dacia Jel piccolo regno contro il possente impero, che la guerra non si vince a peso di danaro ma per tributo di fede. Carlo Alberto - si è tutti d'accordo - meritava o la vittoria piena o un tramonto sanguigno, o la realtà ambita o la palla che egli invano sfidò e cercò a Novara; meritava una fine raggiante pari alla vita nobilmente spesa; ed è un'in- ~ustizia priva di consolazione quel finire come una pistola scarica, quel viaggio solitario nel quale il Re magnanimo, accompagnato da uno staffiere, si ferma a pregare alla Madonna di La.ghetto, scompare nella nebbia verso le lontananze d'Oporto, è taggiunto a Tolosa dal marchese La Marmora cui consegna l'atto di abdicazione, quell'atto steso nello studio d'un notaio_straniero, uno spagnolo, De Forumdarena: perchè almeno non lo accompagna la canzone d'un poeta? Foscolo è morto da oltre venti anni, esule e povero in terra straniera; Leopardi è morto da oltre dieci anni facendo a tempo a scrivere la canzone all'Italia: potrebbe il suo Re cantarlo Manzoni, ma Manzoni s'ispira alle tombe - dal1'Adelchi al Carmagnofa e al « Cinque Maggio ,, -, la sventura viva non lo agita. La poesia s'è fatta borghese, ha ereditato qualche lascito dai codici amorosi delle società cavalleresche. Ci vorrebbe, a cantar Carlo Alberto, un poeta di fegato attivo e di mano lesta, un figlio di Tita, a esempio, quell'Aretino nato in ospedale, quegli che grida: « componendo ladramente merito scusa, e non quegli che lambiccano l'arte dei greci e dei latini,,. Del resto, siamo nel vivo della storia; e il poeta canta la storia, ma non la fa. Bisogna che Achille stramazzi ferito al calcagno sensibile, perchè Omero avanzi dal caos delle sette città a cantare l'ira funesta. Nei periodi decisivi - questo si potrà dire senza timor di polemiche? - nei periodi di ferro val più una tenda di quattro armati che l'Elicona con le nove Muse: bisbetiche femine, poi che abitano anche d'inverno sul monte, un monte alto 1750 metri. La poesia - vedete bene .........:. si rinserra alta, oltre il clamore: e il fante si vendica quando, assiderato nel fango della trincea, è disposto a permutare un rùdero del Partenone per una gavetta di brodo, di brodo ben caldo. 68 ·Bibliot ca Gino Bianco
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