuncio di quest'altro suo intervento alla Camera, determinò il vile agguato e la fredda determinazione di far tacere per sempre il battagliero deputato socialista. La sera del 10 giugno, oltre ai cinque assassini, pochi erano già a conoscenza del delitto, fra questi il Presidente del consiglio Mussolini e, forse, la moglie del martire, Velia Matteotti, che già aveva intuito il dramma. Biblioteca Gino Bianco
ROMA - LUNGOTEVERE ARNALOO DA BRESCIA, OOVE AVVENNE IL SEQUESTRO DELL'ON. MATTEOTTI, LA CROCE INDICA IL PUNTO OOVE IL DEPUTATO VENNE AGGREDITO Quando Matteotti vide i quattro ceffi un'altra era rimasto al volante dell'auto) non ebbe dubbi sulle loro intenzioni. Traversò il Lungotevere in diagonale cercando di guadagnare la spalletta del fiume, in modo da gettarsi nel Te- '· vere (egl-i era un buon nuotatore) attraversarlo a nuoto e sfuggire all'agguato. Ma i quattro riuscirono ad impedirglielo. Matteotti lottò solo contro quattro. Egli si difese, reagì, ma un forte colpo lo stordì. Così venne caricato nell'auto. I cinque assassini erano tutti squadristi, tutti coperti di •gloria• di imprese del genere e di reati comuni. Questi i loro nomi : Amerigo Dumini (il capo-banda); Amleto Poveromo; Albino Volpi; Giuseppe Viola e Augusto Malacria. La macchina, una Limousine Lancia a sei posti, era stata noleggiata al garage • Trevi • da Filippo FilippelM, il direttore fascista del • Corriere Italiano•. La grossa vettura partì velocissima verso Ponte Milvio. Dumini che guidava, suonò spesso il clacson per soffocare le grida. Matteotti, ripresosi, tornò a lottare. Ruppe un vetro del finestrino con un calcio e riuscì a gettar fuori la sua tessera di deputato, affinché qualcuno potesse ritrovarla - come accadde - e dare l'allarme. Da una settimana circa la macchina si aggirava nei parag!Ji per preparare il delitto e il suo numero, 55-12169, venne annotato da un p·ortiere di uno-stabile della vicina via Stanislao Mancini insospettitosi dell'atteggiamento dei cinque. Biblioteca Gino Bianco
L'AUTO CON LA QUALE VENNE RAPITO L'ON. MATTEOTTI Quando la macchina fu fuori Roma, sulla via Flaminia, la colluttazione ormai era cessata. Gli assassini avevano finito il loro • lavoro •. Matteotti venne colpito mortalmente con colpi di coltello o pugnale alla carotide e in altre parti del corpo. Sempre in quel pomeriggio del 10 giugno, la macchina sostò a Rignano Flaminio dove era stata predisposta la complicità del locale sindaco fascista. Ma il sindaco, spaventato nel trovarsi di fronte ad un assassinio si rifiutò di prestare aiuto alla banda Dumini. Invece, il capo del fascio locale, da poco liberato dal penitenziario di Palermo dove si trovava per omicidio, trovò la soluzione guidando gli assassini al bosco della Quartarella. In quel luogo il cadavere martoriato di Matteotti, contorto, pestato e piegato in due, fu sepolto in una piccola fossa, coperto solo di poche manciate di terra. Giacomo Matteotti aveva compiuto il 22 maggio 1924, trentanove anni. LA MACCHIA DELLA QUARTARELLA VICINO A RIANO
LE RICERCHE NELLA CAMPAGNA ROMANA • Uccidete me, ma l'Idea che è in, mc non l'ucciderete mai •. Così Giacomo Matteotti disse ai suoi carnefici. Una frase che può sembrare troppo lunga e un pochino retorica per un moribondo. Eppure è stata detta e a riferirla sono stati gli unici testimoni : i suoi assassini. La sera del 10 giugno, la banda Dumini rientrò a Roma e si recò da Marinelli, il segretario amministrativo del partito fascista, nonché l'uomo che aveva dato l'incarico di • procedere • - probabilmente perché ricevuti ordini • superiori • - nei confronti di Matteotti. Sempre nella serata, consegnarono il Passaporto di parlamentare socialista, al segretario personale di Mussolini. Qualche giorno dopo, Velia Matteotti si recò da Mussolini implorando la restituzione • vivo o morto • del marito. Mussolini ipocritamente rispose : • Lo farei volentieri Signora, ma le do la mia parola che io non so nulla •. Circolarono intanto le prime notizie del rapimento di Matteotti. Mussolini assicurò la Camera che il governo avrebbe fatto luce sull'avvenimento. L'on. Gonzales, socialista, denunciò alla Camera e al Paese il fatto atroce e senza precedenti. Il 12 Giugno, sull'esercizio provvisorio del Bilancio, Mussolini pose alla Camera il voto di fiducia e il conteggio dei voti dette un risultato incredibile : 225 voti a favore e 21 contrari. Votarono per il governo persino quei gruppi che, qualche giorno più tardi, seguiranno le opposizioni sull'Aventino. Nel Paese, appena si diffusero le voci sulla scomparsa di Matteotti, l'opinione pubblica venne scossa e sicuramente negò la fiducia ad un governo che sospettava colpevole di assassinio. Sono i gio_rni in cui molti distintivi fascisti si trovavano facilmente per terra. Biblioteca Gino Bianco
ROMA - GIUGNO 1924 - OGNI GIORNO SI RINNOVA UNA GRANDE FOLLA CHE SOSTA IN GINOC. CHIO E DEPONE FIORI SUL PUNTO DEL LUNGOTEVERE ARNALDO DA BRESCIA DOVE E' STATO RAPITO MATTEOTTI Il governo .venne incastrato e fu costretto a procedere a degli arresti. Dumini venne arrestato mentre stava per recarsi in Francia, Volp.i al confine con la Svizze.ra. Anche Filippelli finì in carcere. Cesare Rossi, capo ufficio stampa del duce e Aldo Finzi sottosegretario all'interno, sono costretti alle dimissioni. De Bono dovette abbandonare l'incarico di capo della Pubblica Sicurezza. Pian piano si ricostruisce la trama degli esecutori, degli ispiratori e dei mandanti. Continuano intanto le ricerche; ormai non vi sono più dubbi sulla sorte del leader socialista. Si cercò infatti la salma nella zona del Lago di Vico, nella boscaglia detta Macchia Grossa. Tutta la strada da Roma a Ronciglione verrà battuta e squadre di carabinieri a cavallo perlustreranno la campagna sulla via Cassia. Biblioteca Gino Bianco
Le indagini sul delitto Matteotti furono affidate ad un magistrato di grande onestà : Mario Del Giudice, Presidente della Sezione criminale della Corte d'appello. Anc_he il rappresentante della Procura del Re, dott. Tancredi, dimostrò pari onestà. Naturalmente questi magistrati vennero promossi in altra sede e dovettero così lasciare l'istruttoria, non appena i fascisti si accorsero che si trattava di • uomini sbagliati ». Però i due Magistrati avevano già fatto un buon lavoro : quaranta fascicoli relativi agli interrogatori di De Bono, Finzi, Rossi, Marinelli e altri • pezzi grossi • del fascismo. Questi fascicoli contenevano tutte le prove a carico degli imputati e gli indizi per una vasta gamma di chiamate di correità. Tale lavoro fu sufficiente perché la magistratura fosse in grado di muoversi. Il 13 giugno, alla Camera dei Deputati, tutte le opposizioni non vollero assistere alla profanazione dell'assassinato commemorato dall'assassino. Inoltre le opposizioni decisero di non metter più piede alla Camera finché Mussolini fosse rimasto capo del governo. Iniziò così quel periodo che fu chiamato l'Aventino. GIUGNO 1924 - LE RICERCHE DEL CORPO DI MATTEOTTI NELLA ZONA DEL LAGO DI VICO. LA POLIZIA INTERROGA I CONTADINI Dfl LUOGO
L'• Avanti! • scrisse in quei giorni : Il MAGISTRATO DEL GIUDICE (Al CENTRO DELLA FOTO) SI RECA Al CIMITERO DI RIANO PER Il RICONOSCIMENTO DELLA SALMA DI MATTEOTTI. • Noi non consideriamo oggi l'on. Giacomo Matteotti alla stregua delle nostre preferenze di frazione e delle nostre interne divisioni. Da martedì egli non appartiene più alla mediocre cromica dei nostri dissidi e deHe nostre lacerazioni; da martedì egli appartiene alla storia. -E che posto occupa? Il più nobile dei posti : quello dei martiri di una idea •. L'opposizione aventiniana si era data un compito : quello di rivendicare i diritti del Pa~lamento contro il regime e contro i suoi delitti. A quelìto compito restò fedele,. anche se senza speranza. L'Aventino tentò, pur senza fortuna, di galvanizzare l'opinione pubblica. li fascismo non poteva esser fatto cadere con i mezzi legali, perché questi erano detenuti da Mussolini. Occorreva una azione rivoluzionaria, ma l'Aventino era troppo diviso fra i gruppi che lo componevano ed isolato dalle masse, oppure occorreva l'intervento del re. Ma coloro che speravano di vedere un intervento del re, ormai fascista anche lui, furC:ino delusi., Fu quella forse un'occasione perduta per l'antifascismo, ma per la monarchia certamente fu l'ultima occasione perduta. Biblioteca Gino Bianco
li 14 agosto, tra Sacrofano e RianQ_,lungo la via Flaminia, un cantoniere rintracciò in un fossato una giacca con tracce di sangue. Consegnata alla autorità, fu riconosciuta dalla signora Matteotti, come quella indossata dal marito il giorno fatale. Le ricerche si localizzarono sulla zona. li mattino del 16 agosto, il brigadiere dei carabinieri Ovidio Caratelli, in licenza a Riano presso i genitori, girovagando per la campagna con il suo cane, scoprì presso la macchia della Ouartarella che. sotto pochi centimetri di terra erano sepolti dei resti umani. Le misere spoglie straziate e frantumate dalla ferocia dei sicari, furono riconosciute per vari particolari, primo fra tutti, l'esame della dentatura fatta dal dentista che alcuni mesi prima aveva incapsulato dei molari• del deputato socialista e che riconobbe il suo lavoro. IL RITROVAMENTO DELLA GIACCA DI MATTEOTTI NELLA ZONA DI RIANO BibliotecaGino Bianco
L'indignazione scosse il paese. ALCUNI OPERAI ROMANI TRASPORTANO LA SALMA DEL DEPUTATO SOCIALISTA ALL'OBITORIO DI RIANO Malgrado il raccapriccio di tutta la nazione, si vietò ogni manifestazione di cordoglio, si proibì di parlare e di onorare il defunto. Ma, come era accaduto sul Lungotevere Arnaldo da Brescia, anche sul luogo dove era stato trovato il cadavere, una teoria di lavoratori, di donne, di popolo rese omaggio al martire socialista. In tutta fretta e in silenzio, i miseri resti vennero portati prima nell'obitorio del cimitero di Riano e inviati poi, dalla stazione ferroviaria di Monterotondo, al paese nativo, per la definitiva sepoltura. Malgrado il terrore, malgrado il silenzio, lungo la ferrovia, uomini e donne si inginocchiarono al passaggio del convoglio e una enorme folla partecipò ai funerali a Fratta Polesine. L'OBITORIO DI RIANO DOVE VENNE PORTATO IL CORPO DI GIACOMO MATTEOTTI DOPO IL ~1TROVAMENTO.
I COGNATI DI MATTEOTTI SI RECANO SUL LUOGu DEL DELITTO PER IL RICONOSCIMENTO DELLA SALMA Mussolini si trovò di nuovo in difficoltà. Varò d'urgenza un decreto di legge contro la libertà di stampa. Si arriverà così ai famosi decreti del 3 gennaio 1925. Più avanti si aboliranno i partiti politici, saranno esclusi dagli impieghi statali coloro che non sono iscritti al fascio, la libertà di stampa sarà abolita. Chiunque danneggiasse gli interessi o il prestigio dell'Italia all'estero, veniva privato della cittadinanza italiana e subiva la confisca dei beni. Verrà ripristinata la pena di morte per chi attentasse alla vita del re e del duce. Con la abolizione delle autonomie locali si avrà il podestà nei comuni. Si avrà l'OVRA e il tribunale speciale. Matteotti si era sacrificato coscientemente nella speranza che lo scossone provocato dalla sua morte sarebbe stato fatale p~r il fascismo. Infatti, il calcolo generoso stava per realizzarsi, il fascismo fu sull'orlo del precipizio. Il fascismo fu salvato dal re e da quelle forze reazionarie, politiche ed economiche che l'avevano portato al potere e che intendevano servirsene ancora per i loro scopi. Biblioteca Gino Bianco
MUSSOLINI DAVANTI ALLO SPECCHIO - UN MARCHIO INDELEBILE. (vignetta apparsa nel 1-924 sul « NOTENKRAKER » di Amsterdam e dovuta alla matita di Albert Hahn jr.) BibliotecaGino Bianco
AGOSTO 1924 - LA SALMA 01 MATTEOTTI VIENE CARICATA IN TRENO ALLA STAZIONE FERROVIARIA DI MONTEROTONDO. BibliotecaGino Bianco L'OMAGGIO DEL POPOLO Al PASSAGGIO DEL CONVOGLIO FERROVIARIO CON LA BARA 01 GIACOMO MATTEOTTI
ROMA 1947 - PROCESSO MATTEOTTI, I QUATTROACCUSATI SUPERSTITI. DA SINISTRA, DUMINI, GIUNTA, ROSSI E POVEROMO Il 31 luglio 1925 una provvida amnistia mandò in libertà Rossi, Filippelli e Marinelli. Il 24 ottobre 1925, Mussolini in un suo articolo, non esiterà di • suggerire • ai giudici la tesi dell'omicidio involontario. Nel marzo del 1926 le Assise di Chieti, con una grottesca parodia di giustizia, sostenevano la tesi del capo del governo. Dumini, Volpi e Poveromo furono condannati a sei anni (di cui quattro amnistiati) per omicidio senza premeditazione. Viola e Malacria furono mandati liberi per amnistia. Il processo fu rifatto a Roma nel 1947. Dumini e Poveromo vennero condannati a 30 anni. Volpi, Malacria, Viola, Filippelli e altri imputati minori erano ormai morti. Marinelli e De Bono furono fucilati dagli stessi fascisti. L'israelita Finzi fu tra le vittime delle Fosse Ardeatine. La fine di Mussolini è nota. Biblioteca Gino Bianco
Dopo tre anni da che lo avevano bandito dalla sua terra, Matteotti ritornò nel suo Polesine. L'indignazione per questo delitto varco i confini dell'Italia ed ebbe ripercussioni in tutto il mondo. Filippo Turati nel 1929, in esilio, scrisse che di Matteotti si continuerà a parlarne • perché quella di Fratta Polesine non è la tombi) di • un uomo •. Quell'uomo è sintesi e simbolo. Sono migliaia di assassinati nel corpo, milioni di assassinati nell'anima. In quelle due spanne di terra è sepolta non solo l'Italia, non solo il presente, ma l'umanità, la civiltà, l'avvenire. Chi lo dimentica tradisce il domani. Ne parleremo fino al giorno della riscossa, ed anche più in- là, perché il monito serva ai figli, ed ai figli dei figli. Finché l'Italia risorta, nella umanità liberata, sia Egli pure, Matteotti, liberato e risorto •. AGOSTO 1924 Biblioteca Gino Bianco
TIP. MAGNINI - ROMA BibliotecaGino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==