F.S. Merlino - Questa è l'Italia

112 F. S. MERLINO di soperchieria da noi ancora tollerato? Che dire dell'onnipotenza del Pubblico ministero, del modo in cui son formate le Camere di consiglio e delle sezioni d'accusa, della composizione delle liste dei giurati, da cui sono sistematicamente esclusi coloro che si ritiene professino opinioni democratiche, sostituiti da un numero considerevole di agenti e di impiegati di questura, soprattutto nelle grandi città; e di mille altri espedienti per mezzo dei quali si corrompe la giusti1ia per farne, piu di quello ch'essa è per la natura delle <:ose e per effetto delle ineguaglianze sociali, uno strumento di vendetta politica e talvolta anche personale? Tiriamo via. Ai delitti commessi dagli uomini al potere e dai loro agenti alla luce del sole, s'aggiungono quelli commessi nelle tenebre dei carceri sulle persone in balia del loro arbitrio, i cui lamenti son soffocati dalla mano ferrea del carnefice. Abbiamo già visto a quale punto può arrivare la crudeltà umana in quelle fortezze, in cui son rinchiusi Passanante. e Cipriani, gli insorti di Ravenna e gli innocenti sacrificati come capri espiatori nel processo delle bombe di Pisa. e di Firenze; e a quali raffinatezze essa possa giungere per rendere la vita una vera agonia, cosi nel fisico che nel morale. Quali delitti sia possibile perpetrare su uomini sepolti vivi, per i quali ogni comunicazione è stata interrotta non solo col mondo esterno, ma perfino con quello interno del carcere, nessuno potrebbe credere. Il Cipriani ce ne ha dato un saggio nelle sue lettere Da Rimini a Por.tolongone, pubblicate dal « Messaggero» di Roma. Ci ha parlato di condannati uccisi a colpi di chiave nelle celle di rigore sotterranee. Di altri che, dopo anni di condotta irreprensibile, essendosi dimenticati di salutare una volta il direttore, erano stati puniti ed eran morti per il dolore di avere cosf perduto ogni speranza di venire graziati 41 • Quando apparvero tali documentazioni, naturalmente si gridò che si trattava d'inverosimili calunnie. Ma nel bel mezzo di quelle proteste fu fatta una scoperta nel penitenziario di Civitavecchia. Un detenuto, che si era fatto passare per defunto di morte naturale, era in realtà stato assassinato dai carcerieri. Si apri un'inchiesta; e risultò che delitti dello stesso genere 41. Lo stesso Cipriani afferma che il padre Ceresa, condannato per gravi colpe contro il buon costume, non espiò la pena della reclusione, ma rimase nel carcere preventivo dove godeva della piu grande libertà e dopo quattro anni fu graziato. V. Messaggero, 8 novembre 1888 e segg. Biblioteca Gino Bianco

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