Titta Madia - Storia terribile del Parlamento italiano

lismo di Mimì proveniva da. uno zio di molto riguardo, venditore d'olio all'ingrosso e al minuto, e grande elettore d'un deputato d'Estrema Sinistra pel Collegio di Vicarìa (salvo errore). · Lo zio era sempre ricco d'un pretesto per darsi importanza ed era lucidamente calvo - d'una calvizie che (direbbe non so chi) sembrava un attentato al pudore -; il deputato era libern docente all'Università, e faceva il nuvolo e il sereno con roteare d'occhi di braccia e di « popolo lavoratore e cari compagni evoluti e coscienti », perciò portava il cappello a sghembo. Molti allora credevano d'entrare nella storia, a capo coperto: ed eran divorati dal loro stesso errore. Lo zio di molto riguardo infettava il parentado delle proprie pantofole. Così, ramificandosi dall'alto in basso, ritalliva il falso amore di pace ch'è in definitiva la paura del coraggio, quella paura da cui trae vita! nutrimento la fòrfora di tanta austera dottrina: siamo così e rimaniamo così. Nell'aria, infatti, passava il tanfo delle parole grosse che rimpiccioliscono gli eventi - i caposaldi della politica, la disfatta che crea la rivoluzione, l'esercito non pronto, le finanze stremate -, paurose parole che uscivano a frotte, come fantasmi, dai palazzi dove la gente godeva il divano, si grattava la collòttola con sguardi ottusi e pretendeva pacifici ordinamenti. Cum laetitia. Il giorno smorì, ma morì come di mal violento, strozzato dall'ìncubo delle case, senza gli indugi crepuscolari dei tramonti anònimi nella stagione delle canzonette. Quella notte noi, i cinque sturienti, dormimmo in un alberghetto della Corsèa (inutile ricercare oggi: la Corsèa fa parte della Napoli che se n'è andata, S"._entrata); fu il nostro un sogno rissoso in cui passarono confusamente Goffredo di Buglione, il Dante di Trento, un plotone d'austriaci catturato, la promozione sul campo, cc u farru freddu » del bororese e altre complicate· turbolenze. Al mattino uscimmo che il sole era pur mo' sorto, alle · prime ore; e più il cuore batteva impaziente. Mà il mattino diceva: - sono io, come ieri e come domani; sono io a gabbare· il mondo, ogni volta portando un'illusione che morrà 512 Biblio_tecai.::,inoBianco

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