Del resto, il Novicow è persuaso che « in fondo ogni legge umana non è che l'espressione formulata della legge naturale (della lotta per l'esistenza). I meglio adatti nella lotta la spuntano: tale è la legge della natura. I meglio adatti debbono spuntarla: tale è la legge civile. Un essere non adatto al suo ambiente muore, dice il naturalista: un essere non adatto al suo ambiente deve morire, così vuole la giustizia. Il legislatore formula in maniera imperativa ciò che il suo spirito ha concepito come conforme alle leggi naturali ». Mi sia permesso di fare le mie riserve su questa teoria che fa del legislatore il ministro della dea Natura, come pure sull'interpretazione un po' arrischiata che il Novicow dà dei codici civile e penale. Secondo lui, il fine cl1e persegue il codice penale sarebbe quello di proteggere i meno forti ma più intelligenti; e il fine del codice civile sarebbe egualmente quello di assicurare il trionfo dei più intelligenti. Sulla qual cosa c'è da osservare: I) che ciò non è vero; II) che l'intelligenza usata ad ingannare altri per ottenere un contratto vantaggioso, non può essere considerata come costituente da sola l'attitudine che dà il diritto alla sopravvivenza; III) che l'umanità non è divisa in due distinte categorie, gli atti e gli inetti, o gl'intelligenti e gl'idioti. Persone che sono molto intelligenti nella scienza, lo sono assai poco negli affari, e viceversa. Gli . . . ' . . . . . uom1n1 p1u energ1c1 possono essere v1z1os1. Il Novicow dice che « se tutti i viziosi e i deboli di spirito potessero morire, la condizione della società sarebbe infinitamente migliore domani ». Fortunatamente che « per conformarsi alle leggi di Darwin non è necessario condannare a morte le persone viziose e quelle deboli di spirito ». Non potendo condannare a morte i deboli, il Novicow si contenta di far loro un trattamento di rigore, vale a dire di toglier loro i mezzi di fortificarsi (e sottometterli allo sfruttamento dei forti). << Ai più intelligenti, egli dice, le grandi ricchezze e le situazioni elevate; ai meno intelligenti, le risorse mediocri e le posizioni modeste. Nelle nostre società il problema della giustizia non si pone tanto dal punto di vista dell'alimentazione, quanto dal punto di vista del benessere generale. La lotta non ha la vita per posta, ma la fortuna e il grado sociale. Non è questione di pane quotidiano, ma· di avere una vita più o meno piacevole». 148 Biblioteca Gino Bianco
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