'I dittatura fascista, il vero Parlamento del popolo, la tribuna d'accusa dalla quale veniva fulminato l'oppressore. Bruno Buozzi era un socialista che si era mosso nella stessa scia di Matteotti, avanzando dietro le indicazioni di lui. Una volta raggiunta la unità tra i socialisti, era divenuto assertore convinto e campione, dall'esilio, della unità di azione tra socialisti e comunisti. Con calore e passione ineguaglia~ bili aveva sposato l'idea, al momento del crollo del fascismo, di una grande risorta Confederazione, che avrebbe organizzato unitariamente i lavoratori italiani, al di sopra di ogni differenza di fede politica e di credo religioso. Ma nell'ora stessa che questa luminosa creazione sorgeva, in forza eminentemente, ben possiamo dire, della suggestione profonda irradiante dalla calda umanità della sua fede socialista, egli veniva votato alla morte. L'antico valoroso dirigente nazionale della Fiom, del Sindacato che più fieramente aveva contrastato al fascismo; il socialista che aveva creduto nel - la unità di classe del movimento operaio italiano, ed aveva tanto generosamente concorso a questa conquista fulgente, doveva essere abbattuto come ostaggio troppo prezioso e troppo pericoloso, per essere reso mai alla sua opera. Buozzi sarebbe stato immolato trucemente sull'ara del privilegio, in odio alla unità delle classi lavoratrici italiane. Buozzi, nella sua natura schietta e semplice di operaio, che aveva avuto per scuola la fabbrica, non aveva mai potuto intendere come l'azione sindacale in difesa degli interessi delle masse lavoratrici, calcate sotto il tallone del capitale, potesse sciogliersi dalla lotta per la libertà. Egli aveva tenuto fede con cristallina coscienza al monito di Matteotti, il quale aveva riserbato critiche taglienti ( in una lettera del 24 agosto 1923 indirizzata al giornale del suo partito) al prudentissimo troppo machiavellico riserbo, in cui si era 321 Bìblioteca Gino Bianco
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