Ma, due anni dopo Marengo, la nuova costituzione, propugnata da Melzi d'Eril, è più vicina a una delusione che a una conquista: Napoleone è troppo impegnato nelle faccende di Francia per potere con cuore prodigo curare le sorti d'Italia, e il Melzi è un patriota che cerca di giovarsi delle forze dominanti, senza contrastare: ciambellano con Maria Teresa, giacobino con la Francia, guardasigilli con Napoleone. La costituzione sancisce il potere sovrano, diretto o indiretto, del Primo Console; le assemblee sono figurative. Qui si deve aggiungere che Napoleone è tuttora un crudele, agitato dalle febbri del soldato di ventura: la vittotia lo aìzza; il lume della sua stella lo chiama ràpido, senza farlo attardare nei problemi di giustizia che sono in definitiva tormenti dello spirito; egli, per dominare gli eventi, n'è prigioniero e gli manca ancora quel senso d'humanitas che raggiungerà più tardi con l'esercizio del comando: lo stesso suo sguardo è ora grifagno, mobile per avidità, un sorriso amaro e pregiudicato da sottintesi, senza quello slargo che gli aliterà più tardi sul trono; alcuno ha detto che molti cocchieri somigliano al Primo Console, nessun uomo all'Imperatore. Napoleone vorrebbe aiutare l'Italia; ma non desidera scontentare le cricche dominanti; non intende dare èsca ai vari Talleyrand e Fouché (« le vice appuyé sur le crime », secondo la felice sintesi di Chateaubriand); non sa ancora la tàttica di ridursi talvolta umile (Carlomagno giunge a Roma per farsi incoronare, lui fa giungere il Papa a Parigi). Accade che ancora il 1805 si còniino in Italia gli scudi col timbro di « République Française >>. Napoleone manca d'imperio nel desiderio di aiutare l'Italia; una volta in più perde l'occasione di farsi amare e dà ragione al visconte di Ségur: « Napoleone è un uomo che nessuno ama e che tutti preferiscono >>. E poi ora, nella sua dimora in Italia, Napoleone si aggiùdica il diritto di soffrire per una donna, che ha lui stesso innalzato al ruolo della fatalità: l'eterna Giuseppina. « La scure non farebbe strage nella foresta - dice Buckere - se questa non le avesse dato il mànico ». BibliotecàGino Bianco
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