• • rono in breve tempo a rendersi così popolari da incutere un vero terrore al governo, che deliberò di debellarli ad ogni costo. Il ministro Zanardelli proclamò alla Camera dei Deputati, all'indomani dell'attentato del Passanante, che gl'internazionalisti italiani erano tutt'in carcere o in esilio. Dopo questo attentato, che non fu opera dell'Internazionale, bastava che il re si recasse a visitare una città, perché tutti gl'internazionalisti del luogo venissero immediatamente cacciati in carcere insieme _coi ladri e con gli affiliati alla camorra e alla mafia. La magistratura compiacente imbastiva i processi; e non osando rinviare gl'imputati avanti ai giurati, che li avrebbero assolti, li rinviava avanti se stessa sotto l'imputazione di associazione di malfattori, 1 e li condannava. La polizia compiva l'opera facendoli ammonire mentre erano detenuti e mandandoli poi a domicilio coatto. Verso il 1880 ( non garantisco, scrivendo in fretta questi ricordi, l'assoluta esattezza delle date), Andrea Costa, che aveva finito di scontare in Francia ·due anni di prigione per avere fatto parte della sezione francese dell'Internazionale (vigeva allora in Francia una legge che puniva la partecipazione a questa associazione), si accingeva . a tornare in Italia. Sarebbe stata per lui una nuova odissea: carcere, ammonizione e domicilio coatto, e poi da capo. Molti internazionalisti, bisogna dirlo, avevano sofferto quanto lui e più di lui - specialmente gli operai, che la polizia perseguitava perfino nel lavoro, imponendo ai padroni di licenziali - e cominciavano a s~ntirsi stanchi di quella vita di lotte e di pericoli, alla quale non vedevano nessuna fine prossima, e da cui pareva non derivasse né ad essi né alla classe lavoratrice nessun beneficio immediato. Costa rifletté a lungo, prima nelle prigioni di Parigi, poi in Svizzera, dove momentaneamente si ridusse; si consigliò con gli amici per lettere e in varie peregrinazioni clandestine per l'Italia, e finì per prendere il 1 Per raggiungere lo scopo di sottrarre gl'internazionalisti al giudizio dei giurati, non bastava gabellare un'associazione politica come associazione di malfattori, scrivendo sentenze che rimangono monumento d'infamia per la magistratura italiana; ma era necessario che la sezione d'accusa concedesse motu-proprio agli accusati il beneficio delle circostanze attenuanti, affinché la pena applicabile rientrasse nei limiti della competenza dei giudici togati; e, manco a dirlo, anche questo disonesto ripiego venne adottato. 577 Biblioteca Gino Bianco
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