Filippo Turati - Giacomo Matteotti

tlomandano ansiosi se per caso non è il padre che ritorna dal suo. troppo lungo viaggio; come colui che io definii il più forte e il. più degno di noi tutti; quegli che aveva consacrato tutto l' e66ere 1uo come una pia offerta alla casa dei diseredati .che noi amiamo, quegli che era tutto, che valeva noi !utti, che era solo, in qual-- ehe modo egli solo tutto il partito, quegli che di tanti noi abbiamo conosciuto, perchè aveva il dono -dell'abiquità di certi santi, era insieme in città in campagna ed all'estero, al _congresso na-- zionale ed alle riunioni dell'internazionale quasi nel tempo metlesimo, che non mai si sottraeva al suo compito, per il cui ardore nulla era mai troppo alto, nulla era mai troppo umile, che nella 6tessa giornata lanciava alla camera il discorso formidabile· che metteva in imbarazzo anche gli avversari meglio armati; « fu unodi oodesti discorsi, l'ultimo, che gli è costato la vita », e piegava la propria intelligenza a sermoni familiari, che commuove econvince il più incolto dei compagni, lui, Giacomo .Matteotti, buon camerata sarebbe trasformato in una specie di fantasma ideale di attrazioni personali librantesi sopra le cose . .Allora davvero sarebbe morto, definitivamente inorto anche nei ricordi, sarebbe morto egli il giovane e io; sentirei onta di sopravvivergli, io l'antenato. Si, egli non ci appartiene più. Non appartiene più ai suoi amici, alla sua donna, alla sua madre nè al socialismo italiano. Nostro malgrado diventò .proprietà di tutto quanto il mondo del lavoro, espressione personificata dell'internazionale. Ce l'hanno rubato. E ,siamo noi che dobbiamo prestarci a ~nesto furto. Come disse testè Endershon nel suo nobile discorso, non è la sua morte che noi qui evochiamo e piangiamo, è piuttosto la sua vita che noi esaltiamo, lo spirito che lo animò e caratterizzò, la fede per la quale egli ha testimoniato offrendoci appunto la sua vita,. gettandola. nel gorgo della storia, come 8i getta un fiore nel torrente che fugge. E' l'internazil)nale dei lavoratori che si riflette nella sua memoria. E' la ribellione eterna della umanità. contro la tirannia e la violenza; l'uomo che è uscito dalla élasse cui naoque, che ha disdegnato e .dispremf1tO il prwilegio eco. nomico di cui avrèbbe potuto tranquillamente godere e spinto dall'aristocrazia della propria anima 8i è lanciato, proletario volontario, dal lato e a lato degli oppressi. 9B1blloteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==