collettività meglio favorite ricavano una rendita, vale a dire percepiscono un guadagno dalla loro situazione più vantaggiosa. Il valore non è un attributo della materia in generale, ma delle cose singole (opere, prodotti, materia prima, mezzi di produzione); non è un'espressione di quantità ma di qualità. Ciascuna cosa ha un valore specifico e variabile, dipendente dall'estimazione che l'individuo fa dei suoi bisogni e da un'infinità di cause individuali e sociali, che sfuggono all'apprezzamento dello statistico più accurato. L'amministrazione collettiva non potrebbe assegnare il giusto valore a tutte le cose; e ad ogni modo quali guarentige offrirebbe essa di capacità, d'imparzialità e di giustizia? Se dobbiamo credere al Bebel, su queste questioni non vale la pena di intrattenersi! « È indifferente - ci assicura egli (p. 333) - come questa amministrazione centrale venga eletta ... Non si annetterà importanza a tali questioni, non trattandosi già di occupare posti onorifici o lucrosi, ma solo di rendere servigi in ragione della propria attitudine, potendo essere rimossi o rieletti a piacere degli elettori ... È indifferente anche di sapere se si debba istituire un grado intermedio tra l'amministrazione centrale e le amministrazioni locali. Se si ritiene necessario, si istituisca, altrimenti se ne faccia a meno ». Bazzecole! Si sa però che « ogni industria sceglie i suoi capi, che devono assumere la direzione non già per far gli aguzzini, ma per fare da compagni addetti all'amministrazione come a qualunque altro lavoro », e che « tutt'i cittadini maggiori d'età, senza differenze di sesso, parteciperebbero alle elezioni degli amministratori pubblici » (p. 333 ). Il Bellamy dà maggiori spiegazioni. « I pubblici funzionari - egli dice - sono revocabili ad ogni istante con un semplice voto dei loro elettori: nessun provvedimento d'una certa importanza è valido, se non è sottoposto all'approvazione del popolo; l'iniziativa delle proposte parte assai spesso dal popolo. Così completo, per mezzo del nostro 370 Biblioteca Gino Bianco
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