Francesco Saverio Merlino - Il socialismo senza Marx

FRANCESCOSAVERIO MERLINO • Scritti dal 18 9 7 al 19 3 O a cura di Aldo Venturini Introduzione di Vittorio Frosin i - ,J . MASSIMILIANO BONI EDITORE . Biblioteca Gino Bianco BOLOGNA

Francesco Saverio Merlino (1856-1930) fu un politico e sociologo dai molteplici interessi culturali e umani maturati nel corso di una lunga, generosa e sofferta partecipazione, fin dalla prima giovinezza, al movimento socia Iista internazionale. Il volume comprende, ordinati in un organico disegno che ne raccoglie la tematica della maturità, gli scritti di dottrina e di polemica più significativi e stimolanti di questo « socialista di casa nostra »; i I quale è considerato, insieme col Sorel, col Bernstein e col Croce, uno dei maggiori protagonisti del celebre dibattito ideologico di fine secolo, di cui era stato l'iniziatore, noto come la crisi del . marxismo. Nella presente inquieta e confusa ricerca di soluzioni nuove per vecchi problemi, il lucido e realistico pensiero del Merlino, ricco di anticipazioni teoriche, di motivi etici, di stimoli intellettuali, di analisi acute e di suggerimenti concreti, è ridiventato significativamente attuale per chiunque voglia approfondire i termini ideali e le soluzioni pratiche c·he la complessa e tanto discussa questione sociale comporta. Biblioteca Gino Bianco

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FRANCESCO SAVERIO MERLINO IL SOCIALISMO SENZA MARX Studi e polemicheper una revisione della dottrina socialista (1897-1930) A cura di Aldo Venturini Introduzione di Vittorio Frosini MASSIMILIANO·BONI EDITORE BOLOGNA Bib.lioteca Gino Bianco

·@ Copyright Massimiliano Boni Editore - 1974 - Bologna Tipografia Babina - Bologna - Feb~raio 1974 Biblioteca Gino Bianco

INTRODUZIONE Biblioteca Gino Bianco

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1. Per rendersi conto delle condizioni in cui si è svolta la vicenda del marxismo in Italia, _nellasua dialettica di diffusione e di reazione critica, è opportuno osservare che il marxismo giunse tra noi in ritardo sotto l'aspetto teorico, e in anticipo sotto quello pratico. jotto l'aspetto teorico, infatti, la dottrina di Marx si inquadra/ a originariamente nel movimento di pensiero che porta il nome di « sinistra hegeliana »; esso consisteva soprattutto nell'applicazione di certi concetti elaborati da Hegel, come quelli di «dialettica», di <<alienazione», di « società civile », all'analisi della realtà sociale, con intenti rivoluzionari, ossia rovesciando il carattere conservatore, che essi avevano in Hegel. Però il marxismo si diffuse in Italia all'epoca del positivismo; onde i continui travestimenti del pensiero di Marx in forme che gli erano estranee, e gli abbagli continui, in cui incorrevano e sostenitori e critici di quel tempo. 1 D'altronde, la successiva ripresa dell'idealis1no in Italia, promossa da Gentile e da Croce, finì col collocare la dottrina di Marx, sul piano delle scienze morali, in una fase critica ancor più arretrata; e il 1 V. Frosini e al., 1867-1967: Un secolo di marxismo, ed. Vallecchi, Firenze 1967, pag. 101 e segg.; V. Frosini, Considerazioni sulla critica di Marx alla filosofia del diritto di Hegel, in « Rivista internazionale di filosofia del diritto », XLV, 1968, pag. 587 e segg., e negli Scritti in onore di G. Ambrosini; voi. I, ed. Giuflré, Milano 1970, pag. 709 e segg. VII Bi·blioteca Gino Bianco V

marxismo italiano, finché rimase imperante la cultura idealistica, si trovò costretto in quella posizione di difesa, a cui lo costringeva il dibattito condotto sul terreno della filosofia hegeliana. Sotto l'aspetto pratico, invece, la dottrina di Marx giungeva tra noi in anticipo: perché essa rispecchiavale condizioni strutturali della società capitalistica,quale vigeva in Inghilterra, e che era molto più avanzata, nell'ordine di sviluppo economico, della corrispondente situazione del capitalismo in Italia. Basti pensare al fatto, che l'Italia di allora era ancoralargamente contadina; e la dottrina di Marx, col suo collettivismo industriale, la lotta alla proprietà privata, la proiezione sul piano della soli- .. darietà di classe internazionale, era disadatta alle esigenze e condizioni del nostro paese, in cui il processo risorgimentale (inteso questo in senso civile, più che strettamente politico) era ancora in corso. Anche in questo campo, perciò, le confusioni e i paradossi pratici furono numerosi: è vero che il marxismo, nella sua veste di dottrina del movimento operaio, si diffuse col progresso sociale anche in Italia; ma per la verità esso mancò sempre di operare una solida presa di coscienza sulla realtà in senso operativo. Le due maggiori esperienze rivoluzionarie, o almeno insurrezionali, conosciute in Italia, e cioè quella dei Fasci Siciliani nel 1894 e l'altra della Settimana Rossa in Romagna nel 1914, furono tipicamente anarchiche,e non marxiste; esse provenirono - dal ribollimento d'una società, in cui la struttura dell'economia agricolaprevaleva ancora su quella industriale. Se episodi successivi vi furono, come nel caso dell'occupazionedelle fabbriche, essi rimasero isolati e marginali. Dinanzi ad una analisi obiettiva, assolutamente realistica, e diciamo marxistica, l'Italia di ieri non avrebbe potuto diventare comunista, come accadde in Russia, dove vennero a coincidere il m_~Jsfpzodi sviluppo produttivo e di accumulazione capitalistica nella zona industriale con il minimo di evoluzione tecnologica e sociale nel campo della conduzione agricola. Nè l'una nè l'altra di queste condizioni si verificarono in Italia. VIII BibliotecaGino Bianco

• I primi scritti di Marx e di Engels apparsi in italiano vennero pubblicati giusto cento anni or sono, sull'Almanacco repubblicano per l'anno 1874, edito a cura del giornale La Plebe di Lodi: entrambi gli articoli, giacché essi erano dovuti uno a ? ciascuno dei due dioscuri della rivoluzione, avevano cometiiìf-tr polemica l'anarchismo. Il fatto è significativo, giacché sul piano dell'agitazione sociale il maggior ostacolo alla diffusione del marxismo in Italia fu rappresentato prima dal successo ottenuto dalla predicazione in senso libertario dal Bakunin, e poi dallo sviluppo preso dalle associazioni anarchiche sotto la guida di Errico. Malatesta. 2 Non soltanto, perciò, è un grossolano equivoco teorico l'affastellare sotto l'etichetta generica di << marxismo » ogni corrente o addirittura ogni proposizione di pensiero sociale in senso progressivo; ma è altresì un evidente errore storico quello di attribuire allo stesso marxismo l'impulso ricevuto in senso rivoluzionario dalle masse operaie e contadine. Valga per questo l'esempio, già richiamato, della Settimana Rossa, che cinquant'anni dopo la fondazione dell'Internazionale (1864) sconvolse l'Italia. Si trattò del solo tentativo, che si sia verificato su scala nazionale, di scatenare una rivoluzione proletaria: ma la responsabilità di esso va attribuita proprio al movimento anarchico.3 2. In Italia, del resto, la più attenta e coerente opposizione dottrinaria al marxismo, che si sia svolta sul suo stesso terreno di combattimento, e cioè quello dell'agitazione sociale tra le 2 P. C. Masini, Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta, ed. Rizzoli, Milano 1969; G. M. Bravo, Il socialismo da Moses Hess alla prima internazionale nella recente storiografia, ed. Giappichelli, Torino 1971, pag. 217 e segg. 3 L. Lotti,_ La settimana rossa, ed. Le Monnier, Firenze 1965. IX Bi_bliqtecaGino Bianco

.----- ' l I I ,. classi subalterne dell'Italia umbertina, è stata quella·di un pensatore anarchico o, come egli amò definirsi, << libertario >>: l'avvocato napoletano Francesco Saverio Merlino. È da ricordare, che in quanto napoletano, il Merlino si trovava nel centro stesso di diffusione dell'anarchismo; e che in quanto avvocato, egli assunse, giovanissimo, la difesa del suo antico compagno di studi Errico Aif.alatesta,imputato per i moti di Benevento del 1877; donde il suo accostamento e la sua conversione alla dottrina anarchica,per cui, di lì a pochi a1zni,egli si ritrovò imputato lui PZ!.~f con lo stesso Malatesta. ------·· I primi scritti d'interesse dottrinario del Merlino apparvero nel 1879 sotto forma di opuscoli pubblicati dal già ricordato .. giornale lodigiano, La Plebe, e furono dedicati a due figure di rivoluzionari napoletani, Vincenzo Russo e Carlo Pisacane. È da osservare, anzi, che il profilo disegnato dal Merlino della dottrina di Pisacane è il primo riconoscimento che sia stato reso alla sua importanza storica. Secondo le parole dello stesso Merlino, nel Saggio sulla rivoluzione, l'opera maggiore di Pisacane, « il lettore troverà una critica insuperabile della proprietà e dell'autorità, e, tracciato con un senso pratico eminente, un programma socialista rivoluzionario, che se non è perfettamente quello dei nostri tempi, possiamo dire senza tema di errore che differisce da qttesto di poco ». È la prima rivendicazione di Pisacane, il quale incarnò a suo modo la sintesi tra il pensiero e l'azione, e fornì un modello teorico e un esempio pratico di iniziativa rivoluzionaria, prima ancora che con l'episodio dello sbarco a Sapri) con la sua partecipazione alla guerra combattuta in Italia negli anni 1848-49 e le sue rifiessioni in volume su di essa; talché si è potuto affermare di recente, che Pisacaneavrebbe fornito la prima storia in senso classista o marxista della prima guerra d'indipendenza.4 Come gli avversari poco illuminati del marxismo usano attribuirgli as4 Per un bilancio della quistione, v. L. Russi, Pisacane e la rivoluzione fallita del 1848-49, ed. Jaca Book, Milano 1973. X Biblioteca Gino Bianco

ì ' • sai maggiorpeso storico di quanto esso in realtà abbia avuto, così i suoi sostenitori usano a loro volta ascrivere a suo merito anche idee e fatti, che hanno una loro spiegazione autonoma. Il caso di Pisacane, sotto questo profilo, è davvero tipico; giacché si tratta di un pensatore ed agitatore, il quale ha costituito, per così lire, la prova vivente che il problema sociale·italiano aveva già trovato la sua espressione ideologica nei termini più rigorosi di intransigenza rivoluzionaria. Se è certo giusto segnare la distanza che intercorre tra Mazzini e Pisacane, non si può per questo accorciarequella che divide Pisacane da Marx. Erede ideale del suo antesignano partenopeo si poté considerare a· giusto titolo il Merlino, il quale, per tutto l'arco di un ci1iquarztennio,anche dal carceree dall'esilio seguì con vigile intelligenza e con ardore costante di partecipazione morale le vicende della trasformazione della società italia1ia;alla fine del secolo si iscrisse nel partito socialista, e con esso si presentò candidato alle elezioni del 1904; chiuse la sua operosa esistenza mentale pubblicando nel 1925, con le edizioni di Gobetti a 1 'orifÌO,un suo·libro su Politica e magistratura dal 1860 ad oggi in Italia. 3. L'importanza che ha avuto il Merlino per la storia della critica al marxismo in Italia presenta diversi aspetti. In primo luogo, egli fu tra i pochissimi che, nell'ultimo quarto del XIX secolo, abbiano avuto in Italia conoscenza ampia e diretta dei ) testi di Marx ed E1igels,per cui egli ne derivò l'aderenza critica delle proprie obiezioni. lnseéònao-luogo, il suo nome acquistò rinomanza ed autorità sul piano internazionale, per la sua estesa collaborazionea riviste straniere, sicché egli si può considerare uno dei più rappresentativi critici del marxismo, che abbia avuto l'Italia. In terzo luogo, al Merlino va riconosciuta la responsaXI BibliotecaGino Bianco

bilità di aver dato origine e svolgimento alla crisi del marxismo, che investì questa dottrina alla fine dell'Ottocento. Accenneremo dunque, sia pur brevemente, ai motivi di fonda della critica rivolta dal Merlino al Marx, e da lui svolti inizialmente negli articoli pubblicati su La Société Nouvelle, una rivista belga, e poi ripresi nel volume su Formes et essence du socialisme, apparso nel 1898 in prima edizione francese con una prefazione di Geoges Sorel .. È però da avvertire, che l'interesse teorico presentato dal pensiero di Merlino non è dovuto alla sua originalità in senso ideologico, giacché sotto tale aspetto egli non fece che rielaborare i temi stessi del socialismo detto libertario, che avevano già avuto diffusione in tutta Europa, ed avevano trovato interpreti di alto valore intellettuale, com-e Proudhon. La peculiare fisionomia mentale di Merlino è caratterizzata invece dal fatto, che egli si collocò nell'ambiente speculativo del positivismo, proprio della sua epoca, senza però restare vittima_· degli equivoci culturali, che esso largamente generò. Valga, a tale proposito, un confronto con l'opera dello studioso di criminologia Enrico Ferri, notissimo avvocato ed esponente del partito socialista; autore, fra gli altri libri, di uno intitolato Darwin, Spencer, Marx: titolo in cui venivano associati in trinità i nomi di un biologo, di un filosofo e di un eco- . nomista, che secondo il Ferri si associavano benissimo, giacché per lui « il sociali~mo non è, per una parte, che la logica e vitale filiazione del darwinismo, come per l'altra parte lo è dell' evoluzionismo spenceriano >>. Si trattava invece di una relazione del tutto estrinseca, stabilita seguendo la moda intellettuale dell'epoca; il Merlino non cadde invece nello stesso errore, giacché anzi, in tre ampi ed accurati saggi, pubblicati sulla citata rivista La Société Nouvelle, mise a confronto Le moderne tendenze della scienza economica, politica e giuridica e Herbert Spencer, dimostrando la povertà mentale del suo evoluzionismo, applicato al campo sociale. Il Ferri, del resto, confessò nella sua XII Biblioteca Gino Bianco

• Autobiografia che nel 1883 ~ quand_oaveva pubblicato quel libro, conosceva Marx solo per sentito dire. L'anno in cui il marxismo cominciò davvero a diffondersi in Italia fu il 1891, con l'apparizione della Critica Sociale, le rinnòvate traduzioni del Manifesto dei comunisti,· la volgarizzazione del Capitale (la cui prima traduzione integrale è però del 1886); la formazione di un partito operaio organizzato sulla . base della dottrina marxista, che venne poi fandato a Genova · nel 1892. In questo quadro d'insieme, e in questo momento cruciale della storia del marxismo in Italia, si colloca al punto giusto la critica svolta dal Merlino negli scritti da lui composti a commento della dottrina di Marx, e pubblicati su La Société Nouvelle del 1891, ovvero su riviste italiane negli anni sue- • • cesszvz. La critica del Merlino al Marx si appuntò specialmente in due direzioni: l'una, la teoria marxiana del plusvalore; l'altra, il programma rivoluzionario. In quanto alla prima, Merlino nega che sia il_plusvalore, e cioè l'eccedente del profitto sul costo di lavoro, a formare il fondo dei profitti del capitalismo: com'egli osserva acutamente, il valore della merce non si può ridurre alla sola « gelatina di lavoro », come voleva il Marx, giacché esso deriva da un rapporto di disuguaglianzadi condizioni nella produzione; e d'altra parte, i profitti delle classi dirigenti hanno il loro modo primario di formazione nel sistema finanziario d'imposta. In uno stato comunista, del tipo vagheggiato e propugnato da Marx, si sarebbero perciò fatalmente riprodotte le condizioni di privilegio e di sfruttamento; come scrive incisamente il Merlino, « il comunismo o collettivismo marxista sarebbe lo statu quo toltone il capitalista, e aggiuntavi la burocrazia »; in esso cio~ il funziont;?rioavrebbe sostituito il capitalista. I marxisti, secondo Merlino, avrebbero perseguito, come loro scopo, « non già l'emancipazione immediata della classe operaiamediante l'azione rivoluzionaria; ma la sua organizzazione, vale a dire l'organizzazionedella minoranza che solo . . . è organizzabile, e che si lancia all'assalto del potere». E comXIII Biblioteca Gino Bianco

mentava) con spirito cli amara profezia: « I caporioni della classe operaia organizzata s'impadroniranno del potere e se lo terranno. Organizzeranno il lavoro, i pubblici servizi, una amministrazione e una burocrazia anche troppa! - e sapranno introdurre) per mezzo di imposte o altro, nella distribuzione dei prodotti del lavoro, distinzioni e ineguaglianze corrispondenti a quelle che passeranno tra le loro rispettive funzioni e quelle degli umili lavoratori manuali». Il Merlino tuttavia avvertiva il lettore dicendo: « Prego il lettore socialista a non impuntarsi qui e a dire fra sè: ma questo è l'argomento degli avversari del socialismo. Perché l'argomento degli avversari del socialismo può essere vero, e nondimeno la conseguenza che essi ne traggono -- a favare dell'attuale regime economico, può essere falsissima. Noi non dobbiamo chiudere gli occhi alla verità: perché, così facendo, ci condanniamo all'impotenza, figlia dell'errore». Risuonano chiaramente, in queste pagine di Merlino, alcuni motivi critici che torneranno, molti anni dopo, riella contestazione della sinistra marxista, da Rosa Luxemburg a Milovan Gilas e Isaac Deutscher, ma che nel pensiero di Merlino servivano a segnare i tratti distintivi del suo socialismo senza Marx. La funziÒne assunta da Merlino nella storia della critica al marxismo è anzi assai notevole: a tal punto, che ad essa si può ricollegare l'origine stessa di quella crisi intellettuale, che il marxismo conobbe e non solo in Italia, alla fin.e dell'Ottocerzto. Nel 1897 il Merlino pubblicò a Milano il suo libro Pro e contro il socialismo: un libro, come scrisse Georges Sorel, che valse a fargli comprendere << che era venuto il momento di rompere con ciò ehe si chiamava ortodossia 11zarxista ».5 Sollecitato dunque da Sorel, il Merlino rifuse il contenuto di quel libro e di un altro successivo, L'utopia collettivista e la crisi del 5 Sui rapporti Sorel-Merlino, v. E. Santarelli, Il socialis1no anarchico in Italia, ed. Feltrinelli, Milano, 1959 e La revisione del marxismo in Italia, ed. Feltrinelli, Milano, 1964. Per alcune riserve critiche sul giudizio di Santarelli, v. V. Frosini, Da Labriola a Gramsci, ne « Il Mondo», XVII, 1965, n. 9. XIV Biblioteca Gino Bianco

• socialismo scientifico, in un nuovq volume, che apparve direttamente in francese nel 1898, col titolo (come si è detto) di Formes et essence du socialisme, e con una prefazione di quarantacinque pagine stesa dal Sorel, che suonava come un manifesto del revisionismo della dottrina di Marx. In tale opera, che ebbe ampia risonanza internazionale (e basterà ricordare la recensione che ne fece Emile Durkheim, il grande sociologo francese), il Merlino affermò l'indipendenza· del socialismo da formule dogmatiche. Com'egli scriveva, « vi è un fonda di socialismo ormai acqttisito alla coscienza umana, un socialismo che sorge dalla necessità delle cose, dal crescere della convivenza e del senso morale, che si infiltra sempre più nell'organismo sociale; e questo è l'essenza intima, il germe vitale di quell'altro socialismo che si propugna dai partiti e si insegna dalle cattedte ». E fissava chiaramente le sue obiezioni critiche alla concezione materialistica della storia, « troppo semplice per essere tutta la verità», e specificamente al marxisnio, in quanto esso non offriva una spiegazione sufficiente dei fatti sociali, non forniva ttna teoria per l'organizzazione di una libera società futura, e la sua ristretta concezione del socialismo era in aperta opposizione alla stessa azione pratica da svolgersi. La conce- . zione del socialismo, che aveva il Merlino, si ispirava in definitiva ad un ideale solidaristico ed umanitario, invece che al principio di ferrigna dialettica, teorizzato da Carlo Marx; sicché egli poteva definire il socialisnzo « non il trionfo di una classe sulle altre, ma il prevalere degli interessi generali sugli interessi particolari ». 4. Il Merlino continuò la sua operosità nel secolo ventesimo, e poté dunque assistere al tramonto delle « illusioni del progresso>>,come le aveva chiamate il Sorel, nell'età che si aprì con lo scoppio della prima guerra mondiale. Egli poté osservare xv BibliotecaGino Bianco

da lontano la rivoluzione sovietica, e da vicino la rivoluzione fascista, commisurando i risultati alle sue aspettative ed alle sue esperienze di antico ed autentico rivoluzionario. Bisogna riconoscere, che egli rimase immune da entusiasmo per l'una e per l'altra, e che esercitò verso entrambe una critica severa, nutrita degli acri succhi moralistici di un utopista deluso. Considerata nella retrospettiva di mezzo secolo, la posizione assunta da Merlino appare certo coerente alle premesse di un lungo e fervoroso esercizio spirituale nella fede della libertà; 1na 110nsi può fare a meno di segnare i limiti del suo giudizio politico. Il suo atteggiamento nei confronti della rivoluzione. sovietica è una conferma della concezione critica del marxismo, di cui abbiamo fatto cenno; ma lo stesso Merlino incorre nel comune pregiudizio, per il quale Lenin non avrebbe fatto altro, com' egli scrive, << che impiantare in Russia il comunismo o il collettivismo secondo la dottrina di Marx ». Lenin sarebbe stato dunque un epigono di Marx sotto l'aspetto teorico, un esecutore zelante o addirittura fanatico del marxismo sotto l'aspetto pratico. Le cose, a dir vero, non stavano proprio così. In confronto a Lenin, Marx non fu che un profeta, fu il precursore che annunciò il tempo a venire; ma l'originalità e l'importanza storica dell'opera di Lenin non si possono commisurare esclusivamente sul metro del marxismo, giacché Lenin fece del marxismo la componente essenziale di una nuova visione del mondo sociale, in cui egli rivestì un ruolo messianico. Il pensiero di Lenin appare ben più complesso, nella sua formazione ideologica, di quello dei ripetitori del marxismo; come è stato osservato, egli è l'erede di una tradizione politica europea, che ha prof onde radici; 6 in Lenin c'è Marx, ma c'è più di Marx. Perciò la polemica di Merlino contro la rivoluzione leninista appare oggi priva di reale m~rdente, non certo comparabile a quella da 6 V. Frosini, Il partito e lo Stato in Lenin, in « Nuova Antologia», n. 2053, gennaio 1972, pag. 27 e segg. XVI BibliotecaGino Bianco

lui condotta contro lo pseudomarxismo teorico dei positivisti dell'Ottocento. Per quanto riguardal'atteggiamento di Merlino di fronte al fascismo, è necessarioavanzare altresì qualche riserva. La definizione, che egli diede, del fascismo come << surrogato della reazione governativa» non coglieva certo nel segno; giacché il fascismo aveva dei caratteri, per i qudi non poteva andar confuso con il conservatorismo borghese, al quale il Merlino lo , accomunava.Non si può trascurare il fatto, che l'ispiratore del nzovimen_to,e cioè il Mussolini, proveniva egli pure dalle file del socialismo rivoluzio1tario,e che la sua predicazione politica era stata riccadi quegli stessi fermenti, che avevano lievitato nel pensiero di Merlino. La rivolta contro la democrazia parlamentare dava ora i suoi frutti velenosi, ben più letali di quanto si potesse immaginare da chi l'aveva alimentata in un'ansia di verità e di giustizia. La controrivoluzione fascista era come la scim1nia · della rivoluzione sovietica; ne adottava certi istituti e ce,-te for1ne, quali la dittatura del partito unico, la direzione politica dell'economia, la disciplina rigorosa delle associazioni sindacali, il controllo totalitario dell'opinione pubblica. Il fascismo rappreserztava la contrari/orma politica della società industriale prodotta dal cantiere della prima guerra mondiale, segnava non un semplice travestimento ma una trasformazione della società borghese. Si può concludere, che la raccoltadegli scritti di questo singolarepensatore ed agitatore politico, curata con passione intellettua/.e da Aldo Ventt,rini, ci mostra un compiuto panorama dei suoi interessi civili e mentali, che consentirà a nuovi lettori di ricostruire nella sua interezza (e perciò anche nei lintiti, che delineano una figura) il personaggio 11zoralec, he fu Francesco Saverio Merlino, in una luce storica mutata, ma con una presenza ancor viva di ideali e di speranze in un'Italia migliore. VITTORIO FROSINI XVII Bib ioteca Gino Bianco

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AVVERTENZA Dobbiamo dare brevemente alcune spiegazioni al lettore. Il materiale raccolto in questo volume, che, ci preme di far notare subito, non è una comune antologia, si compone di scritti ricavati da libri, opuscoli, riviste e altre pubblicazioni a cominciare dal 1897 (salvo un· certo numero di pagine risalenti ad anni anteriori): ci limitiamo a ricordare « Pro e contro il socialismo », « L'Utopia collettivista e la crisi del socialismo scientifico », « Formes et essence du socialisme », la Rivista critica del socialismo, « Il problema economico e politico del socialismo », gli opuscoli « Collettivismo, lotta di classe e... Ministero! (Controreplica a Filippo Turati) », « Fascismo e Democrazia », oltre ad alcuni scritti inediti, fra cui il testamento dell'Autore. Scelto e ordinato secondo un preciso disegno generale in cui abbiamo fuso insieme gl'indici delle principali opere del Merlino, ne è risultato un libro il quale, riunendo in modo organico il meglio di tali opere che sono il frutto della sua piena maturità, si propone di far conoscere il vario e molteplice pensiero del socialista italiano negli aspetti essenziali e vivi ancora oggi: anzi oggi, in tanta confusione di idee e decadenza di principi, più vivi che mai. Anche quando non si è trattato di capitoli e articoli interi, che sono i più, ma di riproduzioni parziali o soltanto di frammenti, abbiamo avuto cura d'indicare di ogni scritto, oltre alla fonte. l'anno, che dev'essere 1 Biblioteca Gino Bianco

tenuto presente per meglio intendere, nella sostanziale unità del pensiero dell'Autore, lo svolgimento e il differenziarsi delle sue idee in un arco di tempo d'un trentennio, che comprende condizioni sociali e situazioni storiche diverse. A non pochi capitoli del testo abbiamo aggiunto delle appendici integrative) le quali completano il discorso essenziale come si viene svolgendo nelle varie parti in cui si articola il volume, e che ci hanno consentito di inserirvi altri importanti scritti dell'Autore. Il nome del Merlino è generalmente associato a quelli di Giorgio Sorel e di Edoardo Bernstein, coi quali forma la triade socialista di coloro che sono considerati i principali revisionisti del marxismo nello scorcio del secolo XIX. Ma mentre gli altri due, pur compiendo con correzioni e aggiornamenti una revisione della dottrina di Marx, rimasero più o meno fedeli allo spirito di essa, il Merlino invece, che era stato un revisionista ante litteram avendo iniziato fin dal 1890 l'esame critico delle teorie economiche di Marx, si collocò addirittura fuori del quadro teorico del marxismo, e venne elaborando una propria dottrina socialista indipendente da esso, come pure dagli schemi dottrinari di altre scuole. Una visione teorica e pratica del socialismo, la sua, che mentre per un verso si differenzia, in maggiore o minor grado, sia dalla socialdemocrazia tradizionale, anche essa ideologicamente ispirata al marxismo, sia dal collettivismo, dal1'anarchismo e dagli altri sistemi socialisti: per un altro verso si contrappone al comunismo russo o bolscevismo, giudicato, già allora,· dal Merlino un regime di « oppressione universale » nel suo libro « Il problema economico e politico del socialismo », che, composto in gran parte negli anni 1920-21, rimase inedito per tutta la durata ·del regime fascista a cui egli fu fieramente avverso, e vide la luce nel 1948 come opera postuma. Nel presente disorientamento degli spiriti, siamo convinti che come i socialisti di schietta fede democratica potranno chiarire a se stessi gli aspetti teorici e pratici del socialismo, ricondotto dal Merlino alla sua autonomia ideologica; così tutti coloro che hanno la mente e l'animo aperti alla verità, troveranno nel lucido pensiero di questo « socialista per vocazione. », di questo « socialista di casa nostra », co~e lo ha definito Giovanni Spadolini, stimoli, indicazioni e suggerimenti per orientarsi negli eterni problemi della giustizia e della libertà. 2 BibliotecaGino Bianco

• Discorso il nostro che va proseguito nell'àmbito della cultura, per una rivalutazione critica del pensiero merliniano, i cui testi essenziali sono raccolti nel denso volume che presentiamo. Il Merlino dev'essere considerato meritatamente il teorico del socialismo democratico ( « la democrazia è tutt'una cosa col socialismo » ), inteso in una accezione liberale o, meglio ancora, libertaria che ha radici culturali italiane. E a proposito del termine libertario, perché non sia frainteso, si rende necessaria una precisazione. È evidente che il socialismo democratico, cosl com'è concepito dal Merlino, cioè un socialismo attuato nella libertà, è un socialismo libertario: e pertanto le due espressioni socialismo democratico e socialismo libertario sono in questo caso da considerarsi equivalenti. Errerebbe pertanto chi al termine libertario desse senz'altro il significato esclusivo di anarchico. Gli anarchici o socialisti anarchici (come il Malatesta, il Fabbri e il. Berneri fra gl'italiani) sono necessariamente libertari, perché se non fossero tali non sarebbero anarchici; ma si può benissimo essere libertari senza essere necessariamente anarchici, com'è appunto il caso del Merlino; il quale, verso la fine· dello scorso secolo, abbandonò l'anarchismo professato fin allora, senza cessare, per questo, d'essere socialista e libertario. D'altra parte, come il lettore vedrà in non poche pagine del libro, al Merlino non andava punto a genio il modello di socialismo democratico collettivistico d'ispirazione marxista a carattere autoritario e accentratore, che si era diffuso in Europa per l'influenza predominante della socialdemocrazia tedesca, e del quale egli è stato critico severo. Nello stesso senso e al pari del Merlino possono considerarsi socialisti libertari Carlo Rosselli, Andrea Caffì, Guido Calogero, Ignazio Silane, che parla sovente di umanesimo libertario, e anche Gaetano Salvemini, il quale ha usato l'aggettivo libertario per meglio qualificare il suo socialismo democratico, proprio come ha fatto il Merlino. Salvemini e Merlino: due uomini fatti per comprendersi, ma che purtroppo non si conobbero. Il Salvemini, che lesse solo nel 1950 la raccolta di scritti merliniani « Revisione del marxismo. Lineamenti di un socialismo integrale », in una lettera al curatore del volume cosl fra l'altro scriveva: « Ieri sera cominciai a leggere gli scritti di Merlino, e non potei andare a letto prima di avere inghiot3 BibliotecaGino Bianco

tito avidamente og11i cosa». E più innanzi, nel 1953, dopo altre letture merliniane: « ... Merlino rimane sempre in fondo al mio pensiero. E un giorno o l'altro verrà fuori ». E ancora nel 1957, anno della morte: « Come vorrei parlarne segnalandolo come il nostro scrittore politico il cui pensiero è ancora vivo nei suoi elementi essenziali. Ma la mia capacità di lavoro è assai diminuita~ e non riesco più a portare a termine neanche la raccolta dei miei scritti ». Tale peculiare carattere antiautoritario o libertario ebbe anche il sindacalismo rivoluzionario del primo decennio del secolo, specialmente nell'opera dei suoi due maggiori teorici Artt1ro Labriola ed Enrico Leone. In Italia la scaturigine prin1a di un socialismo orientato in tal senso si trova nei « Pensieri politici » di Vincenzo Russo, uno dei - martiri della Repubblica Partenopea del 1799. Venne poi Carlo Pisacane, che sentl fortemente l'influenza di Proudhon. Ed è significativo che appunto al Russo e al Pisacane fossero dedicati due dei primi scritti del Merlino, pubblicati nel 1879 dal periodico La Plebe come opuscoli di propaganda socialista. N.B. Le note contrassegnate con l'asterisco sono del curatore del volume. 4 BibliotecaGino Bianco

SAVERIO MERLINO ( PROFILO BIO-BIBLIOGRAFICO) Nacque a Napoli il 15 settembre 1856 di famiglia della media borghesia. Il padre era magistrato col grado di consigliere di Corte d'Appello. Compì gli studi nell'ateneo di questa città negli anni in cui vi insegnavano il De Sanctis, il Settembrini, l'Imbriani, il Dall'Ongaro, il Tari ed altri valorosi e insigni rappresentanti della generazione risorgimentale, i quali sono da lui ricordati con commossa ammirazione nel suo libro « L'Italie telle qu'elle est»; e. si laureò giovanissimo in giurisprudenza. Fin da allora, com'egli dirà, « mi si inocularono nel sangue i princìpi del socialismo »; i quali, dopo aver albeggiato alla fine del secolo XVIII, nel pensiero di Vincenzo Russo, uno dei martiri della Repubblica Partenopea, ed essersi affermati più tardi in quello di Carlo Pisacane, avevano ricevuto, fra il 1860 e il 1870, un vigoroso impulso dalla predicazione di Michele Bakunin. Cominciò ben presto ad esercitare la professione, nella quale, secondo un giornale del tempo, non tardò ad acquistar fama e fortuna. Difensore di Carlo Cafìero, Errico Malatesta ed altri Internazionalisti nel processo promosso contro di loro nel 1878 dopo il tentato moto insurrezionale di San Lupo in quel di Benevento dell'anno precedente, pubblicò in questa occasione il suo primo opuscolo, oggi introvabile, col titolo: « A proposito del processo di Benevento. Bozzetto della questione sociale ». Entrato così attivamente nel movimento socialista e anarchico, la polizia gli si mise alle calcagna, lo arrestò più volte, tentando ripetutamente di farlo processare, finché ci riuscì. Nel 5 Biblioteca Gino Bianco

1883, per l'anniversario della Comune di Parigi, in alcune parti d'Italia fu diffuso un manifesto commemorativo, e con questo pretesto, per ordini venuti dall'alto, furono messi in prigione parecchi « sovversivi », sotto l'accusa di cospirazione contro la sicurezza dello Stato; e dopo sei mesi di detenzione furono tutti scarcerati, perché, mutata nel frattempo l'accusa in quella di «associazione di malfattori », fu loro concessa la libertà provvisoria. L'anno seguente tutti gl'imputati dovettero comparire in giudizio davanti al tribunale di Roma. Facendo, al pari degli altri, una franca e coraggiosa professione di fede, il Merlino espose ai giudici le proprie convinzioni politiche e sociali, e fu con- _ dannato a quattro anni di carcere, nonostante le arringhe dell'illustre giurista Enrico Pessina, senatore e alcune volte ministro (presso cui aveva fatto pratica legale subito dopo essersi laureato), del Fortis e di altri avvocati che ne avevano spontaneamente assunto il patrocinio. Confermata la sentenza in appello e respinto il ricorso in cassazione, prima che essa diventasse esecutiva, verso la fine dell'anno, il Merlino riparò all'estero. Durante l'epidemia di colera cl1e aveva infierito in Napoli nel 1884, era stato, insieme col Malatesta, fra coloro che avevano prestato generosamente la propria opera, nella quale, · secondo un quotidiano del tempo, « si era molto distinto ed era stato additato da Rocco De Zerbi per una speciale benemerenza (non gli fu concessa perché non sarebbe stata accettata) ». Si stabilì a Londra, allontanandosene più volte per recarsi in Francia, dove subì un processo e una condanna, in Svizzera, nel Belgio, in Germania, a Malta, negli Stati Uniti ed altrove, sempre attivamente partecipe del movimento socialista internazionale. Non gli mancò il conforto della stima e dell'affetto solidale dei familiari, che pur non ne condividevano le idee politiche: specialmente dei_fratelli Giuseppe e Pasquale, avvocato il primo e magistrato il secondo, che raggiunse il grado di procuratore generale di Corte d'Appello. Fu uno dei delegati italiani al congresso che si tenne a Parigi nel 1889, in cui fu fondata la Seconda Internazionale 6 BibliotecaGino Bianco

• e durante il quale ebbe uno scontro polemico con i rappresentanti della socialdemocrazia tedesca. Partecipò ad altri congressi, come quelli di Capolago e di Bruxelles del 1891. Dedito agli studi severi non meno che all'azione pratica, povero di mezzi, colpito da provvedimenti che lo espulsero da alcuni Stati, visse fra disagi e rischi, e avrebbe potuto dire, così come di sé disse il Foscolo, di aver coltivato il proprio ingegno sotto la tem- . pesta come il contadino coltiva il suo campo, dando prova, in quelle condizioni, d'una operosità intellettuale che, si può ben dire, ha del prodigioso. Diede alle stampe, nel volgere di alcuni anni, opere di notevole valore culturale quali « Socialismo o Monopolismo? » ( 1887): un originale studio storico-teorico sul passato e il presente del monopolio, una delle primissime opere scientifiche della letteratura socialista italiana, « un libro - secondo Libero Tancredi - ricco di documentazioni minute e di osservazioni profonde che rivela l'onestà intellettuale e la cultura di chi lo scrisse »; l'aureo « Manualetto di scienza economica ad uso degli operai » ( 1888) e « L'Italie telle qu'elle est » (1890). Quest'ultimo libro, pubblicato a Parigi, fu giudicato da Arturo Labriola (« Spiegazioni a me stesso», 1945) « un . vigoroso e purtroppo dimenticato saggio che svelava la verità sull'Italia attuale, un magnifico antidoto non solo alle falsificazioni della storiografia ufficiale, ma anche a quella di maniera del signor Croce (Benedetto) ». Inoltre collaborò assiduamente ai periodici socialisti e anarchici italiani e stranieri e ad alcune importanti riviste in lingua francese e inglese, come il J ournal des Économistes, La Société Nouvelle, The Forum, Nineteenth Century ed altre. Siamo ora ad una svolta critica che determina l'evoluzione successiva del suo pensiero, e ascoltiamo, a questo proposito, una sua preziosa confessione: « Il mio libro « L'Italie telle qu'elle est » fu scritto nello spirito della dottrina marxista ed altro non è che un tentativo d'interpretare la storia recente d'Italia coi moventi della borghesia. Fu dopo aver scritto questo libro che io, riprendendo a studiare « Il Capitale » di Marx, fui 7 Biblioteca Gino Bianco

colpito dallo sforzo continuo dell'autore di ridurre a categorie logiche, a mere astrazioni i fatti economici, e concepii dei dubbi sulla corrispondenza della dottrina del valore coi fatti; e abbozzai una serie di articoli dei quali conservo il primo soltanto (gli altri mi furono portati via in una perquisizione e fanno parte di un dossier che giace negli archivi del tribunale di Parigi). Più tardi esposi le mie obiezioni al marxismo. ne La Société Nouvelle e ne La Révolte, non senza meraviglia dei miei amici anarchici, che a quei tempi erano ancora imbevuti di dottrine marxiste, e in nome di queste combattevano il parlamentarismo, la legislazione del lavoro e predicavano « l'espropriazione via- - lenta degli espropriatori » a giorno fisso ». Nel 1891 pubblicò nella rivista belga La Société Nouvelle una serie di articoli sul socialismo tedesco, 1 iniziando così, primo fra i socialisti in Europa, la critica della socialdemocrazia tedesca e delle teorie di Marx, critica c9ntinuata e approfondita negli anni successivi. Gli articoli, tradotti subito in tedesco e raccolti in un opuscolo col titolo « Irrlehren und Irrwegen der deutsche Sozialdemokratie », furono discussi nella Neue Zeit da Edoardo Bernstein, uno dei capi più autorevoli del partito socialdemocratico tedesco, il quale sarà nello scorcio del secolo il revisionista del marxismo. L'importanza di questi articoli, che sono un significativo documento dell'attiva presenza del Merlino ·nei dibattiti ideologici del tempo, non è sfuggita allo storico Ernesto Ragionieri, il quale nel suo volume « Socialdemocrazia tedesca e socialisti italiani » ( Feltrinelli, 1961) dedica ad essi, pur con certe prevenzioni e limitazioni, una diffusa analisi. E recentemente un altro studioso, Luciano Pellicani, ricl1iamandosi ad essi nel suo lucido e interessantissimo saggio su « Marxismo e leninismo» (Il Mulino, 11. 217, settembre-ottobre 1971) così scrive: « Ma forse il critico socialista più acuto del marxismo e !'.avversario più irriducibile dei « bacilli » autoritari e totalitari 1 « Le socialisme allemande» (aprile e maggio 1891); « La doctrine de Marx et le nouveau programme des socialdémocrates allemandes » ( settembre 1891); << Le programme d'Erfurth » (novembre 1891). 8 Biblioteca Gino Bianco

che esso andava iniettando nel corpo del movimento operaio europeo fu Francesco Saverio Merlino, che in una serie di articoli e di pamphlets mise ripetutamente in luce gli aspetti reazionari del pensiero politico marxiano da lui giudicato una degenerazione delle genuine esigenze libertarie del socialismo ».2 Recatosi nel 1892 negli Stati Uniti, vi tenne molte conferenze, superando difficoltà d'ogni genere; e vi fondò il periodico Il grido degli oppressi, di cui fece un'arma di propaganda · delle idee socialiste e anarchiche e di difesa dei diritti degli emigrati italiani. Di là mandò a La Société Nouvelle il saggio « Le commonwealth américaine », che è un'analisi economica e politica della società americana di allora. Prima di partire per l'America aveva pubblicato l'opuscolo, di cui si era fatto editore Errico Malatesta, « Nécessité et bases d'une entente », in netta rottura con gli anarchici antiorganizzatori e soprattutto col proposito di creare una piattaforma comune alle diverse correnti rivoluzionarie del tempo. Tornato a Londra al principio del 1893, si raccolse con fervore negli studi prediletti, facendo apparire, sempre sulla rivista La Société Nouvelle, un lungo saggio su « L'individualismo · nell'anarchismo », col quale proseguì, trasferendola sul piano di più ampie considerazioni teoriche, la vigorosa polemica già iniziata e combattuta insieme con Errico Malatesta contro l'individualismo terroristico che aveva in quegli anni cominciato a manifestarsi con azioni aberranti e talvolta mostrucse. 3 Il Mala2 Sull'a1nbiguità del pensiero di Marx, si veda il volun1e di Bertram D. Wolfe « Cento anni di Marx», Longanesi, Milano, 1970. 3 In difesa dell'individualismo, della cui teoria e pratica il Merlino aveva fatto nel detto saggio una severa analisi critica, si levò Paolo Reclus, nipote dell'illustre geografo anarchico Eliseo Reclus, con un articolo apparso nella Revue Libertaire. Rispondendo sullo stesso periodico, il Merlino, dopo aver detto fra l'altro che « questa anarchia che finisce in dogma, questa religione dell'irreligione, questa intolleranza settaria in nome della libertà assoluta è un fenomeno da studiare», cosi concludeva: « Togliete al vostro anarchico la dinamite e dategli il fulmine; ed egli sarà un Giove, un Ieova o altro tiranno celeste. Prestategli un breviario ed una croce, e sarà un inquisitore che farà bruciare i nemici della fede. Dategli, sempre invece della dinamite, legioni di sbirri; e sarà lo Czar di tutte le Russie. O Anarchia, quante follie e quanti delitti in tuo nome! » 9 Biblioteca Gino Bianco

testa, nel processo del 1921 davanti alla Corte d'Assise di Milano in cui il Merlino era uno dei suoi difensori, richiamandosi a quei tempi lontani, farà questa dichiarazione: « Si costituì quel movimento terroristico che è conosciuto sotto il nome di ravacholismo) ed in quella circostanza io insieme col mio vecchio amico avvocato Merlino facemmo una campagna contro quella tendenza, e con discorsi, conferenze e stampati e mettendoci in urto con tanta gente ed esponendoci anche a pericoli personali, riuscimmo a stroncare quella tendenza. È forse una delle più belle memorie della mia vita l'aver contribuito alla distruzione del ravacholismo ». In tale saggio, che segna un'altra - importante tappa del suo pensiero, il Merlino, oltre a confutare le teorie dell'individualista americano Tucker, è già su posizioni critiche anche rispetto al comunismo anarchico nell'interpretazione datane dallo scienziato russo Pietro Kropòtkin, che l'anno precedente aveva pubblicato il volume « La conquista del pane »; ed enuncia la sua teoria della socializzazione delle rendite e dei profitti, maturata nell'incontro critico col pensiero dell'economista Von Wieser 4 e che sarà ripresa e svolta in « Pro e contro il socialismo », come modo di socializzazione_ sostanziale contrapposto al modo di socializzazione f armale per mezzo del possesso collettivo. Nello stesso anno sulla stessa rivista, vide la luce un'altra serie di tre suoi saggi critici dedi- -cati questa volta al pensiero economico, politico e giuridico dello Spencer, messo a confronto coi progressi raggiunti dalla scienza in questi diversi campi.5 A proposito di tali saggi, Alberto 4 Le analisi economiche e psicologiche della scuola dei marginalisti (Menger, von \Vieser, Marshall), come il lettore vedrà, offrirono al Merlino solidi argomenti a sostegno delle sue tesi socialiste. 5 Già nel gennaio del 1892 il Merlino aveva rivolto la sua attenzione all'opera dello Spencer, pubblicando nella rivista belga uno studio di trenta pagine sul libro « Justice » dèl filosofo inglese, e nel marzo dell'anno successivo, prima di questi tre saggi, prese in esame altri aspetti del suo pensiero con quest'altro saggio di non minore ampiezza: « Henry George et Herbert Spencer. A propos du livre de M. George: un philosophe perplexe », facendo un parallelo critico fra le idee dei due sociologi. I cinque anni (1889-93) dell'assidua collaborazione del Merlino alla rivista belga furono decisivi nella sua formazione culturale e teorica. Oltre a 10 Biblioteca Gino Bianco

• Bertolino dell'Università di Firenze, recensendo nel 1957 un libro del Merlino, così si espresse: « Non mi pare che ci sia in Italia altra critica a questo sociologo inglese, la quale, per profondità e ricchezza di idee, possa reggere il confronto con lo studio merliniano ». · Intanto in Italia, dopo i moti della Lunigiana e dei Fasci siciliani, la situazione faceva presagire prossimo un movimento rivoluzionario in tutto il paese. Perciò nel gennaio del 1894 il Merlino rientrò clandestinamente in patria insieme con Errico Malatesta; ma, tradito da una spia, fu arrestato quasi subito a Napoli in circostanze che hanno del romanzesco. Il Corriere di Napoli del 2 febbraio 1894, in un articolo dedicatogli dopo il suo arresto, così lo ritraeva: « A. vederlo esile, tutto nervi, di colorito olivastro, dagli occhi più neri dei suoi capelli e dalla fronte spaziosissima, lo si giudica immediatamente per un uomo moralm~nte forte. L'irrequietezza del suo sguardo e dei suoi nervi contrasta grandemente con la loquela calma, lucida e facile di cui è dotato >>. Non essendo, solo per pochi mesi, ancora caduta in prescrizione la vecchia condanna del 1884, fu tenuto in carcere per scontarvi la pena allora inflittagli. Ne uscì, grazie .ad un'amnistia, nei primi mesi del 1896, cioè due anni dopo. Il decennio dell'esilio, così intensamente vissuto, aveva messo il Merlino, al quale erano familiari alcune lingue straniere, a diretto contatto dei grandi movimenti operai d'Europa e d'America, che egli potè così osservare da vicino; e gli permise di approfondire gli studi e di arricchire la sua già non comune culquelli già ricordati, ecco altri titoli di studi suoi apparsi via via su questo periodico: « Le role de la propriété dans l'évolution économique » (à propos du dernier ouvrage de M. Letourneau, « L'évolution de la propriété »), (aprile 1889); « Notes sur les truts ou coalition industrielles et commercielles » (maggio 1889); « Un article de M. Gladstone sur l'Italie » (luglio 1889); « Une page d'histoire du libre échange » (settembre 1889); « Le nouveau code pénal italien et la question sociale>> (febbraio 1890); « La legislation internationale du travail et les tendences de la industrie moderne » ( aprile 1890); « La criminalité » (luglio 1890); « Etude sociologique: La Sicilie. Les mineurs de souffre. La Mafia» (settembre 1890); « Socialisme et anarchisme: le congrès socialiste italien de Capolago (Suisse)» (marzo 1891). 11 Biblioteca Gino Bianco

tura, attingendo alle fonti internazionali del pensiero contemporaneo, con la possibilità che ebbe di frequentare le grandi biblioteche dei paesi che lo ospitavano; e i due anni trascorsi in prigione furono per lui un periodo di pensoso raccoglimento, critico e autocritico insieme, in cui trovarono una risposta conclusiva i problemi e le inquietudini e ricerche teoriche che da alcuni anni agitavano il suo spirito. Come le alterne vicende del lungo esilio e la 110n breve prigionia sofferta ne avevano 1nesso a severa prova la tempra dell'animo, così le molteplici esperienze culturali e politiche compiute avevano dischiuso al suo . . ' . . . pensiero p1u ampi or1zzont1. Formatosi .nel clima culturale del positivismo,6 ne adottò il metodo d'indagine, ma si sottrasse all'infatuazione dell'esclusivismo scientista di quella cultura. Rifuggì, per l'aderenza del suo spirito al concreto, dagli astratti dottrinarismi, ma non cadde in un angusto empirismo e non negò l'importanza degli ideali, e la sua concezione del socialisnio rivaluta i fattori etici e la coscienza dell'uomo. Ebbe una visione volontaristica del divenire sociale, ma la sua fede 11elprogresso fu temperata dalla congiunta consapevolezza che le idee e i fini sono valori relativi, non assoluti. La tendenza relativista del suo pensiero, che è senso vivo del reale e non scetticismo, si accentuò nel libro, che è l'ultimo da lui composto, « Il proble1na economico e politico del socialismo ». Fu soprattutto uno spirito libero, avverso al formalismo e dogmatismo dei partiti e delle scuole, il quale nello studio dei molteplici problemi che costituiscono la grande questione sociale, non si tenne pago di soluzioni generiche e di formule sempliciste, ma mirò sempre a coglierne gli aspetti essenziali.7 6 Vittorio Frosini dell'università di Ron1a, nella sua succosa « Breve storia della critica al marxismo in Italia» (Bonanno editore, Catania, 1965), afferma giustamente che il Merlino « si mantenne fedele all'ispirazione positivista, pur sapendo discriminare fra gli elementi dottrinari che la componevano e senza indulgere a facili confusioni, come avvenne ad altri>>. Dunque, un positivista sui generis. 7 Nello stesso libro del Frosini che dedica non poche meditate pagine all'opera del Merlino, troviamo questa inquadratura e valutazione storica: « Lo 12 Biblioteca Gino Bianco

Dopo esser rimasto a Napoli nell'intimità della famiglia fin verso la fine dell'anno, fissò la sua dimora a Roma. Si dedicò alla professione forense in cui tanto si distinse, e venne pubblicando i volumi « Pro e contro il socialismo. Esposizione critica dei princìpi e dei sistemi socialisti » ( 1897) di circa quattrocento pagine, « L'utopia collettivista e la crisi del socialismo scientifico» (1898) e« Formes et essence du socialisme » (1898). In essi esposte criticamente la sua definitiva concezione del socialismo, dando a questo un nuovo fondamento dottrinale di natura etico-giuridica 8 con una propria teoria della giustizia che è considerata ·nel doppio aspetto di giustizia retributiva e di giustizia distributiva: teoria che egli elabora dopo una critica a fondo della dottrina dello Spencer e dopo aver dimostrato « che ogni rapporto fra individui che si trovano in condizioni sociali ineguali è essenzialmente ingiusto », e nella quale l'idea di giustizia acquista il valore speculativo e dinamico di un'idea-forza che dà impulso all'azione; e mentre rifiuta l'impostazione economica 9 e rigidamente classista del problema sociale propria del marAismo, colloca il socialismo « non al di fuori ma al di sopra svolgimento del pensiero merliniano, con una critica aggiornata e ricca di vita1ità, accompagna per tutto il suo arco di svolgimento la vicenda del marxismo in Italia, dalle sue prime apparizioni alla sua «crisi» alla fine del secolo. Nel suo pensiero venivano mantenuti e trovavano rigoglio i fermenti di quello stesso pensiero che Vincenzo Russo e Carlo Pisacane avevano nutrito e trasmesso; sicché può ben dirsi che il Merlino prosegua, sotto questo profilo, l'opera intrapresa dai riformatori sociali che annunciarono e accompagnarono il nostro Risorgimento». · 8 « Non ho bisogno di ricordare che Saverio Merlino è giunto a idee molto analoghe (« Formes et essence du socialisme »); egli vi è giunto prendendo le mosse dall'anarchismo, cioè da una concezione affatto astratta e intellettualista della società. La sua evolu~one è stata diretta dalle preoccupazioni giuridiche; la filosofia del diritto non può infatti contentarsi d'astrazioni ed essa tende, sviluppandosi, a penetrare fino alle sorgenti economiche della società civile» (Giorgio Sorel, « Saggi di critica del marxismo», Remo Sandron editore, 1903). 9 A conclusione di una sua analisi critica della teoria del plusvalore, il Merlino cosl scrive: « La questione sociale è morale e giuridica, non economica. Credere di derivare la necessità del socialismo da una dottrina economica, dall'analisi dei fattori della produzione del valore, è stato l'errore nel quale, secondo noi, MaJ.JCha trascinato i socialisti di tutte le scuole. L'analisi del valore può servire a mettere in luce le relazioni di superiorità e di inferiorità 13 Biblioteca Gino Bianco

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