Titta Madia - Storia terribile del Parlamento italiano

sulle labbra. Le campane suonano rintocchi lùgubri, alle tavole pingui dove prima si mangiava a strippare adesso è un'inappetenza da non dire, le sere portano il dubbio d'un domani crudele, passano tmte cose per la testa e la testa duole, un'orda di congetture azzanna quest'umanità nata tranquilla, uno spasimo è: è tornata la botte d'Attilio Regolo e tutto un. povero mondo vi ròtola fra chiodi, di notte tichèttano improvvisi gli interruttori della luce elettrica - la luce è una compagni.a, si sa -, solo i gatti inarcano il dorso o si stirano sui tetti godendo maggio e amore e miàgolano lascivamente: ci .sarà la guerra? pesa il tormento dell'incertezza, il sonno ne porta i rivèrberi. Ma i pochi urlano che la guerra debba essere, e presto, che questo tira e molla non è - come direbbe Renzo Tramaglina - che « un'altra lungagnata >>; i ·pochi sono - si ripete - studenti, operai, innamorati, avventurieri di bellezza, volontari del rischio, evàsi dal metodo e dall'ordine. Giunge da Milano il giornale nuovo, che pare scritto con le mascel!e serrate, ed è ogni giorno un appello. Mussolini. Ma <:hi è Mussolini? dicono, p:dlidi, i signori dello « statu quo )); e i pochi, a gridarne il nome, ne sentono nella voce un presagio càrico di destino. D'Annunzio? i parlamentari fanno spallucce; sì... anche i cantastorie adesso si mettono a reggere le sorti d'un popolo?! · Fa caldo, un caldo da quinta bolgia dell'Inferno; nell'afa si perde il contorno delle cose e si tenta un'oscura trama tessuta di omertà di intese di resistenze, fioriscono le rose coltivate dal sorriso del signor Bulow. Ma poi giunge d'improvviso quel _grido deì pochi: « guerra, guerra! J); e le fronti, riaggrottate, tornano a piegarsi con alle tempie le vene tùmide fatte a serpicina. Noi eravamo studenti a Napoli, e ognun sa che odore abbia maggio a Napoli: Pasguariello cantava come qualmente « a Marechiaro ce sta .na fenesta », noi dal loggione gridav.amo con una stro.zza da lupi che si suonasse la « Marcia Reale)). Marcia Realeeee! ... Eravamo tutti vampe e lapilli. Si usciva al mattino in cerca di belle grida e di fascinosi tumulti, con uno sperare da disoccupati; ma c'era gente che andava come sempre, con fretta d'affari, come se non si doBibliotecaGino Bianco

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