Francesco Saverio Merlino - Il socialismo senza Marx

sentiero », lo si sottopone a una disciplina rigorosa, agli ordini che vengono dall'alto, da un centro che tutto muove e dirige. Questa è la caricatura della rivoluzione, è l'eterna illusione di voler redimere il mondo dalla schiavitù con la forza, assoggettandolo a una nuova dominazione, neppure temperata dalle consuetudini adottate per rendere tollerabile l'attuale. ·k Sembra incredibile! Ma questo modo di concepire la rivoluzione non è esclusivo dei socialisti autoritari o marxisti; ma nello stesso errore sono caduti, involontariamente, gli anarchici. I quali concepiscono, è vero, la rivoluzione come un movimento di masse, ma prevedendo che le masse possano rimanere inerti o indifferenti o diffidenti verso la rivoluzione, si propongono di guidarle, di trascinarle, forse non è inesatto dire di capitanarle. Già Michele Bakùnin nell'opuscolo « L'Empire Knouto-germanique et la Révolution sociale» (Genéve, 1871), aveva scritto un curioso capitolo intitolato: « Bisogna inviare nelle campagne, come propagatori della rivoluzione, dei corpi franchi », dove, pur riconoscendo che « una rivoluzione imposta sia a forza di decreti, sia a _manoarmata è il contrario della rivoluzione », vuole che « i corpi franchi si presentino nelle campagne con una ·k Dopo la critica fatta dal Merlino alla « dittatura del proletariato» cosi come è stata messa in pratica dai comunisti russi, è interessante vedere che cosa egli aveva scritto trent'anni prima (1891) sul medesimo argomento in uno degli articoli, più volte ricordati, apparsi nella Société Nouvelle l'anno stesso che fu resa pubblica la critica severa di Marx al programma di Gotha, nella quale si ribadisce la necessità della dittatura rivoluzionaria del proletariato come fase cli transizione dalla società capitalistica alla società comunista: « Come una classe intera possa esercitare una dittatura in corpo, in massa; come i dittatori, individui o classi, resterebbero dei proletari, dopo una gestione anche breve, cioè non si preoccuperebbero di rimpinzarsi e di arricchire proletarizzando le altre classi o masse; e come si ritirerebbero dalla dittatura volentieri dopo averne goduto, è una sciarada che ancora nessuno ha indovinato. Noi ci permettiamo di credere, sostenuti del resto dalla storia, che mai alcuna dittatura fu esercitata dalla totalità né anche da ùna maggioranza dei cittadini; che mai una dittatura sarà posta al servizio della giustizia e degl'interessi della maggioranza ed ancor meno della totalità dei cittadini. Insomma, noi respingiamo la dittatura avvenire del quarto Stato per gli stessi motivi per cui insorgiamo contro l'attuale dittatura del terzo; contro quella dell'operaio come contro quella del borghese o del re: contro lo Zukunfts-Staat o il Volks-Staat, come contro lo Stato di oggi. No, non è il dispotismo che ci condurrà alla libertà e al benessere; e anche se ci conducesse a tal punto, noi non lo odieremmo di meno! » 522 BibliotecaGino Bianco

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