Vi è una· forma di sopravvivenza, propria dell'orator·e: · ·lo stesso Cicerone narrà che, dòpo la morte di Crasso, il grande eloquente, i colleghi guardavano nel Foro il posto di lui, quasi sperando di riudirne la voce e di rivederne il gesto. lo azzardo di ripetere il mio_ amore per la ,rettorica; quella certa rettorica che va intesa nel senso originario; e anche quell'altra che accende fuochi e canta aU.estelle quando gli ·uomini, fattisi ·ghiri nella notte, · son solo intenti a masticare le ghiande: il 1922 s1diceva che fosse rettorica il ritorno di Cesare il nuovo Impero di Roma e la più grande Italia; così nasce la rettorica dell'antirettorica, la peggiore. La quale rettorica è calunniata, quando con essa s'intende la parola vuota e gonfia e l'orpello falso e la chincaglieria di similoro. Questa non è rettorica; è niente. Ciancia. La rettorica invece è amore dell 'espress~one intensa, fulgore del- ! 'immaginazione viva, iridescenza del pensiero. In ogni grande oratore è il rètore, come in ogni uomo lo scheletro. Iri Italia, l'eloquenza è stata sempre rettorica, perchè è stata sempre drammatica. Quell'oratoria, inglese, fatta di umorismo, col colletto impeccabilmente duro e il tàit senza pieghe, è lontana _dal nostro bisogno di vedere il fondo delle tragedie e di appassionarci agli -eventi della vita. Il nostro stesso idioma, disteso e risonante, è fatto per l'abbrivo delle emozioni. Voltaire diceva che « l'anglais ga-- gne deux heures par jour sur nous~ en mangeant la moitié Jes mots »; e Alfieri specificava: « Capitano » è parola sonante, intera, e nell'Italia nata: « Capitèn » già sconsola, nasalmente dai Galli smozzicata: « Keptn », poi, dentro gola dei Britanni aspri sen sta straspolpata. E ancora il durò epigramma dell'antico Paolo Rolli, un tantino pornografico, mette l'idioma tra le cinque strane cose dell'Inghilterra : · Bibl1ot~caGino Biar,co
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