Questa legge di gravitazione sociologica ha una grande importanza per spiegare i fatti economici. Perché le cose hanno, a parità d'altre condizioni, un valore proporzionale allo stato di necessità di quelli che chiedono di acquistarle. Un pezzo di pane ha un valore grandissimo per un affamato; non ne ha alcuno per uno sazio. Il povero si sottomette a sacrifici inauditi per ottenere gli oggetti indispensabili alla sua esistenza, mentre i ricchi non cedono l'uso delle ricchezze di cui si sono impadro11iti,non prestano il più piccolo servizio senza una forte rimunerazione. Gli scambi (prendiamo la parola nel senso più largo, in modo da comprendervi tutt'i rapporti di dare e di avere che si stabiliscono fra i membri d'una società) danno ai ricchi un ulteriore vantaggio sui poveri. Per il ricco il denaro ha un valore. molto minore che per il povero; nondimeno ha per lui un potere d'acquisto molto più grande. La stessa moneta - fa osservare l'economista von Wieser - serve per acquistare il pane del povero e quello del ricco. Ma il ricco, quando ha soddisfatto i bisogni primari mediante una spesa personale molto minore di quella a cui si assoggetta il povero, si procura dei piaceri e delle soddisfazioni materiali e morali, le raffinatezze della civiltà, che sono costate dei ·sacrifici enormi a quelli che le hanno inventate e prodotte, e che rappresentano spesso gli sforzi di parecchie generazioni. Il ricco ha nel godimento del frutto del lavoro passato e nelle opere pubbliche di ogni specie (comprese l'amministrazione della giustizia, l'istruzione, ecc.) una parte molto più grande di quella del povero. « In una società ove la ricchezza è inegualmente ripartita, i beni liberi della natura sfuggono alla classe operaia; il guadagno del consumatore 1 ( eccedenza di utilità sul valore di scambio) va a quelli il cui reddito è cosl grande che essi possono raddoppiare gli oggetti di consumo destinati a soddisfare un determinato bisogno ... E possono servirsi delle conoscenze ed espe1 Consumer's rent di A. Marshall. 88 Biblioteca Gino Bianco
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