Questa açlunque non è guerra d'avventura, non è solo guerra per quote di tenitorio; è, la guerra per la tutela delle due Rivoluzioni, per la loro vita presente e per il loro avvenire. Il nemico attenta alla radice stessa dell'idea per la quale l'Italia lotta da vent'anni; la posta è irriducibile, l'odio è senza riserve: quell'odio del quale Hitler si vanta ne « La mia vita », e ch'è poi lo stesso « odio freddo cosciente implacabile, radicato in ogni cuore, diffuso in ogni casa », che il discorso del 23 febbraio, .dall' « Adriano » di Roma, eleva come elemento indispensabile della vittoria. Il 23 febbraio è - badate bene - il giorno in cui un bersagliere, il pomeriggio, a quota 144, è ferito in trincea; ventiquattro anni dopo, il pomeriggio, lo stesso giorno, quel soldato, che ora combatte non più per l'Italia, ma per l'Europa e per il mondo, proclama le nuove leggi dell'avvenire: « Vittoria; Italia; Pace, con giustizia: fra i popoli»: prima il sangue, poi la parola. ibliotecaGino-Bianco
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