vi prego - una viva antologia, di giudizi spaccati e programmi dell'epoca, ·raccolti con gusto nelle pagine di Tempo. · Ma infine - che è; che non è -- vinse il latifondo; contro le immense stasi della tradizione smorirono le generose smàriie dell'inchiostro; la resa avvenne per le barbute labbra di don Antonio Di Rudinì, palermitano e ministro dell'Interno: << La Sicilia, o signori - disse Di Rudinì alla Camera il 25 gennaio I 877 - è quale fu fatta dalla sua storia, e la storia non si cancella con un frego». Persino Napoleone Colaianni, siciliano combattente ribollente e furente, pensava alla difficoltà di quel frego: <( Il latifondo - scriveva « agli Italiani del Mezzogiorno n - ha durato imperterrito a quegli assalti di vento, ha seguitato ad allargarsi col fare sonnolento di chi sbadiglia e distende le braccia >>. Che si fa? siamo giunti al 1910; e, al 1910, nulla si può mettere agli atti senza un'Inchiesta Parlamentare: la Commissione studia inquirisce riferisce; le cose finiscono qui. Le conclusioni dell'Inchiesta Parlamentare sono queste: « Sicilia: dirigere la massima cura allo spezzamento del latifondo, non rifuggendo neppure dalla coazione. Promuovere la costruzione di case sparse e la creazione di borgate rurali. Agevolare i prestiti per l'acquisto e la conservazione della piccola proprietà>>. Proposizioni sicure e sapienti, perciò archiviate. Accadeva. Il latifondo si fa più padrone e assorbente; il contadino siciliano, che pure dopo il I 860 - con l'abolizione della manomorta e le concessioni enfiteùtiche - ha avuto un respiro e un sollievo, ora continua a stramazzare nelle insolazioni della canicola per pagare i fitti e gli estagli alla scadenza delle processioni di giugno, « come San Giovanni arriva sotto l'olmo». Giovanni Verga racconta in bella calligrafia la dolente · miseria di « lesi il pastore »; gli scrittori dell'isola stendono commosse pagine armoniose sul patimento delle masserie di- .gradanti dal ciglione dell'Arcura dalla piana di Catania dalle colline della Nicchiara e dalle vallee di Castalfaro: siamo negli scenari di Luigi Capuana. Più tardi cresce Pirandello, nella sua Girgenti, dove per bere bisogna andare ·alle fontane di Bonamorone, dove la po391 BibliotecaGinoBianco
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