F. S. MERLINO della differenza fra il prezzo nominale e quello quotato in borsa, potevano liberarsi di un debito di 222 milioni, sborsandone solo 209; e avevano ottenuto il 31 dicembre 1877 una rimessa di 12.973.024 lire sulle anticipazioni delle annualità. Le spese di vendita, nello stesso periodo di tempo, erano salite a L. 8.537,874, quelle di amministrazione a L. 30.744.640; e l'aggio agli agenti incaricati del recupero delle rendite dei beni amministrati dal Demanio a L. 13.623.000 26 • Finalmente il Governo. come quei figli di papà dissipati, che pagano con ·nuovi debiti gl'interessi dei vecchi e impegnano tutto ciò che non possono vendere, contrasse prestiti sulle obbligazioni, pagando sempre nuovi interessi 27 • Il risultato finale di tante operazioni è stato che, dei miliardi presi alle corporazioni religiose, non rimase se non la rendita iscritta sul grande libro del debito pubblico, in favore del Fondo pubblico, in favore del Fondo per il culto, per pagare gli stipendi che si sono dovuti assicurare al clero parrocchiale e i vitalizi modestissimi, che si versano ai membri delle congregazioni spossessate - le quali, fra parentesi, son molto spesso pagate con gran ritardo. Ma questa stessa rendita si volatilizza, anno per anno, perché il Fondo del Culto creato dallo Stato a sua immagine spende un terzo dei suoi profitti nell'amministrazione e poi vende continuamente le sue rendite per far fronte al deficit del bilancio, che nel 1880 si calcolava già di 261 milioni 28 • Gli Economisti generali di bene26. 420.000 o bligazioni demaniali emesse a 47 lire resero 164 milioni, pur costituendo un valore nominale di 2r2 di rendita. 27. Non abbiamo parlato dell'enorme quantità di beni mobili tolta alle corporazioni religiose e scialacquata nel modo piu disinvolto. Il d 'Ondes Reggio, nella seduta alla Camera dei deputati del I marzo 1868 constatava che « oggetti d'oro e d'argento, vasi sacri, tutto era stato portato via dagli agenti demaniali, non tutto però era. stato conservato ». 28. Il Tesoro aveva tratto dalla conversione dei beni ecclesiastici, imposte, ecc. un profitto netto, al 31 dicembre 1877, di 359.748.138 lire, ossia L. 797.406. di rendita annua. Non è perciò esatto dire c:on il Cucheval-Clarigny (Le finanze italiane, Parigi 1885) che il ricavato dei beni ecclesiastici è sempre stato lungi dal coprire gli stipendi che si son dovuti assicurare al clero parrocchiale e i vitalizii che, benché minimi, si passano ai membri delle congregazioni spogliate ». Se è ogni anno necessario prelevare sui fondi del bilancio diversi milioni per colmare i deficit dell'amministrazione dei culti, è perché lo Stato ha fatto man bassa del. patrimonio di quell'amministrazione. Non solo lo ha gravato di_ m::>lte « pensioni patriottiche », ma pare che alcuni personaggi autorevoli abbiano ricorso .a quel patrimonio per i loro interessi privati. Nemmeno è esatto affermare, come fa lo stesso autore (p. 6 dell'opera citata) che « lo Stato si troverà un giorno in possesso di un patrimonio pubblico notevolissimo ». Tale patrimonio, lo Stato ha alienato dissipandolo giorno per giorno. BibliotecaGino Bianco
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