-30 F. S. MERLINO isolato, costretto a vivere del suo pezzo di terra e al te!npo stt-:ssDsprovveduto dei mezzi per coltivarlo, iiivcnne facilmente preda del suo potente vicino. Nei casi in (ui la legge proibiva l'alienazione, questa fu effettuata in modo simulato e tortuoso, sen,a altro risultato che quello di un aumento delle spese per il v~nditore. Il possidente, d'altra parte, non si affrettava al- !'acquisto, aspettava tranquillamente che uno o due cattivi raccolti, o il calo dei prezzi per la concorrenza determinata dalle grandi vie di comunicazione, le quali stanno al contadino come la macchìna all'operaio, avessero maturato la sorte dell .a. gricoltore indipendente. La rovina del quale era scritta nelle leggi del capita)ismo moderno. Abbiamo parlato abbastanza dei possedimenti comunali, volgian10 ora la nostra attenzione verso un'altra categoria di beni, che sono andati ad ingrandire del pari i già opimi patrimoni dei ricchi borghesi. In ogni tempo. ma soprattutto dal principio di questo secolo, i governi assetati di denaro ricorsero alla spoliazione dei ricchi conventi (i poveri, generalmente, si fecero un dovere di rispettarli), ma non mai simile spoliazione fu attuata in modo cosi sommario e spudoratamente parziale, tranne forse in Inghilterra nel secolo decimosesto, cioè senza che ne avessero alcun compenso i poveri (i quali pertanto usufruivano dei loro diritti, non foss'altro perché da tempo immemorabile ne traevano qualche vantaggio) e ad esclusivo profitto della classe agiata. Pretesto di quella spoliazione cominciata dal 1861 fu la triste situazione delle finanze italiane ... nel 1866. In Sardegna i conventi furono soppressi con una legge dell'aprile i855. Cavour aveva detto alla Camera il -2~ febbraio precedente : « Cominceremo col sopprimere gli ordini religiosi piu ricchi». I governi provvisori delle altre regioni d'Italia ne seguirono l'esempio nel 1860 e nel 1861, eccezion fatta per gli ordini religiosi dediti all'istruzione o all'assistenza. E già il .20 maggio 1861 il deputato Ricciardi si rammaricava alla Camera che « il tesoro fosse esausto e i beni demaniali venduti a prezzi bassissimi, senza che si potesse indovinare che cosa si fosse fatto dei tesori confiscati al clero, agli ordini religiosi, ai principi spodestati». L'abolizione generale delle corporazioni religiose data dal 1866; tutti i beni provenienti dalle corporazioni soppresse furono devoluti allo Stato perché li vendesse e li convertisse in rendita pubblica a favore d'un fondo per il- culto comprendente le pensioni ai religiosi spossessati e alle spese di culto. Si autorizzò lo Stato a realizzare anticipatamente una parte del valore degli imBiblioteca Gino Bianco
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