-- IN TRIBUTO DI LODE E GRATITUDINE A PIO NONO DI ALCUNI FORLIVESI FORLIIM6. DALLA TIPOGRAFIA CASALI
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orreva l'anno milleottocentoquaranlasei, ed era levato di un mese Giovanni Cardinal Dlastai all' augusto seggio di Piero. Quando il sedicesimo di Luglio, memorando giorno ai futuri, su lo imbrunire dell' aria, si sentì per tutto Roma un improvviso alzar di grida sì fragorose, che le vie ampie ed i colli ne rintronarono per intorno. Erano le grida di giubilo, in che immenso popolo ad un annunzio felicissimo dirompeva. L' immortale Pio :Nono, Padre e Sovrano nostro adorato, con atto splendidissimo di Sovrana clemenza, rivocava dall' esilio e dalle prigioni i tanti sventurati figliuoli, e li abbracciava tutti col cuore. La novella di così fausto avvenimento volava dal Tebro all' Umbria, al Piceno, all' Emilia, e ciascuno di questi Popoli, a mano, a mano ch' entrava a parte della gioia che gli altri allegrava, si discioglieva in gioia ancor esso; ed i sensi di ammirazione e riconoscenza, onde i cuori eran presi, con feste sì private, sì pubbliche disfogava. Le quali feste e allegrezze, poichè altri, ciascuno della città sua, partitamente han contate; ora quelle de' Forlivesi, secondo che le vidi io scrittol'e, veracemente, e con brevità al po~sibile racconterò.
Se le mie parole da coloro solo a legger si avessero, che in città grandi o sono nati, o lungamente han stanziato; od eziandio da coloro che nelle feste, e allegrezze pubbliche, dal maggiol'e o minore sfoggio, si fanno a pesar degli animi la letizia, io m' avviserei, che non facesse luogo gran fatto il venir queste dei miei cittadini rimemorando. lUa poichè di città di mezzano ordine vi ha numero infinitamente maggiore che non è di primarie; e gli assennati uomini in così fatte feste più dai volli de' cittadini, che dalla ricchezza dell' apparato soglion della letizia pigliar concetto: così mi penso, che sia pregio dell'opera non solamente il non )asciarle ire sdimenticate, ma il concedere eziandio loro alcuna laude, di che, non per amore del natio luogo, ma sì del vero, mi parver degne. E che i Forlivesi veramente in queste feste di allegrezza pel conceduto Perdono si mostrasser di gioia il più altamente compresi, basterà dire, che sin dal giorno, che per Editto al Roman Popolo fu proclamato (poichè già se ne avevano le novelle) cominciò in essi a farsi sentire, e per sì fatta forma, che nei loro volti, e negli occhi la vedevo io medesimo sfolgorare. Era poi in tutti un desiderio, un aspettazion grande di veder pur essi pubblicato infra loro ciò che l' Ottimo de' Principi a consolazione dell' universale de' sudditi avea nella sua grand' anima meditato: e a ogni cum·e, avvivato in questa grande speranza, si faceva un secolo un giorno di gustar le dolcezze di così altissimo benefizio, e alla male repressa gioia allargare il freno. Quando finalmente ecco fra noi ancora escir fuori il tanto insigne e sospirato Perdono. 1\'Ia questo Perdono, quest' atto mngnanimo di Sovmmana Clemenza, che i viventi stupiscono, e stupiran gli avl'enire, non giugnea solo. Il novello Pontefice, nella cui mente divina s' era concetto, volle, che un ampio Decreto fosse lui scorta; un Decreto dico, così pesnto, e con entro tale un'altezza d'animo, una dolcezza, un paterno affetto, che basterebbe quel solo a mostrarcel degnissimo del triregno. Onde che alcuni, poichè una e due volte letto l'avevano, non ancor sazi, si facevano a leggerlo novellamente, quasi bramosi, che i sensi di quello con esso insieme le parole si stampassero loro nella memoria. Quegli che alla lezione di un tanto dettato non si sentì levare il cuore e la mente a generosi sensi; che al ripatriare di tanti miseri e sventurati non fu sospinto per gioia ad una lacrima di tenerezza ,
5 ad un sospiro, ad un batter di cuore; quegli indttbitatamente o è di picciol anima e bassa, o la natura al nascer suo ebbe nemica; usurpò fra gli uomini un posto non suo, non ha patria, non l' ebbe, non l' avrà mai. lUa la presente letizia con isgradevol memoria non si contamini: meglio è dire, come ne' petti de' Forlivesi la generosità del Pontefice si parve entrata; tanto l~ esempio de' Principi informa gli animi alle virtù. La prima tosa subito ft:J di volgere il pensiero a soccorrer que' graziati Politici, la cui str~ttezza e indigenza rendesse malagevole o il far ritorno alle proprie famiglie, o il rimettersi alle mani l' abbandonato mestiero. H pelichè alla Deputazione stessa di alquanti nostri più cari e affezionati, creata a dar ordine a queste feste, fu commesso di andare attorno, a fin di raccorre danaro; e gli effetti, mediante l' opera e sollecitudin loro, seguirono al desiderio sì prosperi, che in poco d'ora da ogni sorta cittadini ebbesi larga e spontanea offerta. Ancora a quegli infelici, che più son da bisogni e necessità tribolati, si volle dare alcun sollievo , acciò che nell' universale allegrezza non fossero i soli del popolo con sembiante di afflitti. E a questo pure dalla pietà de' cittadini, dal Comun nostro, e dalla Cassa di risparmio fu con offerte e sussidii larghissimi provveduto; sì che parte t'acquistando graziosamente i pegni alla pietà del Monte affidati, purte toccando porzione del ripartito danaro, tutli infine n' andarono esilarati. I quali sussidi ed offerte, o vogliamo dire alti di fraterna pietà splendidissimi, sì come dalla prima delle virtù evangeliche si derivano, e maravigliosamente muovono gli animi a moltiplicarli; così i Forlivesi fler questo bello adoperare tanto io umanità e gentilezza si levarono, ch'io non ho parole che bastino a rimeritarli con degna lode. Questo bene dirò: essermi io di leggieri indotto a credere, che al novello nostro Sovrano supremamente benefico e caritativo, non possano non riescire in estremo a grado. Anzi, a dire vero, non mi dubito punto di pronunciare, che fra le dimostrazioni di esultanza e di giubilo pel conceduto Perdono, alla profonda umiltà e modestia sua, in tanta altezza locato, queste sole forse abbiano a esser Lui accettissime, o certo sovra tutte altre a toccargli il cuore. ~la si voleva pure per così grandissimo beneficio ad alcuna pubblica dimoslranza di riconoscenza, e di amore conceder giorno. Si voleva non esser austeri dinegando, che la comune gioia ,
6 secondo è l' usanza, nei piaceri e solazzi del popolo si dissolvesse. Ora a questo tutto, la Domenica ultima dell' Agosto, che fu il dì trentesimo, si deputava. Non era il termin da lungi; pure la brama del festeggiare faceva lento al discorrer~ quel breve indugio. Già la notte che andava innanzi al prescritto giorno, era ·scorsa; e alle diurne clamorose allegrezze dovea dar luogo il quieto gaudio del sonno. Già pel venire dell' alba biancheggiava il cielo di verso Oriente, e con bel chiarore diradando l' ombre, ~mnunziava lietissimo il nuovo giorno. Molti de' cittadini spigneva fuor dalle case un desiderio impaziente di andare attorno, e veder cogli occhi, dove più, dove meno spiccasse il bello dell'apparato. Altri erano alle porte e agli ingressi, intesi a condurre a termine l'addobbamento. Infrattanto ad ogni ora, dal contado, dalle città vicine, e castella sopravvenivano forestieri; e a mano a mano che il Sole montava alto, più le strade e le piazze gremì te se ne vedeano . Le campane sonavano: già la festa comincia. Fu ella in due parti divisa : la prima destinata al giorno; la se.. conda alla notte . Le primizie dovevano all' uno e trino Iddio esser sacre, il qual provvidentissimo ne faceva dono di Sovrano insieme e Pontefice, cui Egli stesso aveva a clemenza, a giustizia, a magnanimi sensi informato il cuore. Ecco intanto, che nel mag.. giore tempio , sontuosamente addobbato, si ricevevano da' benemeriti Deputati , dall'insigne Capitolo e dal Clero, Monsig. Carlelli Vescovo nostro, il lUagistrato, le facoltà lUediche , e Legali, con dietro un corteo dei notabili uomini della città, e una bari• da di sonalori, che con maraviglioso diletto empievano l' aere di armonie. Così entrati, e nella magnifica Capella di Nostra Don... na ciascun preso loco su distinti scanni in due gran eli ale partiti, si diè principio ad una l'lessa solenne in musica, alla quale il ze- ·laulissimo Pastore in pontificai pompa assisteva. Qui pure da un coro di musici si udil'on dolci melodie; ma più che tutti campeggiò un Brizzi per aver levato su la tromba mirabili concenti, quali a un tanto sonalore si condiceano. Poscia il Vescovo stesso intonato l'Inno di grazie, e alle sacre cerimonie colla Benedizion dell' A.ltissimo posto fine, la comitiva esci fuori con bella accom- ·pagnatura, e strepito di tamburi, e trombe , e stromenti d'ogni maniera. Appresso questo~ il popolo si disciolse. La maggior parte però erano tratti alla Piazza e olia strada- della Barriera, dove
7 p ·apparecchio della· fésta presso ehe tutto .si raccoglieva . Qui per coloro, che del luogo non si conoscono, convengo darne alcun tocco. Queste due, insiememente prese, fanno il più bello della città. La Piazza (ed è in nome delle più lodate d' Italia) si presenta ampia, spaziosa, e quasi in forma di quadrato bellissima. Nel centro, sur una base a scaglioni, da cancelli intorniata , s' innalza una colonna, sopravi un simulacro della Santa Vergine (la protettrice del Paese) da' cittadini il più santamente guardata. D' infra i lati che circondan la Piazza, sono tre con loggiato : largo , arioso, e sostegnenle edifici i alla moderna, e di vago stile . L' uno d' essi, in quanto si stende, è il Palagio chiamalo un tempo della S ignoria, or del Comune , e stanza dei Legati, o ProLegati. La sua fronte è divisaia in tre parti, se non che quella del mezzo, oltre che più stesa, e più decorata, si lieva alto sovra dell' altre, e sostiene in cima tre grandi armi Pontificie in bronzo, ornate attorno con intrecciati ol ivi. Alquanto indietro esce alto una torre quadrata portante in mostra l' oriuolo pubblico. A un estremo dell' opposto lato è un tempio gotico, levato in onore di S. lllercuriale (altro santo avvocato del luogo) il quale per dipinture che dentro v' ha, e un campani l bello in fronte, spessamente da forestieri è visitato . All' altro, si congiugne la strada che Jicemmo, ab antico, Cotogni, poi in onore di Pio settimo chiamata Pia. È questa in su l'Emilia, distesa in largo , ed in lungo, diritta a filo: dall' una parte e dall' altra, tutta edifici i, similmente alla moderna, e di bella vista. Nel fondo , è una Barriera con ferrei cancelli, e ad ambo i lati, due edificii con colonnato. Al di fuori della Barriera è un continuamento dell' Emilia, similmente diritto a filo, tre miglia lungo, o in quel torno: e dall' un canto, e dall'altro, su rilevati sentieri, due filari di pioppe altissime , che a guisa di grandi spalliere fanno lui bello accompagnamento. Ma giunti a un ponte, ch'or si mura ampio e magnifico, quasi non abbian più di cbe aggiugner vaghezza, quivi lo lasciano, e quivi il bello si termina della veduta. Or riprendiamo il racconto. Allo interno della città, in luogo della Barriera, vedevasi un Arco di trionfo, largo poco men che la strada, e con bella luce. Quattromila ottocento vetri da lumi di svariato colore, componevano una fantasia molto bella e ingegnosa per questa forma. Nel fregio del cornicione, in mezzo, si vedea
8 scritto a gran lettere - A Pio Nono - ; c dnll' una parte , e da) .. l' altra erano festoni intrecciati a fiori, a fogliami, a verdura. Fra le imposte dell' Arco, e il cornicion detto , due riquadri acconciamente messi, entrovi scritto, nell'uno- Per P accordata Amnistia-; nell' oltro,- La città di Forll -. Nei due sodi, sotto i riquadri, erano due dipinte statue; a sinistra una Giustizia con la spada e la bilancia in mano, un lione a piedi; a destra una Pace col segno dell'abbondanza, e una palma d'olivo in mano. Nel sommo, disposte in cerchio, molte zone, )e quali con quantità di vetri di acconci colori, dovean la sera fare d' un' Iride rappresentanza . A piè dell' Arco, ne' piedestalli della Giustizia e della Pace, Jeggevasi dall' un canto - 1.6. Giugno -; e cioè dire quando il J.\Iastai veniva eletto a Pontefice: nell' altro,- 1.6. Luglio-; ovvero quando il Pontefice ai condannali per ragion di Stato magnanimamente facea perdono. Questo apparecchio alla Barriera; nella contrada il seguente. Dall' Arco alla Piazza, eran da ambe le parti cinquanta lumiere all' usanza de' Cinesi, poste tutte ad eguale altezza e distanza, portanti in basso un dieci vetri a colori ciascuna, e tre altri sopra inlorniati da stemmi del Pontefice, da ingegnosi motti di Poeti , da colorati palloncini, o altri ornamenti festevoli. Si venh•a alla Piazza. Nulla di più stupendo, e singolare. Le tre logge, che la cerchiano, insiem con altra, che un lungo tratto la detta strada fiancheggia, messe a festa con assai decoro, e bellamente . Le pareti e le colonne, con parati e dommaschi addobbate; gli archi e le volte ornate di veli, di lumiere, di festoni, e palloncelli a più colori. Le porte e gl' ingressi, la maggior parte con palme, ed olivi , e fiori, e ghirlande; alcune con addobbamenti bellissimi , guerniti a oro, e aJ argento. Per tutto intorno poi affisse qua e colà sur i drappi, effigi del Pontefice, iscrizioni, sonetti, e poesie d' ogni maniera; talchè alle genti, che ivan leggendo e riguardando, sembrava esser venute in lunghe sale bellissime quasi ad Accademia acconciate. Per ultimo la colonna in mezzo la Piazza, con ornamento ancor essa; e l' ornamento era questo. Dal collarino del capitello, in quanto s' era potuto per intorno appiccarne, si partivan festoni, tutti attrecciati a fiori, e a verdura, ciascun tempestalo di variopinti palloncelli; i quali festoni a mano a mano che scendevan basso allargandosi, venivan facendo un disegno a modo di
9 piramide; e ai quattro ango1i della cancellata, quattro grandissimi lampadarii con vetri acconci a render luce la sera di più sval'iali colori. Questo l' apparecchio tutto, che nella Piazza e strada Pia si vedeva; e che l' egregio cittadin nostro, di questa Provincia Ingegnero, Luigi Fratti, immaginato ebbe, e il più felicemente ordinato. II qual apparecchio, mentre le genti con gran diletto guardavano, quattro bande di sonatori (una qui stanziata, l'altre graziosamente venute da convicini paesi) sonando per quivi intorno spartitamente, a mille doppi crescean la gioia. Fra così varii e festevoli ricreamenti, il cielo d' improvviso si annuvolò, e mandò giù d' acqua un rovescio: ma indi a poco, quasi un voler sovrumano gli divietasse più oltra, senza nulla aver guasto, tornò sereno. Si facea locp alla Corsa. I cavalli doveano passare per lutto il tratto di strada, io che la città festeggiava. Ed ecco quivi altro nuovo spettacolo da giocondare. Le finestre e balconi, si vedean purati vagamente con i screziati drappi; e sovr' essi, spetta triei in bei drappelli, Matrone e Donzelle in grande gala vestite. La strada· ripiena di popolo, e per lo mezzo azzimati garzoni che cavalcavano su bei corsieri, e fulgenti cocchi lentamente procedenti . Qualcuno in su questi portava in mano un vessillo, con in mezzo il Pontificio stemma, od il Nome del Nono Pio; il qual vessillo con plausi e grida di giubilo ventilava. Qua un coro di musici che aggiugneva nove dolcezze; là una squadra di giovani, che cantavano ed esclamavano- Viva Pio Nono!- E poco stante altri,- Viva il Cardinal Gizzi! -Per tutto festa e allegrezza . In questa, si udi lo scoppio alle mosse ; il mezzo della via fu libero al corso; i barberi sopravvenner volando. Così si chiusero le prime feste durate il giorno; e da ognun s' t.~ttendeva, si desse all'altre incorninciamento. Nè intorno a queste farà noi mestieri ùi spendere assai parole, poichè sì del luogo, che è per sè bello , e il più acconcio a cotali feste, sì della guisa che s' eran venute apprestando, bastevolmente al bisogno abbiamo parlato . Già veniva la notte ; e i cittadini di qual sia borgo e contrada, alle finestre, ai balconi gnreggiando ponevan lumi ; lnlrhè la città in poco d' ora si fattamenle si empiè di luce, cl1e pareva tulta uno splendore. Che sebbene l' apparecchio della fest.a , in alcun luogo si disse esser supremamen te bello ; pur come P allegrezza nell' universale de' cittadini era diffusa, così l~ cillà in ogni
1.0 sua parte si mostrava lieta e festante. Il perchè, lontano nncor dalla Piazza, avresti veduto non casa, non fondaco, nel qual ol• tre al consueto apprestamento di lumi in mostra, alcun segno an· cora di part-icolar letizia per via di fiori o di palme non si pa· resse. E dove le genti avvenute si fossero per quivi intorno all' abitazione di qualche ricco, e facoltoso, eran tirate a soffermarsi e maravigliare: che quivi ancora avea case con parato e splendidezza non poca. E in ispezialtà due fra l' altre 'Vi campeggiarono: una, dei Seganti, illuminata a fiaccole, e a ceri, con istemma Pontificio alla porta, ornato a fiori e ghirlande; la qual invitava i riguardanti a mettersi dentro un loro interno giardino cosparso tutto di vaghi lumi, con dilettose vedute, e suoni, e ricreamenti da deliziarsi. L'altra, dei Man~oni, illuminata per simil modo, con ricco addobbamento, e vessilli, e stemma, e Perdon del Pontefice in sul di fuori, che metteva negli occhi de' riguardanti un andito lunghissimo; il quale andito dall' un canto, e dall' altro mostrava in bell' ordine sovra scaglioni, vasi di agrumi a quanti là , tutti coverti .di screziati drappi, con sopra e intorno, scompartiti a disegno, colorati lumi e palloncelli; e in fondo a quel• lo, fra scure nubi, che dissipava, un nascente Sole tutto accerchiato di raggi d' oro. Ciò che ho detto intorno al gioire e festeggiar pubblico in ogni ordine di cittadini, m'invita dire per simile, che alcun che pure della pietà, e magnanimità del Pontefice, non nel solo ordin de' facoltosi, ma in quelli ancora di mezzano stato si 'Vide sparlo. Ne allegherò un solo fatto. Parrà forse a molti una minuzia, ma agli alti intenditori de' popolari animi, segno grande di affratellanza, e di più alto e generoso sentire, che a mezzani uomini non sembra addirsi. Sono nello ·interno della città parecchi Orti, ne' quali i nostri artigiani, in compagnie spartiti, sogliono nei dì festivi della stagione bella, alle ore men calde, per alleggiare l' animo, condursi insieme a solazzo. Questa buona, e fruttuosa parte di cittadini, appena udiron l' alto e generoso Perdono, che ritornava loro i già perduti fratelli, dapprima invitati, offersero per l'universale festeggiamento quel più che potettero di contante; poscia di voglia dai guadagni delle lor fatiche raggrannellatone alquanto altro, vollero ancor essi, del pari che gli altri ricchi cittadini, per tanta grandezza e magnanimità del Pontefice, offerir ·di gioia e gratitudine alcuna
H particolar dimostranza. Ora in così lieta e festosa notte, tra l'abitato e le mura della città, non più questi Orti vedevi , ma si di giardini, tutti splendenti per vaghi lumi, gentil corona. Nè qui è tutto; cbè in ciascuno d' essi, per l' intera notte , a quanti entravano, cittadini o forestieri, fu dato, con isquisiti vini, graziosamente dissetarsi. Uno di questi poi (lo chiaman de' T artari) sovra degli altri ri.portò vanto. La via che faceva scorta, illuminata a fiaccole; illuminato a torce l' ingresso. Tutto per entro con bella grazia acconciato; ma alquanto più verso il mezzo. Un campestre arco, ornato a lauri, e a festoni, si affacciava imprevisto nella veduta. Appena dentro, da ambo i lati, era un palco di sonatori. Due loggiati mezzanamente alti, in forma di gotici, a un )ungo ed ampio sentiero facevan ala, e sovr' essi s' innarcavan verdure con fiori, ghirlande, e screziati lumi ingegnosamente intrecciati. Nel fondo, una gentil capannetta guernita fuori di ricche tende e festoni; e dentro, con vago ordin disposte, frammezzo lumi, una dovizia di bocce, che accoglievan licori d'ogni color, d' ogni gusto. Dalla capanna all'arco, superiormente, per via di cerchi, era tirato un cielo, donde pendevan palme, festoni, e dipinti lumi; dal quale insieme tutto si componeva tale una ridente scena, che era la più vaga, e leggiadra cosa a vedere. 1\'la ciò che ad ognuno sembrò veramente signorile larghezza, si è, che in due ampie ta,•ole, lunghe del pari che i due loggiati, cosparse di fiori e d' odorate erbe, si vedean seduti, tra cittadini e forestieri, un trecento convitati gratuitamente serviti di più vivande: e in mentre mangiavano, oltre ai cibi ed ai vini, 'Venivan da conserti e melodie soavissime rallegrati. Or mentre cittadini e forestieri nello interno della città, e in questi campestd luoghi deliziavano, si fece l'ora ad un fuoco d'artificio, il quale non senza alcuna novità d' ingegni s' era apprestato. Al gittare de' primi razzi, tutto il popol fu in Piazza . L'incendiamento comincia. Era finto un temporale: rimbombavano i tuoni; strisciavano con orrendi scoppi le folgori. I cori de' musici, con suoni fieri e squillanti, davano aiuto al subielto: parea di veder cosa terribile. In quel frastuono, l'incendio si fe' più lento , e pitt mite; la musica tornò giuliva; il fuoco si dipinse a bei colori: e in mezzo di esso comparve uno stemma con entro il Nome del Sovran Pontefice, tutto raggiante di limpidissima luce. Qui una
12. gran parte di circostanti, quasi raffigurata avessero nel temporale la passata mestizia , e ne lla nuova comparsa scena un nuo,·o lieto avvenire , levaron alte le acclamazioni al Pontefi ce; nè si cessarono, insin che il fuoco spegnendosi, non ebbe loro troncate le g rida, non già negli animi il dil etto. Ma il gioconJo spettacolo della luminaria, che nella Piazza e contrada dell' Arco , per la quantità de' lumi , allora solo si vedeva a terrnin condotta, nove llamente e con più diletto l' intero popolo converse a sè . La piramide sfolgorava già tutta di viva luce ; e gli edificii intorno e le logge mandavan pet· gli ardenti lumi sì gran chiaro1·e , cbe ogni cosa insiem presa , sembrava un immenso teatro allumato a giorno , tutto intorniato di vaghe sale risplendentissime. La contrada poi , per ciò cbe alla vista si appresenlava, era tutto insieme ancor essa uno stupore . Dai balconi e finestre pioveva luce ; le porte dell e case , pure illuminate, accrescevan splendore ; le lumiere alla cinese a due filari , così carche d' incesi lumi a colori, e sì spesseggiate , non più in vista di lumiere si mostravano, ma di due ampie zone lunghissime di broccato d' oro screziate a gruppi di fiamme e di gemme , che all' Arco di trionfo mettevan capo . E l' Arco in fine, tempestato , direi quasi di fulgenti astri, brillando alto sovr' esse luminosissimo, parea egli stesso invitare i circostanti a riguardare lui solo , come se in quella sera, fra gli ohbie lti tutti di bella vista , solo egli di più ammiranda bellezza fosse cosparso. E così veramente : che sopra l' Arco a trioufo? non fu altra cosa a veder più bella , e più delizievole . Come poi questo il prendemmo fra l' altre cose a ritrar per ultimo; cosi delle feste de' F orlivesi e loro apprestamento, non rimane più altro da raccontare . Apprestamento , a dir vero , cbe più a città grande, che a questa nostra si confaceva : ma gli animi quivi pure, non men che altrove da così gran cagione levati a gioia, non poterono non dar nel grande per simile col festeggiare. Or come sempre più nello avanzar della notte crescessero i sensi e l' espressioni di gioia in ques ta universale allegrezza ; si ripetessero le acclamazioni e benedizioni al novel Pontefice ; si alzasser maggiori le grida del giubilo per la sospirata pace e concordia : non è cosa da significar con pal'ole, sì da lasciarsi allo immaginar del pensiero. Ciò sol dirò : che una così grande, e così nuova allegrezza, a memoria ù' uomo non si ricorda . Sembrava un popolo , quasi di sè uscito,
13 ir cercando per la città i luoghi tutti che festeggiavano , a fin d' ingolfarsi nel tripudiare. Indi esciva fuori, e dalla veemenza della gioia portato, scorreva qua e colà per la Piazza e contrade; e a ogni tanto, con strepitosi gridari, faceva al Pontefice, al P erdono, al Gizzi festosi plausi. Frammezzo questi alcun pure al Popol Romano ebbesi udito. Argomento mirabile di bello amor generoso! bramare non di quei tanto del natio loco, ma eziandio di popol con popolo fratellanza. Ancora a quando a quando alcuni cittadini allo esclamar festevole era.no segno; il March. }laulucci de' Calboli Pro-Legato , e il Con. Guarioi Gonfaloniere. E quasi ciò fosse poco, uno stuolo di loro con banda di sonatori si condusset· dinanzi alli !or palagi, e con dolci concenti e melodie, a molti viva mischiate, vollero loro rendere onore; ond' eglino si porsero cortesi alle finestre a riferir grazie, e ascoltare. Con questi discorrimenti e allegrezze di popolo, le feste si produssero a molta notte: e nondimeno (ciò che in tanto commovimento appena sembra potersi cred~re) non si vide cosa pur menoma, per la qual l' ordine pubblico si perturbasse. Da ogni volto spirava pace, concordia , e fraterno amore . Così cessate, ciascuno la memoria , la gratitudine, e l' amore dell' immortal Pontefice, si portò scolpito nel cuore; e fece veduto in un medesimo, che il potere de' Principi più dall' amor de' soggetti, che dalla forza dell' armi è guardato. Nota dell'Autore. Se a qualcuno paresse , che in questa Scrittura si fosser su colte al minuto le cose tulte a contare; sappia, che oltre al descriver le feste di una Citta, abbiamo avuto anche in animo di metter sott'occhio de' legitori l ' odierna forma iu Italia del festeggiare •.E .dntonio (À; nl• S'!ffi Prtif. di C !.oquen:.o. poicbè le feste e i solazzi del popolo sogliono essere della coltura c prosperità de' paesi non dubbio indizio; così ci parve di non avere a lasciare particolaril.à vcruna per que' che bramassero dello incivilimento calcolare i prngressi.
15 Supra porlam Templi Magni Foroliv. Hl • JCAL • SEPTEMBRIS • .AN • MDCCCXXXXVI . DEO · OPTIHO · MAXIMO SOSPI'fATORI • REGVl\'1 • ET • POPVLORVI\1 OB • NOVVM • CHRIS'f • REIP • SACRIQ • IMPERli • DECVS VNIVERSO · ORBE • PLAVDENTE · DATVl\1 IN • SOLATIV!\1 • VETERVM • AERVMNARVi\1 IN • SPEM • FAVSTITATIS • PERPETVAE EX · COLLATIONE • CIVIVi\1 GRATIARVM • SOLLEMNIA
1G PIO • IX • POIWTIFIVI · ltiA.XIlUO Q VElli EX • NODILISS • 1\IASTAIA • GENTE • SENOGALLIAE • ORTV!\1 PIETAS • INGENIVl\I • ET · JILAGRANS • DISCIPLINARV!\1 • Al\IOR 1\IORVl\I(! • SVAVITAS • AB • INEVNTE • AETATE • EXORNARVNT PIVS • VII · P • l\1 • 1\IERITORVM • IVDEX • ET • FAVTOR • PROVIDENTISS• INTER • CANONICOS • BASILICAE · 1\IARIANAE • AD • VIAl\1 • LATAM ADLEGIT DOI\IIBVSQ • PVERIS • ORBITATE • AVT • INOPIA • LADORANTIBVS • TVTANDIS PRAEFECIT OB • EXll\UAM • EIVS • ERGA • 01\INES • CARITATEl\1 ET • INGENS • CURISTIANI • NOl\IINIS • PROPAGANDI • STVDIVI\I DESPECTIS • DIVTVRNAE • NAVJGATIONIS • PERICVLIS AD • EXTRE!\IAS • AMERICANAS • ORAS • 1\IISIT LEO • Xii • P • 1\1 • OB • RES • OPTil\IE • GESTAS JIOSPITIO • IUICHAELIANO • ROl\IAE • PRAEPOSVIT DEIN • ARCOIEPISCOPVJ\1 • SPOLETANIS • DEDIT GREGORIVS • XVI • P • 1\1· DIFFICILLIMIS • TEl\IPORillVS FOROCORNELIENSIVJ\1 • ANTISTITEl\1 • ADSCIVIT DOCTRINA • 1\IVNIFICENTIA • IN • EGENOS 01\INIVl\IQ • VIRTVTVM • LAVDE : PRAECLARISSil\IVl\1 IN • PATRVJ\1 • CARDINALIV!\1 • COLLEGIVJU • COOPTAVIT NVPER • ECCLESIAE • PERICLITANTI SACROQ • PRINCIPATVI • PENE • AD • INTERITVl\1 • RVENTI DEVS • BONORVM • AVCTOR • ET • SCELERVJ\1 • VINDEX TERRARVJ\1 • ORDE • GESTIENTE SERVATORE!\1 • REPENTE • PARAVIT AD • lVCVNDAl\1 • RECORDATIONE!\1 • TANTAE • FAVSTITATIS 03 • VENIAl\1 • POPVLIS • DATAM ·ET • PACEl\1 • VBIQVE • PARTA!It: 1\IAXI~IE • INCLARESCENTIS • POSTERISQ •ME!\IORANDAE FOROLlVffiNSES GRATI • OBSEQVENTISQ • ANIMI • ERGO P•C• 1\IACTE • O • PARENS • PVDLICE JUACTE · O • SOLATOR · TEMPORV!\1 TE • AVSPICE • TE • PROPVGNATOUE PARTIVJ\1 • DISSIDJIS • 1\IALORVJ\IQ • COIIORTE • SVDLATIS RELIGlO • BONAE • ARTES • COJ\11\IERCII • COl\11\lODA • 01\INIVJ\IQ • IVRA EFFLORESCANT • SERVENTVlt ITALIAE • DIGNITAS AVGEATVR · IN • AEVVJ\1 Ulyuis Ptmloli 4tl••·
1\fDCCCXLVI . CONDUCA IDDIO NE PIU TARDI ANNI TUA VITA SANTISSIMO PIO IX. CilE LOCATO APPENA SULLA PONTIFICALE SEDIA SICURO CONTRO LE ASTIOSE OPINIONI DI PARTE CON PRONTO E SALDO VOLERE CONSOLASTI ASSAI LUNGO CORDOGLIO DONANDO PATRIA LIDERTA PACE AD INFINITI PER DRAl\IE DI TEl\IPERATO GOVERNO 1\liSERAl\ffiNTE RAMINGHI SOSTENUTI A TANTO ESEMPIO DI 1\IANSUETUDINE E DI CRISTIANA CARITA DOLCE PEGNO DELLE RIFORl\IAZIONI 3 ONDE VERRA RISTORO ALLE AFFLITTE FORTUNE AJUTO E TUTELA AGLI STUDI ED Al TRAFFICI ALLO STATO RIPOSO AGIATEZZA E SECURTA DI FEDE E D AMORE DEl SOGGETTI REVERENZA UNIVERSALE ALLA CIIIESA IL TUO DILETTO POPOLO SI RINFRANCA DI 1\IOLTE CARE SPERANZE E ITALIA GIA DI TE SI GLORIA TE IL MONDO GRIDA PRINCIPE CLEl\IENTE MAGNANil\10 SAPIENTISSiì\10 •• CHE SOL SE STESSO E NULL ALTRO SOMIGLIA" Di L. D. 1.7
18 PER L' ESALTAZIONE DI PIO IX. -------=·~:-------- Sul triregno - A CONFORTO E LETIZIA DEL TRIPLICE REGNO SCRISSE L' ETERNO PIO UlPERI Sulla mitra - STILLA DI SANGUE NON TINGE L' INFULA DEL RE SACERDOTE 1\IANO IMPURA SOSTI E PAVENTI Sul pastorale - IL DIVISO GREGGE AL TOCCO DELLA TAUl\IATURGA VERGA IN UN SOL NODO DI CARITÀ SI STRINGE Sul Vaticano - SPERANZE DI SECOLI IL SETTIFORl\IE SPIRTO OGGI ADEMPIE PER PIO
Sulla Propaganda - REMOTE INOSPITE GENTI AL GRIDO DI PERDONANZA ADOREUANNO IL DIO CHE LA INSEGNÒ Sulla Segreteria di Stato - GIUSTIZIA E CLE~IENZA FONDAMENTO E DECORO DI TRONI FRENO E Al\IORE DI POPOLI Sul Tesorierato -- DALL' ONORATO COMMERCIO DALL' ECONOMICA LEGGE NE!\UCA DEL IUONOPOLIO L. ASSEAIDRAl\IENTO ])ELLE INDUSTRIE LA GIOCONDITÀ DELLA VITA Sull' officio delle Poste - PER CORRIERI E TIPI S' AVVICINANO l DUE EMISFERI LE VIE FERRATE EMULATRICI ])EL VOLO QUI RINNOVERANNO IL ROMANO ARDIMENTO Sopra l' aula di un dicastero - PER L'AUTORITÀ E SAPIENZA Dl PIO SUA RAGIONE A CIASCUNO CEDA AL DRITTO LA FORZA ALLA LEGGE L' ARJliTRIO 1.9
Sopra un carcere di graziati - QUESTA TOI\IDA DI VIVI DISCHIUSE UN ACCENTO GIUSTIZIA E UMANITÀ ESULTARONO Sulla porta di un Tribunale - QUI SOLA GIUSTIZIA LUNGI L' INTRIGO L'IGNORANZA L'IRA DI l'Altri REGNA PIO Sopra un Istituto - EDUCAZIONE CilE AFFORZI NON ENERVI GLI INGEGNI ' PROCEDIMENTO DI CIVILTA SON lliSOGNO DI POPOLI SON DEillTO DI REGNANTI Sullo stemma di PIO IX. - LE FUTURE GENERAZIONI MERAVIGLIANDO APPRENDERANNO JL SUDlTO PRODIGIO DEI MUTATI DESTINI Sopra un ritratto del medesimo - IDDIO VEGLIA SUI GIORNI DI LUI MISERO QUAL OSI TURDARLI ULTRlCE FOLGORE L' ATTENDE
I . OPIO TU PERDONASTI SALDO COl\IE TORRE È IL TRONO EDIFICATO SU L' Al\lORE. II, OPIO TU CONCEDESTI LE VIE FERRATE OH IL PRll\lO VOLO CHE PER ESSE SCIOGLIERANNO l TUOI FIGLI SI CUIUDA A PIÈ DEL PADRE! III, O PIO TU VOLESTI CHE A TE NON AD ALTRI SI APRISSE IL CUORE DEGL' INFELICI 1\IENZOGNA O CALUNNIA NON OSERA SOSTENERE IL TUO SGUARDO. IV. O PIO TU DICESTI SORGI O POPOLO E IMPARA TU GLI DONI NOVELLA VITA NON TI SACRERA EGLI IL DRACCIO E L'INGEGNO? v. OPIO LA TUA CATENA È U' .UlORE GLI SClllAVI SPEZZANO LA CATENA DI FERRO, l FIGLI BACIANO l LACCI AMOROSI DI UN PADRE . 21 Del Conte Gioyanni Guari11i
••••••• P oichè sedesti successor di Piero , E già dal Tebro ne correva il grido, Tornar due Dive su quell' almo lido Racconsolate del novello impero. L' una, Prence, TI porse di sincero Olivo un ramoscel; e dicea: nido Fermi in TUO COR clemenza; e l' altra: fido Tieni a questa mia lance occhio e pensiero. Ed era TUO pur l' alto avviso ; e i duri Ceppi infranti ; e all' amor natio donate Genti, ch' aspra premean terra d' esiglio, Ecco salir virtude; ecco malnate Ire spente; e la gioja in ogni ciglio Predir miti e soavi i dì futuri. D el Conte Francesco l'etn{:nctJtÌ
SONETTO Queste, felici un dì, belle contrade Pianser la pace e le allegrezze spente; E paurosa e incerta iva la gente Contra furor cercando securtade. Ma poi che sensi e Nome di pietade 23 Spirò, SIGNOR, nella TUA eccelsa MENTE Il Ciel, che, a chi in lui fida, non consente, Che tutta volga fra il dolor sua etade; Ristoro ebber per TE del soffrir mollo ; Onde amore , onestà, fede e disio Distrinser nodo, che non fia mai sciolto. Sap'ienza all' error perpetua gùerra Fornirà l' opra; e il TUO gran Nome, o PIO, Vivo ed eterno rimarrà quì in terra.
L, --~==---- Angiol d' Iddio, che dc' mortali ha cura Alto un sospiro udiva, ed un lamento: Era di tanti miseri l' accento Dei Cari orbati, e delle patrie nutra. Di duol compunto alla fatai sciagura Rapidf) il voi distese al firmamento: Cessi, o Signore, ei disse, il rio torn1cnto, Cangi la tua pietà lor sorte dura . Piegò l'Eterno sul Creato il ciglio, E regna, disse, sul mio soglio, o PIO, A lor sii Padre, come a n1e sei figlio. Stringi al tuo sen le mie celesti ancelle, Vivi con esse, cbe vivrai con Dio. Tua sede eterna un dì saran le stelle. Dell'4''''· Angelo Callelli
Dal labbro onnipotente uscito il detto, Si fe' plauso devoto in Paradiso: Scese Clemenza con benigno aspetto, E Giustizia mostrò sereno il viso. Tosto il pianto dei Popoli in sorriso 25 Cangiossi, e surse un vicendar d' affetto: Non valle di dolor , ma un dolce eliso La terra apparve, e di amistà ricetto. Opra fu tua, gran PIO, or sei beato, Perchè fedele messaggier di Cristo, Tu baciasti la fronte al perdonato . Scordi l' etade nostra il tetnpo tristo, E la cancelli il Cherubino alato: La terra esulti del prezioso acquisto. Dello stesso
"26 Quando prese le chiavi e il sacro manto Il buon Pastor che da pietà si noma, Arse di sdegno, e si bagnò di l)ianto, Membrando ciò che furo Italia e Ron1a. E sì pregò: Signor, se inutil vanto Non fia triplice serto a la mia chioma, Deh ! poni in me della tua grazia tanto Ch' io basti al pondo della grave soma. Volò il priego all' Eterno, ed Ei v' arrise; E una voce gridò : ti riconforta, Gloriosa Regina, e tergi gli occhi. Al nono PIO gran cose il ciel commise ; La salute del Mondo oggi è risorta ; » Questi è l' Angel di Dio, nessun lo tocchi . Del Dott. Gio. llom~noli.
SONETTO Col suo Pastor riede all' usanza antica Colei che nacque in umil povertade: Regna la pace alle bell' opre amica, E con giustizia onesta libertade. Aurea sorge r età: Quei che nulrica Le pecorelle, e gli agni in securtade, Veglia a difesa della piaggia aprica, E ai lupi ingordi tien chiuse le strade . D' una man spiega la benigna insegna Di pace, e di perdono a chi perdona; Dall' altra il brando di giustizia pende. Tripudia il buono, e solo il reo si sdegna; Umanità trionfa , e l' inno intuona Di mercede al Sie:nor che la difende. <.1
28 SDIIITTD , Le male piante, che fiorir non sanno , Sterpate alfin, ne sorgeran novelle, Ricche di frutta rigogliose e belle, E fia grande l' acquisto, e nullo il danno. Fraude, calunnia, il n1ultiforme inganno, E tutt' altre seJnenze a Dio rubelle , Che pur si veston di bugiarda pelle , Svergognate morran di lento affanno. Gl' idoli iniqui andran sparsi per terra; In cima il buono , e nell' abisso il tristo, Non fia chi torni a rinfrescar la guerra. Ai Popoli la Croce unica insegna , Una la legge , l' evangel di CRISTO, Duce quel PIO che in Vaticano tegna. Dello stesso.
IL 16. LUGLIO. Giù, fratelli, le brune ghirlande Che il dolor su la fronte vi pose; Come l' alba, che ha un serto di rose, Cinga il crine festivo color. Della Terra il Monarca più grande Ai suoi figli pietoso si volse; Del perdon sotto l' ali gli accolse, E con laccio gli avvinse d' an1or. CORO Il desir di tant' anni è compito: Or su al tempio correte , correle ; Ed un Inno all' Eterno sciogliete Che il perdono all' Augusto spirò , Alla sposa ritorna il 1narito, Al fratello ritorna il fralello , Il figliuolo alla n1adre : sì bello Non mai l' italo sole brillò . 29
30 CORO L' uon1 scettrato ha due genj d' accanto Che a lui gridan: punisci; perdona: L' uno il nome di Prcnce gli dona , L' altro il nome di Padre gli dà. Il gran PIO, che rasciuga ogni pianto, Del secondo sol' ode la voce ; Chè lo scettro è minor della Croce, E la Croce gl' insegna pietà. CORO Maledetto chi pon dei Regnanti Nella destra la folgore orrenda! Sul suo capo quell' ira discenda Ch' egli anela su mille versar . Agli altari del Santo dei Santi Volga il guardo, e al più grande dei troni; Là non arde lo sdegno dei tuoni ; PIO lo spense : Ei vuoi mite regnar. CORO Ma conm1ista alla placida oliva Dell' alloro vuol anche la fronda , E tra poco del Tebro la sponda Il Concilio de' Saggi vedrà: E così lo slranier che la priva D' ogni laude , e gli spregi v' aduna, Non più Roma un' oscura laguna Di Minerva ne' campi, dirà.
CORO Ai commerci del Lazio sì lenti S' apriranno novelli sentieri , E del Tebro , più al corso leggieri , Vedrem legni su l' onda volar . Men divise tra loro le genti, Men divisi saranno gli affetti, Che più forti negl' itali petti Li sapranno dal sonno destar. CORO Vivo raggio dai colli latini All' attonito sguardo risplende ! Ei da Scilla al Benaco si stende, E n' esulta l' antica virtù . Deh ! alla spen1e degli alti destini Tengan fede d' Italia gli eventi: Il vessillo del Dio de' Redenti Ricongiunga le sparse Tribù . CORO Tra le brume di barbari liti, Tra gli ardori d' arene deserte, Per convalli , per piagge , per erte Sconosciute dell' aquila al vol, Ogni gente chiamando ai suoi riti Corra il santo vessil della Croce, E abbia il mondo civile e feroce Sola un' ara, ed un popolo sol. 31
3'2 CORO Su, fanciulle, co' fidi garzoni Roteate giulive ne' balli , E mescete pe' floridi calli Suon di mani al tripudio del piè. Ed il vale con liete canzoni Tra il fervor delle danze s' aggiri, E ogni fronda, ed ogn' aura che spiri Sciolga un Inno cl' an1ore e di fè. CORO Ma perchè nel1uantello ravvolta Vediam gente pensosa e solinga? Par che un senso d' affanno la stringa; Par che fugga la luce del dì. Colà dove la frasca è più folta Ferma i passi l' oscuro drappello; GitLa i manti, ed appare il coltello Che i fratelli più volte ferì. CORO Di livore gli sgherri son essi Meditanti i furtivi veleni; Voglion nembi, non giorni sereni Queste belve ne1niche del Sol; Voglion pianto di popoli oppressi , E gli affanna sì candida aurora. Ah ! se il dì del piacer gli addolora Bevan sen1pre alla coppa del duol.
CORO No: fratelli sian1 tutti ; venite, Su venite voi pure alle feste, Della gioja pigliate la veste; Via que' panni , e quell' arma fatai. Col nemico il nemico , ed unite Sian le destre con nodo tenace ; Questo giorno sia giorno di pace: Negli umani fia l'odio immortal? CORO Su venite tra i fidi garzoni, Roteate giulivi ne' balli, E rnescete pe' floridi calli Suon di n1ani al tripudio del piè; Ed il vate con liete canzoni Tra il fervor delle danze s' aggiri, E ogni fronda, ed ogn' aura che spiri Sciolga un Inno d' amore e di fè . Il presente Inno composto dal Conte Pelleg·rino Merenda Colombani fu messo in musica dal Sig. 1\Iaestro Francesco Favi, e cantato nel Teatro dei Filodrammatici di Forll la sera del 27 Settembre 1846. i
34 A PIO IX. PONTEFI~E IASSIItiO INNO Alza di lodi un cantico , Livia, al sovran Pastore ; Tergi le amare stilie , Schiudi a letizia il core , Chè dal trilustre bando Riedono i figli a te . Oh qual soave fremito Si desta in ogni petto ! Esulta pure , esulta D' insolito diletto ; L'era novella un voto, O Livia , più non è. Dal ciel scese il messaggio Che ci recò il perdono; Pace, giustizia, e fede Oggi si stanno in trono ; Plaudon le genti tutte Di Piero al Successor .
Quel Padre clementissimo Infranti i ceppi or vuole, Ei rende ai derelitti Del cielo aperto il Sole, Dopo tant' anni e tanti Di carcere e d' orror. Ai profughi ed ai miseri Tratti in lontano lido , Che si pascean del pane Dello stranier mal fido , Che tapinando corsero Dall' uno all' altro mar; L' augusta man protende, E con amor gl' invita A ristorar gli affanni ; Li chiama a nuova vita Col dono di quell' aure Che infanti respirar. Riedono già, d' Italia Scopron le piagge amene, Già premono col piede Le sospirate arene ; Piangon di gioia , e i baci Ricambian d' amistà . Al donator magnanin1o Innalzano i redenti Inno di grazie, e pari, Gridan, a un Dio Tu senti Nella grand' alma i sensi D' runore e di pietà. 35
36 Ne' n1acri aspetti e squallidi Ove il dolor fu impresso , Spunta il sorriso : oh mira Congiunti in casto amplesso Spose e mariti: oh istante Oh eccesso di piacer ! Quegli che al sen pur pargolo Fu stretto il dì del pianto Dal genitor , adulto Or gli s' asside a canto , E mira le sembianze Che gli pingea il pensier. Ebra d' immenso giubilo Vola la genitrice Verso il figliuol, lo stringe Fra le sue braccia e dice: M' è d' ogni mal ristoro Questo momento sol. Alfin tornasti, o figlio, Al tuo paterno tetto; Pria di morir pur dato l\ii fu premerli al petto: Or ti ringrazio, o cielo , Che non m' uccise il duol. Oh! tutti alziamo un cantico Di laude al Sommo, al Pio, Che sulla terra apparve Qual Iride, che Iddio l\landò a cessar il turbo Del pianto e del dolor.
Egli dal Can1pidoglio, Tutti 1niei figli siete, Grida, dei dì futuri La speme in me ponete: :Ma tra voi regni pace, Regnin giustizia, e amor. Di Carlott.. Gommi. 31
38 PER L' ELEZIONE SESTil\E I. Alzate, ltali cigni, alzate il canto, Chè novello si schiude ordin di cose: Succede il riso a lungo acerbo pianto, Spuntan sui dumi le purpuree rose, E l' eterno de' secoli al desio La gran mente ispirò del NONO PIO. II. Di Pier la nave da contrarii venti Era già spinta nel maggior periglio: Minacciose fren1evano le genti Stanche del peso di fa tal consiglh> ; Lmnentavano al ciel l' auree virtudi Fatte scherno di vizi orrendi, e crudi. III. Alfin l' Angel di Dio sul Vaticano, Qual Iride lucente, posò l' ali ; Col santo segno del ri scatto umano Pace, disse, sia pace alli 1nortali: E di Cherùbi , e d' Angeli festanti Mille celre s' udiro, e n1ille canti.
IIII. Cinto le tempia d' immortal triregno E ardente il cor di carità celeste Un uom non già ~ ma dal beato regno Spirto disceso a consolar le n1este Genti, ratto cessò l' antica guerra Che di duolo e di sdegno empiea la terra. v. In nome di Gesù gridò : perdono ~ E perdono dall' uno all' altro lito S' udia echeggiar: al benedetto suono, Mentre discordia si mordeva il dito, Di nuova luce e inusitato riso S' allegrò l' universo e il Paradiso. VI. Scese quel suon fra le dolenti n1ura Ove in ceppi gemean mille infelici, E tosto serenò l' acet·ba e dura Lor sorte, e incominciar giorni felici; Esultanti lasciar l' aure affannose Gridando oh! patria, oh! figli, oh! dolci sp~se. VII. Quante nel riveder del suoi natio, Degli amati congiunti i cari aspeui Lagrime sparse! Quante al som1no PIO Voci di grato cor f di serti eletti Piene le vie: nei templi inni devoti, Memoria eterna ai più tardi nepoti.
40 VIII. A PIO il perdono il Nazareno apprese.; Ei col bianco vessillo dei redenti Il maggior soglio della terra ascese; A lui dintorno le virtù ridenti O salve, disser, di speranze amiche Avvivatorc, e di bell' opre antiche . IX. Per Te, l' una scla1nò di quelle dive, Per Te reso n1i fia l' onor prin1iero: D' ire , di sangue , di vendetta schive Fien le tue voglie, e mite, e uman l' impero, Qual s' addice all' Augusto Successore Di Lui ch'arse per r uon1 d' eterno amore. x. Ed un' altra: per Te novella etate Volge: leggi, comn1ercio, ed opre illustri Fioriran: ignei ingegni su ferrate Vie, e sul dorso all' onde in pochi lustri: E le genti del gemino Emisfero Avran solo un affetto, un sol pensiero . XI. Per Te il senno d'Europa, anzi del mondo S' adunerà nella famosa Roma: L' Italo ingegno non fia altrui secondo, Scossa del cieco error la grave soma; E lo straniero ai nostri danni accorto Vedrà il prisco valor fra noi risot'to.
XII. Per Te , altra ripete , nella sacra Aula di Temi la regal giustizia : Non l' odio , l' ignoranza, non la macra Fame dell' oro, non feral nequizia Il vero calcheranno e la ragione: Terrà suo seggio invitta 1\eligione. XIII. Francheggiati per Te la vita e i beni; Securo il dritto da possenti offese : A oziosa povertà validi freni Posti : sventura, e industria difese Da cupidigia e monopolio audaci Ognor del censo cittadino edaci. XIV. Sorgeranno per Te l' arti sorelle E gli alLi studi ond' è lieta la vita ; L' opre egregie per Te non fien ancelle Di falso zel , di Religion mentita : Non vile intrico , o multiformi frodi Al n1erto usurperanno onori, e lodi. xv. Così dicean quelle celesti: un grido Ovunque corse: nel suo servo Iddio Parlò alla terra: ogni straniero lido Attonito guatò l' Italia, e Pio; E nel prodigio di subiti eventi Il destin presentì d' afflitte genti. 6
42 XVI. Roma e Italia regnar sull' orbe un giorno Con tranquille virtù più che col brando ; Invan speriam soave tempo adorno Se non cacciati i vizi e l'ire in bando: Amor , Religione , un sol desio Il trionfo ergeran del NONO PIO . Di Uli111 "'""· Pontoli, al quale appartengono pu,.e le Epig,.'!ft italiane a pog. 18.
FESTEGGIANDOSI IN FORLI IL PERDONO DATO DA PIO 1\TOl\TO l BOlMCAGMUOLI Al BOMBI =~- ODE Siam fratelli : Iddio scolpiva Questo senso in ogni petto, E quel giusto che n1oriva Su la croce , il suggellò. Pera quei che il santo affetto Nel suo seno soffocò. PACE, PACE. Questo grido Si partì dal Vaticano ; Corse ratto in ogni lido , Oltra i monti, varcò il n1ar. Benedisse al pio Sovrano Il palagio, il casolar. A tal grido si riscosse La virtù di Roma antica; Tutto il Popol si commosse , E al proscritto che languì Allargò la mano amica Per soccorso , e amor gli offrì. 43
l l) Ogni voce alto gridava: A noi vengano i fratelli; Ciascun labbro li baciava Pur da lunge col desir : Fin la polve negli avelli S' udì fremere e gioir. Quasi elettrica scintilla Via per l' aere in ogni loco Corse ralta la favilla Di fraterna carità, Che fia seme al sacro foco Ch' ogni cor congiungerà. E tu o Roma, che primiera Proclamasti il nuovo patto , Dispiegando la bandiera Della pace, e dell' amor, Nella gloria del riscatto Avrai primo e degno onor . Se Romagna insanguinata Pianse a lungo, or pur s' abbella Tutta a festa, e consolata Canta l' inno al Re dei Re; E chiamandoti sorella A te sacra il cor la fè . Menzogner, maligno labbro Calunniò già il bel paese; D' arti infami il disse fabbro, Di nequizie, e crudeltà. Pet·chè a lui sì grandi offese? La calunnia dir noi sa .
Ma del Dio che il ver difende La giustizia non fu n1uta ; E a squarciar le oscure bende Due giustissilni mandò : * La calunnia è alfin caduta ; E in sua luce il ver brillò. Tutti figli del perdono , Che col sangue fu comprato , Ci prostriamo a piè del trono Del Vicario del Signor , Che il precetto ha rinnovato Della pace e dell' amor. Tutti sudditi di PIO Ci congiunga una parola . Egli è il messo di quel Dio Che sul Golgota spirò : Vivo esempio è della scuola Che il vangelo c' insegnò . Un desire , un voto solo Nutra in petto ogni credente: Cessin gli odj, cessi il duolo , E risorga la virtù. Le memorie vadan spente Del rio turbine che fu . Qual fia gente sì feroce çhe non plauda al Magno, al Santo? E rubello della croce Chi al grand' atto non gioì. Su fratelli, alzianw il canto Di letizia in questo dì . Del Dott. Gw. n omagnoli. l.t5 • Pio Nouo già Vescovo d'.Imola, e l' Eminentissimo Gizzi già Legato a Forli.
ELEGIDJON Exorilur tandem quct non optatior ulla _, Lux insperatae nunciu luetitiae. Exoritur: castas fttmant pia thura per aras _, Pictaque virgineo flore nitescit ltumus. Interea Zepltiri dulces fert aura tepores Perque domos placido mU'rmure~ perque vias. f!os proculltinc vigiles curae_, procul este labores_, Absit et a nostro pectore tristitia. Omnia sint operata PIO_, dum sospes et aequus Res nostras miti temperai imperio. Cujus ab auspiciis nutuque vocata per a,ura-s Pax, celeri penna non abitura redit. Hic vixdum triplici cinctus diademate fulsit , Insolita gaudet lVuminis Orbis ope • Nam quos incaute primo sub flore juventae Gesta, procul patriis abstinuere (ocis ; Donati lacrimis tterum, gremioque parenturn , Optatae repetunt dulcia tecta domus. JJ1axime Pontificum ~ per te felicia deget Otia ~ pacatis hostibus Italia . Per te justitiae meriti tribuantttr honores, Quae vigeat nostro non temerata solo. Alma (tdes atro nunquam violata veneno Floreat _, et populos unus amor teneat. Adnue, lJlagne Parens, solui jam debita vota Quae condunt grato pectore Liviades. Tuque~ precor~ multos fausta exoriare per annos Lttx insperatae nuncùt laetitiae. '-l ·~ / -. t.. & ~ t
TIPOGRAFIA CASALI ALL' INSEGNA DI FRANCESCO MARCOLINI . Forolivii 30. Septembris 1846. Imprimatur - Fr. Al. Tb. Ferrarini Ord. Praed. S. Theol. Lcct. et Vie. S. Off. - Die 6. Octobris Imprimatur - Josepb Felcini Vicarius Generalis.
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