• me espresso: di non mio non c'è che il titolo: « La fine dell'anarchismo». La subii a malincuore, come narra il Sobrero, perché mi doleva <li pronunciare un giudizio duro per coloro che militano oggi sotto una non ingloriosa bandiera, sotto la quale io ho militato negli anni migliori della mia vita. Ma pensai che forse appunto per essermi , appartato dal movimento anarchico, io sono meglio di ogni altro in grado di formarmi un convincimento che può essere errato, ma che è scevro da spirito di parte. E pensai anche che parlare liberamente ad uomini liberi era l'estremo servizio che io potessi rendere alla Causa, - la quale, credimi, sta al disopra dei partiti e delle scuole, se non sta addirittura, come talvolta avviene, al polo opposto. · · Tu che mi conosci puoi dire che io parlo senz'odio per alcuno, né per disprezzo, come il cuore mi detta dentro; e se le mie opinioni sono mutate, non però sono mutati i miei sentimenti, cioè il desiderio di vedere ca~cellate le maggiori ingiustizie ed iniquità dallo ordinamento sociale. Io, dunque, ho detto che il partito anarchico da venti anni si dibatte ancora tra il socialismo libertario e l'individualismo amorfo: che esso non produce più né uomini, né idee; che esso non opera più, e solamente compie un'opera - utile, questa, ma non bastevole a giustificarne l'esistenza - di propaganda dei principi essenziali e fondamentali del socialismo presso quella moltitudine di persone che per temperamento, per partito preso, per tradizioni locali e per altre qualsiasi ragione, rifugge dalla disciplina di partito e dalle schermaglie elettorali e parlamentari. Ho detto che l'anarchismo non ha prodotto nemmeno, negli ultimi tempi, nuove dottrine, nuove scuole, nuove correnti d'idee, nuove forme di lotta: che esso, non che far sosta, si è fermato addi- . rittura nel suo andare, e che tutti i congressi del mondo non varranno, a mio debole modo di vedere, e galvanizzare un cadavere. Godrei che tu od altri mi dimostraste che sono in errore. Ma se i fatti son quelli che sono, perché ostinarsi in una via senz'uscita, Merlino molta stima e molto affetto, gli scrisse, meravigliato e quasi incredulo, per sincerarsi della cosa; e ne ebbe in risposta questa lettera, che egli pubblicò, facendola seguire da un lungo articolo sul « Movimento anarchico contemporaneo», nella rivista Il Pensiero (Roma, 16 luglio 1907) da lui diretta insieme con Pietro Gori. 573 Biblioteca Gino Bianco
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